Casale Monferrato (Gianni Patrucco) – M’è toccato leggere alcuni articoli inerenti l’attività di Ufim (nella foto lo staff con al centro la dottoressa Grosso) con annessi e connessi. Si tratta della vicenda che riguarda l’Eternit e i malati di mesotelioma, dell’eterna disputa sulla sua cura e sul costo delle cosiddette ricerche svolte dall’ente diretto da chi non ha titolo per farlo. Si legge di un non meglio precisato progetto di una certa associazione Vitas, predisposto per la cura palliativa del mesotelioma, identico a quello di un noto ricercatore che per poter lavorare al meglio ha dovuto andarsene in Inghilterra dove è responsabile del progetto originario oltre che docente all’università di Manchester e capo di una equipe di ricercatori sul mesotelioma. Si tratta di Luciano Mutti, tortonese, autore unico di moltissime pubblicazioni sul cancro, presidente del Gruppo Italiano per lo studio di mesotelioma (GIME), direttore del consiglio IMIG (International Group mesotelioma Interesse), membro del Consiglio Internazionale di MARF (mesotelioma Applied Research Foundation) di Washington e dell’Editorial Board di diverse riviste scientifiche. Come si vede lui i titoli li ha, eccome, e infatti questi qua gli hanno copiato il progetto terapeutico, con la differenza che il suo costava 50.000 euro, questo tre milioni. E c’è da chiedersi come mai siano stati nominati ben cinque esperti (ne bastava uno) per verificarne gli effetti, gente che non si conosce e di cui non si sa a che titolo sia stata scelta dato che non esiste nessun bando come prevede la normativa europea in questi casi. E sulla base di una procedura illegale si chiedono altri soldi in Regione che per buona parte saranno utilizzati (come il primo milione e mezzo) per pagare i borsisti mentre il resto servirà per trovare una soluzione “definitiva” che, con tutto quello che hanno speso Asl Al e Regione Piemonte, avrebbe dovuto già essere raggiunta. In tutta questa vicenda non sono neppure chiari i rapporti con le case farmaceutiche mentre per quanto riguarda poi l’efficienza dei reparti siamo per lo meno all’approssimazione. Infatti, come ho scritto in un precedente articolo, il Dipo di Stradella (Dipartimento Interprovinciale Aziendale Oncologico) di cui è presidente Paolo Pedrazzoli, non funziona, la rete Oncologica, dall’Aso all’Asl, dal Ccm all’Ufim (Unità Funzionale Interaziendale Mesotelioma), attivata ufficialmente nel Giugno 2014 che opera clinicamente in maniera trasversale, multidisciplinare nell’Ospedale di Casale Monferrato (ASL-AL) e nell’Azienda Ospedaliera di Alessandria (ASO-AL), diretta dalla dottoressa Federica Grosso, sfugge, di fatto (nonostante quello che dichiara la Regione Piemonte), al controllo diretto dell’assessore regionale alla Sanità Antonio Saitta in quanto opera al di fuori della rete oncologica proprio perché quella del mesotelioma pleurico è una patologia a sé, che riguarda un tumore raro che rappresenta meno dell’1% di tutte le malattie oncologiche. I fatti mi dicono anche, e purtroppo, che nei bilanci di Ufim non si capisce che fine abbia fatto lo storno dei soldi per la ricerca, per cui non è chiaro come si faccia a spendere 25.000 euro per un sito web, oppure 70.000 euro per lettere e telefonate, 20.000 euro per la redazione e la stampa del rapporto annuale di attività, 60.000 euro per quattro riunioni fra i componenti della rete oncologica (15.000 euro a riunione). Mi farebbe piacere inoltre sapere che fine abbiano fatto 300.000 euro (sei volte tanto l’intero costo del progetto di Mutti) ripartiti nelle cinque unità operative di cui sono referenti i dottori Grosso, Botta, Degiovanni, D’Angelo, Pedrazzoli e Magnani, spesi per “formulare un modello operativo per la presa in carico globale del paziente affetto da mesotelioma maligno, in particolare per l’avvio ai centri di riferimento nelle fasi diagnostiche, terapeutiche, e per l’affiancamento dal punto di vista psicologico e di cure palliative in fase precoce” a cura dell’associazione Vitas e di Ufim, senza raggiungere obiettivi apprezzabili per non dire nulli. E i 600.000 euro stanziati per un programma biennale terminato nel nel 2014 denominato CCM 2012 per “la promozione della comprensione dei fenomeni molecolari, l’ottimizzazione dei percorsi diagnostici e terapeutici e gli studi clinici sperimentali per il mesotelioma maligno della pleura” coordinato dal professor Vittorio Scagliotti dell’università di Torino, come sono stati spesi?
Cosa aspetta la Procura della Repubblica ad aprire un fascicolo?
Non ce n’è abbastanza?