Alessandria (Andrea Guenna) – Per l’ennesima volta la recente piena dei principali fiumi piemontesi non ha insegnato niente e si continuano a commettere sempre gli stessi errori. Invece di predisporre un piano serio per il recupero delle aree golenali, unico vero antidoto alle piene ed alle alluvioni, si buttano via un sacco di soldi per opere di cementificazione. È stato infatti firmato ieri a Roma un protocollo tra il governatore del Piemonte Sergio Chiamparino e il ministro all’Ambiente Gian Luca Galletti (che, naturalmente, sono due grandi esperti di idraulica, essendo il primo laureato in scienze politiche ed il secondo in economia e commercio) che prevede, fra gli altri, uno stanziamento di 13,5 milioni di euro per progettare e realizzare il primo lotto della cassa di espansione della Dora Riparia tra Caselette ed Alpigna. In seguito si prevedono interventi analoghi anche sulle sponde dei nostri fiumi, Tanaro e Bormida, a dimostrazione che non si vuole risolvere il problema delle alluvioni. Per cassa di espansione, anche denominata vasca di laminazione, si intende un’opera idraulica volta alla realizzazione di un ampio bacino scavato in profondità onde permettere il contenimento delle acque che, in caso di piena, il fiume espelle.
È un intervento demenziale, di pura cementificazione, che da lavoro – ma guarda un po’che combinazione – ai soliti noti che ronzano intorno all’edilizia ed alle grandi opere. Le casse di espansione o vasche di laminazione che dir si voglia sono volte ad incrementare l’uso del cemento in periodo di crisi dell’edilizia e sono, in sostanza, un’invenzione dei cementieri italiani che si tenta di gabellare come il miglior rimedio per le alluvioni, facendo dimenticare in modo truffaldino quello vero delle aree golenali (che sono una cosa molto seria) per dare sfogo alle acque di piena.
Nell’agosto del 2015, il grande Guido Manzone scriveva in proposito: “Noi italiani, che siamo furbi ed astuti, e dovevamo fare ingrassare i cementieri, pensammo di fare sfogare le acque in vasconi costruiti in cemento posti lungo i fiumi. È una pura follia. Non solo perchè è un gigantesco furto di denaro pubblico, ma anche perché, per contenere le grandi piene del bacino del Po, sarebbe necessario cementare gran parte della Valle Padana che, tra una piena e l’altra, dovrebbe smettere gran parte della propria produzione agricola, attualmente tra le più alte e remunerative del mondo. Fare poi vasche di laminazione lungo fiumi che sono notoriamente fogne a cielo aperto, è pura demenzialità. Poichè le acque di questi corsi d’acqua non sono depurate, anche se si finge che lo siano, equivale a trovarsi, quando le acque si ritirano, con migliaia di ettari di fanghi tossici. In un paese civile i soldi sprecati nelle vasche di laminazione andrebbero in primo luogo impiegati per costruire i depuratori che non ci sono o sono insufficienti. Ma perchè ciò avvenga sono indispensabili tre cose: uno, che i politici smettano di rubare; due, che gli enti pubblici facciano i controlli cui sono preposti per legge; tre, che i privati facciano funzionare bene i propri depuratori industriali”.
A Roma si è parlato anche di risarcimenti per la piena di venerdì scorso e in Piemonte i danni sono stimati in circa 300 milioni di euro, mentre sono ancora da quantificare quelli subiti da privati e imprese.