Torino (La Stampa) – “Verso le 7,30 ero ancora a letto, nella mia camera, dove dormo con i miei tre figli. Mio marito è entrato con un manico di scopa urlando di alzarmi, dicendo che ero una poco di buono e una donna pigra. Nel tentativo di parare il colpi, mi ha picchiato sul braccio sinistro. Ce l’aveva ancora con me per un fatto accaduto il giorno prima, in quanto ero tornata a casa dalla moschea senza farmi accompagnare dal mio figlio maschio di quindici anni, ma in compagnia di alcune amiche tunisine”. Sono solo le parole di un verbale, ma a leggerle bene significano molto di più. Sono le parole di una svolta, del coraggio di una donna di 31 anni marocchina che, dopo aver subito violenze quotidiane dal primo giorno di matrimonio, ha deciso di fidarsi di due poliziotte e di denunciare il marito. L’uomo, 49 anni, marocchino, è stato arrestato dagli agenti del commissariato Barriera Milano per maltrattamenti. Dopo aver trascorso quindici giorni in cella, il Tribunale lo ha spedito in un paese della cintura, a casa di conoscenti, con l’obbligo di non mettere piede a Torino. Lei è stata accolta con i figli dall’associazione Rete Daphne. Lo aveva già denunciato una volta, rifugiandosi per qualche tempo in una casa famiglia con i figli. Lei voleva andare a scuola, imparare l’italiano, avere un po’ di libertà e il marito si era infuriato picchiandola. “Mi ha sempre detto di pensare alla casa, alle pulizie, ai figli, che al resto pensava lui”. Ma dopo quella prima denuncia l’uomo si era impegnato a cambiare modo di vivere, permettendole di andare a scuola. Lei, fiduciosa, aveva ritirato la querela ed era tornata a casa. Un errore. “Per un po’ è andato tutto bene. Poi, un giorno, mi ha strappato libri e quaderni, rimproverandomi di non essere una buona moglie”, ha confessato alla polizia. Lei ha provato a chiedere aiuto anche a due imam. Non è stato facile per la donna trovare il coraggio di rivolgersi alla polizia. Lo ha fatto quando si è trovata di fronte a due donne, tra cui la dirigente del commissariato Alice Rolando. Così ha consegnato la sua vita in quel verbale, ripercorrendo a ritroso la sua storia di moglie e mamma, fino all’ultimo episodio, quell’aggressione scaturita al mattino presto, con un manico di scopa. Indagando a fondo gli agenti hanno scoperto che negli ultimi anni la donna era finita in pronto soccorso dieci volte, al San Giovanni Bosco e in un altro ospedale torinese, nel quartiere dove vivevano prima di trasferirsi a Barriera di Milano.
Leave a Reply
Devi essere connesso per inviare un commento.