Genova (Fregati e Grasso – La Stampa) – Gli agenti della Digos lo hanno seguito e filmato di nascosto per mesi nel centro storico di Genova. Mentre con cadenza settimanale si recava negli sportelli del circuito Western Union per spedire significative somme di denaro all’estero. Soldi che per la Procura servivano “a finanziare cellule terroristiche islamiche in Albania o in Kosovo”. Enes Bledar Brestha (nella foto), l’imam albanese di 33 anni, il capo spirituale della sala di preghiera di Piazza Durazzo, da mercoledì è indagato per associazione a delinquere finalizzata al terrorismo nell’ambito dell’indagine che ha portato all’arresto del potenziale kamikaze Mahmoud Jrad, siriano, 23 anni, al centro di un processo di radicalizzazione avvenuto in Liguria. Brestha inviava somme di denaro in patria a nominativi sospetti. Albanesi e kosovari noti agli investigatori per aver abbracciato l’Isis. Più di 15mila euro in due mesi che sono partiti da Genova per finanziare ”cellule terroristiche” come scrive la Procura. Fondi diretti in un bacino – quello dei Balcani – considerato “caldo” nell’ambito dell’estremismo islamico. E dove si registra la più alta concentrazione d’Europa di foreign fighters partiti per combattere in Siria. Il pm genovese dell’antiterrorismo Federico Manotti vuole ora capire come l’imam albanese di Genova si sia procurato queste somme di denaro da spedire in patria. Brestha risulta disoccupato. Amministra, però, il denaro della sala di preghiera di piazza Durazzo, una delle più importanti del centro storico. Un centro che vive di sovvenzioni private o di fondi inviati da Paesi esteri dell’area islamica. Ha usato questi soldi per finanziare il terrorismo? E a quanto ammontano i fondi che potrebbero essere stati sottratti dalle casse della moschea e inviati in Albania? Per fare chiarezza la Procura ha delegato la Guardia di Finanza per un’indagine patrimoniale sull’imam e sul sistema di finanziamento delle sale di preghiera. Ma nel mirino ci sono anche i viaggi che Brestha e il suo connazionale Rakip Alia, muratore di 37 anni residente nel ponente cittadino, facevano tra Egitto, Germania, Francia. “Viaggi – scrive la Procura – non giustificati da attività professionali”. Chi incontravano durante questi soggiorni? E, soprattutto, chi è intervenuto per pagare loro le spese? Domande che risultato ancora più sinistre dopo la serie di attentati (Nizza, Rouen e Ansbach) avvenuti proprio negli Stati toccati da Brestha e dal suo amico. “Un manovale – scrive la polizia – che aveva avuto un rapido processo di radicalizzazione riscontrabile anche nell’aspetto e nei modi di vestire”. Non solo: per gli inquirenti Brestha – considerato il vertice di una cellula filo jihadista che aveva il compito non di pianificare attentati ma reclutare sul territorio possibili combattenti da inviare in Siria – era inserito in un gruppo creato su WhatsApp, il “Forum dei salafiti in Siria”, che inneggia all’Isis e alla guerra contro l’Iran.
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