Alessandria (Andrea Guenna) – Ed è arrivata, forse, la parola fine sulla lunga querelle del dissesto di Alessandria. Un dissesto che non c’era, come abbiamo sempre scritto noi di Alessandria Oggi, e di cui anche il Ministero degli Interni sancisce la totale assenza. Lo fa attraverso la Prefettura (nella foto la prefetta Romilda Tafuri) che ha trasmesso al Comune di Alessandria il decreto ministeriale col quale il Viminale chiede indietro circa 40 milioni di euro (vedere sotto).
Ma ripercorriamo insieme e a grandi linee la vicenda del dissesto a partire dall’insediamento dei tre commissari dell’Osl della fine del 2013.
Il debito certificato era di circa 96 milioni di euro, quindi molto inferiore a quello di 216 milioni sempre strombazzato da Rita Rossa e “dimagrito” di oltre il 55%. Dai conti emergeva anche che il “saldo attivo” era di poco superiore al passivo, ottenuto sottraendo dai circa 129 milioni di residui attivi dichiarati dal ragioniere capo Zaccone i circa 32 milioni che Ansaldi aveva già pagato – saldando al 100% fatture in scadenza al 31.12.2011 di un centinaio di fornitori – ad aprile 2012. Alla fine c’era un avanzo di 1,46 milioni di euro che aumentava considerevolmente in forza della decurtazione dell’Osl al 40/60% degli importi delle fatture da pagare, per cui veniva addirittura fuori un attivo di circa 50 milioni. In parole povere il dissesto non c’era in quanto il rendiconto del 2011 del Comune di Alessandria (partita corrente) era in attivo. Inoltre è bene osservare che erano rimasti fuori ben 27,5 milioni rappresentati da Ici, tasse comunali diverse, multe ed altri crediti non riscossi che la Giunta di Rita Rossa ha pensato bene di azzerare. Se fossero stati incassati anche solo per la metà l’attivo di Palazzo Rosso avrebbe sfiorato i 70 milioni di euro.
Il problema era solo la liquidità, anche se, con un po’ di pazienza, le fatture potevano essere tranquillamente pagate per l’intero rispettando il principio della “Par condicio creditorum” secondo cui i creditori hanno uguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, per cui non si capisce per quale motivo quelli saldati da Ansaldi da gennaio ad aprile 2012 siano stati soddisfatti al 100%, mentre gli altri, da aprile in poi, avrebbero dovuto accontentarsi (e si sono alla fine dovuti accontentare) di meno della metà di quanto vantavano. Fra l’altro i pagamenti fatti da Ansaldi dimostrano che la Giunta precedente pagava bene e nei tempi medi per un ente locale, mentre la Giunta di sinistra non avrebbe più pagato con regolarità e mai per l’intero.
La settimana scorsa il Viminale ha fatto sapere al Comune di Alessandria, tramite la Prefettura, di avere approvato il piano di estinzione delle passività pregresse per cui “L ‘O.S.L è tenuto a restituire al Comune di Alessandria (AL) la differenza positiva di euro 39.861.712,37 al netto di eventuali scostamenti che si potranno verificare in sede dì rendicontazione”. Soldi che il Comune deve restituire allo Stato in quanto conferiti per pagare i debiti e non utilizzati.
Non è finita perché dal Viminale fanno anche sapere che “il consiglio comunale di Alessandria è tenuto ad individuare i soggetti ritenuti responsabili dei debiti esclusi dalla liquidazione”: in sostanza Roma chiede ad Alessandria di scoprire chi ha speso i soldi fuori bilancio, circa 9 milioni, di competenza dei dirigenti.
Il mistero di Palazzo Rosso si infittisce.
E io pago.
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