di Andrea Guenna – Guido Manzone è morto oggi, martedì 19 luglio 2016, alle quattro di mattina all’ospedale di Alessandria. Aveva 79 anni. Da tempo era in dialisi in quanto affetto da un male incurabile che gli aveva compromesso i reni. Ho saputo della sua dipartita dalla moglie, signora Renza, che mi ha chiamato al telefono pregandomi di non divulgare la notizia prima di domani per desiderio dello stesso Guido che voleva andarsene in punta di piedi. Dopo essere stato cremato. Proprio lui che ha combattuto apertamente ogni tipo di battaglia ideale senza esclusione di colpi, vivendo sempre nel fragore della tenzone. Proprio lui che non ha vissuto mai in punta di piedi. Ma la morte è una cosa troppo seria, da trattare col massimo rispetto, e lui questo lo sapeva benissimo. Una cosa intima, da non mettere in piazza. Tuttavia qualcuno ha pensato bene di prendere il telefono e dire a tutti che era morto, così anch’io, adesso che lo sanno in molti, devo scrivere prima del previsto perché il giornalismo non aspetta nessuno e le notizie hanno la precedenza sul resto. E la morte di Guido Manzone è certamente una notizia. Non avevo preparato il “coccodrillo” per lui in quanto per me era immortale. Sapevo delle sue precarie condizioni di salute ma ero convinto che il suo trapasso fosse una pratica di là da venire. E invece quel Padreterno in cui lui diceva di non credere, l’ha chiamato a sé quando nessuno se l’aspettava. Per quel che possa valere ciò che faccio io, ho pregato per lui perché, facendo tesoro di quanto scrive Pascal, ho sempre scommesso sull’esistenza di Dio in quanto se non esiste, puntando sul nulla e perdendo la scommessa non perdo niente, ma se esiste faccio saltare il banco. E l’ho pregato perché accolga il mio amico a braccia aperte in Paradiso, poiché quello è il suo posto. Ora che non c’è più ci mancherà un punto di riferimento del giornale e sarà difficile se non impossibile sostituirlo. Aveva scritto molto per noi, approfondendo argomenti di vario genere sempre con precisione e competenza. Era un uomo intelligente e colto ma soprattutto dotato di un intuito infallibile. Felino. Sapeva distinguere le panzane dalla verità e gli amici dalle sole, e molte volte mi ha messo in guardia contro questo e contro quello senza mai sbagliare. Ci legava un’amicizia sincera e la signora Renza mi ha detto che in punto di morte ha avuto un pensiero per me pregandola di salutarmi e di ringraziarmi perché, nonostante le nostre divergenze politiche (io di destra, lui di sinistra) la nostra amicizia quasi ventennale è stata sempre solida, leale e proficua. Ed ora, a parte il dolore per aver perso un amico, resta la consapevolezza che tutti noi abbiamo perso un giornalista vero, coraggioso, documentatissimo, piacevole a leggersi, ironico e dissacrante come solo lui sapeva essere. Nemmeno dieci giorni fa mi ha mandato l’ultimo pezzo via e-mail, un pezzo come al solito critico con la classe politica di oggi che considerava, secondo me a ragione, in gran parte rappresentata da inetti corrotti. Non gliele mandava a dire e io pubblicavo i suoi scritti con grande piacere. Era una persona di grande esperienza: prima all’Unità, poi all’Espresso, poi qualche collaborazione con alcune Tv commerciali a Milano, e poi in politica come assessore alla cultura qui ad Alessandria con la sindaca Francesca Calvo che ne apprezzava la sua indubbia intelligenza e le sue doti intellettuali. Infine con me, a fare quello che una volta si chiamava il corsivista ed oggi si chiama editorialista o anche opinionista, prima al Marengo, poi al Cittadella ed ora in Alessandria Oggi. Le persone che contano si riconoscono se ti danno qualcosa e Guido Manzone mi ha dato molto in termini umani e professionali e per questo lo ringrazio e lo ricorderò fin che campo. Perché dobbiamo morire tutti, e anche per me un giorno suonerà la campana. Quel giorno, carissimo Guido, spero di ritrovarti all’altro mondo. Sono certo che mi darai il benvenuto proponendomi un pezzo sul Ponte Meier. Arrivederci Guido. Amico mio carissimo.
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