Alessandria (Maria Ferrari) – Se c’è un aspetto che denota l’azione dell’assessore regionale alla sanità Antonio Saitta è l’inerzia. Ormai non si contano più le riunioni coi sindaci, i tavoli di confronto, i ricorsi al Tar da parte dei Comuni della nostra provincia, cui fa da contraltare il nulla assoluto. Da quando si è insediata la Giunta Regionale del governatore Sergio Chiamparino i dibattiti si sprecano, come anche gli incontri bi, tri e multilaterali ma alle parole, nella più classica e frusta tradizione della sinistra italiana, non sono mai seguiti fatti importanti.
La tanto sbandierata riorganizzazione della rete ospedaliera sembra rifarsi più a criteri politici che non oggettivi e di razionalizzazione, per cui, al di là dell’applicazione delle direttive del Patto per la Salute e del Nuovo Regolamento Ospedaliero, non è stato fatto granché. I pochi interventi, poi, non tengono conto delle necessità provenienti dalla natura della nostra provincia che presenta realtà culturali e territoriali molto diverse fra loro. La Giunta Chiamparino sta producendo uno sconquasso preoccupante qui da noi, discriminando alcune aree. Inoltre sembra quasi che l’assessore Saitta non abbia ben presente quale sia la differenza tra un Dea di primo livello e un ospedale territoriale, mentre in alcune zone della provincia di Alessandria si registra un deficit infrastrutturale evidente. Si vive alla giornata e la nostra gente alterna fasi di grave preoccupazione a momenti di pia illusione che le cose vadano per il verso giusto soprattutto quando la Giunta Regionale rinuncia ad intervenire e lascia stare le cose come sono. Non si può francamente andare avanti così e non serve compiacersi del fatto che all’ospedale di Tortona restano – per ora – i reparti di Medicina, Chirurgia e Ortopedia, mentre per la Cardiologia, che chiuderà come previsto dalla delibera della Giunta regionale, sarà mantenuta l’attività cardiologica con quattro letti all’interno di Medicina generale. Ci si accontenta delle briciole quando si potrebbe avere una sanità provinciale all’avanguardia che basi il suo sviluppo sulle eccellenze in vari settori medici vantate dalle nostre grandi città. Secondo molti esperti è giunto il momento di attivare una serie di ambulatori dislocati in modo intelligente su tutto il territorio provinciale, aperti tutti i giorni dalle 8 a mezzanotte (che esistono già in Lombardia, Veneto, Trentino, Toscana, Emilia Romagna, Lazio) che si chiamano “Case della Salute” o UCP (Unità di Cure Primarie), che forniscono assistenza ai pazienti in “codice bianco” e “codice verde” riducendo o annullando le richieste ai Pronto Soccorso. Con la “Casa della Salute” si abbattono drasticamente i tempi d’attesa per una visita o per delle analisi, e le visite sono a costo Ticket secondo le tariffe previste dal formulario regionale. I vantaggi sono evidenti: prossimità del servizio, assistenza no-stop tutti i giorni feste comprese, smaltimento della stragrande maggioranza degli interventi ospedalieri in quanto gli interventi delle “Case della Salute” coprono il 70% del totale e riguardano interventi e ricoveri senza urgenza o per lesioni (traumi minori, fratture, ecc) e sintomi che non interessano le funzioni vitali. Il loro ambito operativo rientra nei codici bianco e verde e rappresenta la stragrande maggioranza delle patologie per cui il resto riguarda quelle più gravi e mortali. Qui interviene il grande centro ospedaliero, molto qualificato, con personale di altissimo livello e attrezzature all’avanguardia. Nella nostra provincia ne basterebbe uno. Sono quindi opportuni la riorganizzazione delle strutture, un aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza (LEA), la lotta agli sprechi, la revisione dei ticket. È chiaro che le nuove strutture sono private, ma pur sempre convenzionate con le Regioni che sono organi di governo con competenza sulla sanità. Si andrebbe quindi verso la stretta collaborazione tra pubblico e privato, come esiste già nei paesi anglosassoni, in un settore della massima importanza. Il privato a garanzia dell’efficienza e del migliore sfruttamento delle risorse, il pubblico più attento alle grandi strutture dai costi insostenibili per molti privati. Anche a questo proposito dalla Regione Piemonte si attendono risposte che non sono ancora arrivate.
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