Torino (Giulia Giraudo) – Non ci sta l’impiegato cattolico dell’Atc di Torino che si è rifiutato di assegnare un alloggio popolare ad una coppia di lesbiche e che, per questo motivo, è stato immediatamente rimosso dall’incarico. “Adirò vie legali – ha detto al cronista – perché è stata calpestata la dignità della mia persona. Io ho agito in base ai miei principi e impedirmi di far valere il diritto all’obiezione di coscienza la considero cosa grave e inaccettabile”. In effetti le nostre leggi, come in gran parte del mondo occidentale, tutelano l’obiezione di coscienza che indica la possibilità, da parte dell’obiettore, di rifiutare di ottemperare a un dovere imposto dall’ordinamento giuridico se contrario alle proprie convinzioni etiche, morali o religiose. Questo diritto è sancito dalla legge 15 dicembre 1972, n. 772 che fu promulgata per andare incontro a chi si rifiutava di adempiere al servizio militare. Successivamente, e per analogia estensiva, l’applicazione di questa legge ha interessato altri ambiti come quello della sperimentazione animale, dell’aborto da parte dei medici cattolici, e ora potrebbe riguardare anche chi, per gli stessi motivi, si rifiuta di soddisfare le esigenze di coppie omosessuali. La vicenda riguarda due donne di Torino, Monica di 44 anni con due figli già adulti e Lucia di 39 anni (la foto è di repertorio), che chiedono un alloggio in cui andare a vivere insieme, e che hanno denunciato il funzionario all’agenzia territoriale per la casa ottenendo la sua temporanea rimozione.
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