Novi Ligure (Franco Traverso) – “Più ci saranno gocce d’acqua pulita, più il mondo risplenderà di bellezza”. Con questa frase si presentava la Società “Gestione Acque SpA” su pagine gialle. Una frase, ahimè, un po’ in contrasto con la situazione venutasi a creare a seguito, prima, dell’alluvione in Liguria e, poi, di quella del novese. Una situazione che in questi giorni ha causato la chiusura dell’acquedotto in quanto l’acqua di Novi, che è una città nata sull’acqua (si trova a cinque-sei metri di profondità) è risultata non potabile. Nella foto sopra si vede bene un cartello gigantesco che ricorda la Festa dell’Acqua che si è svolta ieri, anche se sarebbe meglio dire che la festa l’ha fatta l’acqua ai novesi che, come si vede nella foto sotto, sono costretti ad andare a prenderla alla cisterna messa a disposizione del Comune. Evidentemente a Novi per quanto riguarda l’acqua c’è qualcosa che non va. Per farmi una cultura di massima sull’acqua sono andato a leggermi qualche appunto di storia romana. Fino al 312 a.c., i Romani, per rifornire la città, usavano acque di pozzi e acqua del Tevere, un’acqua pessima e per di più inquinata. Per ovviare a tutto ciò, pensarono di andare a prelevare acque in zone lontane, purché fossero di alta qualità ed in notevole quantità. E diventarono maestri nella costruzione di acquedotti che facevano funzionare solo con la forza di gravità. E ne costruirono ben undici. Quindi, seguendo il loro insegnamento, i Genovesi, a metà ottocento, per i loro acquedotti crearono punti di captazione nelle montagne circostanti, addirittura in Piemonte e in Emilia, ed hanno distribuito un’acqua ottima, anche in caso di alluvione. La società che gestiva gli acquedotti Novesi, che distribuiva acqua che veniva dalla collina, quando vide che non bastava più, penso bene di andare a prenderla in pozzi scavati vicino allo Scrivia, poco profondi, perché in essi basta far filtrare l’acqua del fiume stesso. Cioè a Novi stiamo utilizzando un sistema di captazione che i romani avevano superato 2300 anni fa. Certo, noi abbiamo vasche di decantazione, pompe, filtri e altre attrezzature per rendere l’acqua prelevata la migliore possibile, ma questo funziona in situazioni di normalità o di brevi periodi criticità. Ma se la criticità è eccesiva ed eccessivamente lunga, vedi inquinamento o piena del fiume, l’acqua fornita perde le caratteristiche di potabilità. E questo è noto da qualche decina di anni. E purtroppo si è fatto e si fa poco per rimediare. Anni fa è stato scavato un pozzo verso Gavi con acqua buonissima, ma non assolutamente sufficiente.
Quindi: o si cambiano fonti di approvvigionamento, o avremo sempre problemi. Le attuali fonti sono ad alto rischio: oltre alle piene stagionali, incombono sui nostri pozzi, secondo me assolutamente inadeguati, l’autostrada con i suoi autotreni, i depositi ERG, Ecolibarna e la raffineria di Busalla. La nostra acqua rischia di diventare “marcia” ma non come in uno degli acquedotti di Roma che si chiama “Acqua Antica Pia Marcia”, abbreviato in Acqua Marcia, dove però l’aggettivo marcia si riferisce al console Quinto Marzio (o Marcio) che ha costruito l’acquedotto, e non perché fa schifo come quella di Novi.
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