Alessandria (Sherlock Holmes) – S’era tutti convinti che dopo la sentenza della Corte d’Appello di Torino del 20 gennaio scorso giustizia fosse fatta. I giudici infatti avevano condannato a 18 anni e 4 mesi per omicidio volontario Ilir Beti, l’imprenditore albanese, oggi quarantenne che, nella notte del 13 agosto 2011, ubriaco alla guida del suo Suv, imboccò contromano l’autostrada A26 e proseguì per 30 chilometri scontrandosi frontalmente all’altezza di Rocca Grimalda (AL) con un’auto francese su cui viaggiavano cinque ragazzi che stavano andando in vacanza, uccidendone quattro, mentre un quinto rimase gravemente ferito. Ma ora gli hanno concesso gli arresti domiciliari e in molti temono che, con le dovute coperture, il Beti possa tornarsene in Albania impunito. Quella tragica notte la Polstrada era intervenuta sul luogo dell’incidente dopo aver ricevuto molte telefonate da automobilisti increduli che avevano lanciato l’allarme vedendo schizzare il Suv in direzione contraria. Alla fine, Beti si era fermato soltanto dopo aver centrato in pieno l’auto dei francesi. Un impatto fortissimo. Secondo alcune testimonianze sono stati in molti ad aver usato i fari per riportarlo alla ragione, ma lui aveva continuato senza fermarsi. L’avevano tutti visto proseguire la corsa come se niente fosse, anche dopo la prima collisione con un veicolo che lasciò al suo Suv un solo faro. La vicenda aveva suscitato polemiche in tutta Italia, e non solo. Dopo la sentenza della Cassazione che aveva contestato l’omicidio colposo e non doloso, l’Asaps (Amici Polstrada) era insorta denunciando un vuoto legislativo per cui chi uccide sulla strada resta di fatto impunito. Poi la definitiva condanna di Torino, anche se il responsabile di quel massacro è solo agli arresti domiciliari nella nostra città. Sabato c’è stata la protesta degli amici e dei familiari delle vittime, fra i quali Christine Lorin e il marito Juan Claude, papà di Vincent, 27 anni, che insieme ad Ezio Bressan, vicepresidente nazionale dell’associazione “Famigliari Vittime della Strada” hanno manifestato pacificamente davanti alla Prefettura. Quei genitori francesi provano indignazione per la decisione presa dai giudici italiani e non credono che sia possibile che la morte dei loro figli non abbia insegnato niente a nessuno. Soprattutto perché la concessione dei domiciliari a Beti appare incomprensibile a fronte di una condanna definitiva di oltre 18 anni di prigione per omicidio volontario, ma soprattutto perché non si esclude il pericolo di fuga. Durante la notte della tragedia erano deceduti sul colpo Julien Jean Raymond, di 26 anni, Vincent Lorin, di 22, Audrey Reynard, di 24. Elsa Desliens, 22 anni, era morta alcune ore dopo in ospedale. Era rimasto un unico superstite, un ragazzo che da quel giorno non si è più ripreso totalmente dal trauma, dopo aver perso i suoi quattro migliori amici.
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