Alessandria (Andrea Guenna) – In Piemonte si riducono da 52 a 36 i nuovi distretti sanitari territoriali in base alla riforma varata dalla Regione Piemonte l’estate scorsa. In questi giorni stanno partendo i bandi per la selezione dei nuovi direttori che prima erano nominati direttamente dal direttore generale dell’Asl. Ciò, nelle intenzioni del legislatore, per garantire la massima preparazione professionale e la massima trasparenza delle nomine. Inoltre i nuovi direttori di distretto potranno provenire da tutta Italia e non saranno più scelti nello stretto ambito dell’Asl. Tutto bene, anche se iniziano ad arrivare i soliti ricorsi al Tar da parte di chi contesta questa innovazione, per i quali si prevede che saranno archiviati. È del tutto evidente che nella nostra regione, come in molte altre regioni italiane, soprattutto al Nord, qualcosa stia cambiando e la sanità stia cambiando pelle.
LA SALUTE COME INVESTIMENTO ECONOMICO E PRODUTTIVO
È ormai comprovato che un cattivo stato di salute della popolazione ha un profondo impatto sull’economia di un’area, sia essa regionale o nazionale, o sovrannazionale e, per affrontare efficacemente questo problema, non basta più il denaro pubblico – che manca – essendo necessario attingere ad investimenti privati. Ciò faciliterà la nascita di nuove sinergie fra i vari comparti dei servizi per cui, per migliorare la salute delle popolazioni, e quindi la loro produttività, bisognerà coinvolgere la creatività, l’imprenditorialità e l’energia di differenti settori della società, come il trasporto, il turismo e le attività economiche. Sarà quindi determinante il ruolo dei professionisti della Sanità Pubblica che dovrebbe essere allargato per fornire un’attività di consulenza agli altri settori della società al fine di elaborare e determinare insieme orientamenti e strategie in merito alle questioni più rilevanti per la società e la politica, finalizzate al miglioramento della vita.
UN PROGETTO PER IL FUTURO
La Nuova Sanità Pubblica dovrebbe pertanto incoraggiare i ricercatori a valutare i benefici a lungo termine degli interventi assunti e la ricerca basata sulle prove di efficacia, e gli attuali studi sulla mortalità e sulla morbosità potrebbero essere le basi di questo progetto, combinando diverse strategie per raggiungere lo stesso scopo. Ecco perché la Sanità Pubblica dovrebbe formare parte integrante di tutte le decisioni politiche e la salute della gente dovrebbe essere presentata quale fondamentale capitale umano, base per una solida economia ed il benessere della popolazione. Attualmente, le politiche sanitarie si concentrano sulle malattie e ci si basa ancora più sulla cura che sulla prevenzione.
IL BUON MEDICO NON DEVE CURARE LE MALATTIE
Secondo autorevoli esperti nella futura Sanità Pubblica dovremmo fondare le nostre attività non tanto sulle malattie, quanto sul mantenimento della buona salute, in quanto è universalmente dimostrato che le comunità raramente progrediscono sulla base delle loro debolezze ma, viceversa, sui loro punti di forza. E la buona salute è uno di questi. Ecco spiegato il motivo di dover realizzare ambienti positivi per la popolazione, come impianti sportivi, cliniche e centri di assistenza preventiva di prossimità. In questo contesto di maggiore attenzione alla salute anziché alla malattia rientra il concetto della necessità di una sempre maggiore ricerca epidemiologica che aiuti ad identificare i fattori di rischio ed a valutare l’impatto delle misure di promozione della salute, come gli studi di morbosità e mortalità a lungo termine e la verifica dei fattori di rischio.
UNA RICERCA PLANETARIA E COMPARATA
La ricerca dovrà andare oltre i confini territoriali perché è necessario avere un quadro chiaro della situazione generale mondiale oltre che delle pratiche e delle politiche nei diversi Paesi Europei e, a questo proposito, è ormai nota a tutti la necessità di realizzare studi sulle malattie tipiche di popolazioni diverse anche alla luce del fatto che le migrazioni stanno aumentando in modo preoccupante. Bisogna quindi far presto per colmare il notevole gap tra la ricerca da una parte, e la politica e le pratiche operative dall’altra, laddove la ricerca non è attenta ai problemi reali relativi alle politiche ed alle attività operative e può essere pertanto, o condotta in ritardo rispetto a tali necessità, oppure condotta in maniera insufficiente.
RICERCA SCIENTIFICA E POLITICA DEVONO ANDARE A BRACCETTO
I ricercatori prendono spunto nel loro lavoro dalle ipotesi di ricerca, mentre i politici vorrebbero vedere ricerche basate su domande rilevanti per le politiche. Ecco perché le pratiche di Sanità Pubblica dovrebbero essere fondate sulla flessibilità e sul pragmatismo laddove l’applicazione delle normative di legge dovrebbe essere modificabile secondo i diversi contesti al fine di seguire il principio “Pensa in maniera globale, agisci secondo il contesto locale”. È chiaro, a questo punto, che la programmazione deve essere prevista in collaborazione fra politici e tecnici per consentire una visione del problema sanitario che è diventato globale e molto legato ai tassi di sviluppo economico della società. Per questo occorre una razionalizzazione del servizio attraverso la redistribuzione dei plessi ospedalieri sul territorio tenendo conto anche della gravità delle patologie e della frequenza con la quale si manifestano nelle varie zone di riferimento.
PER CHI HA IL RAFFREDDORE BASTA IL MEDICO DI FAMIGLIA
Per esempio, se uno ha la febbre da raffreddore, può essere curato benissimo in una struttura non specialistica di prossimità, ma se uno ha una febbre emorragica di Marburg, per cui rischia di lasciarci la pelle, deve essere ricoverato in un centro altamente specializzato che per lavorare deve beneficiare di investimenti economici enormi e costanti nel tempo. Già oggi la legge prevede standard minimi e massimi di strutture per singola disciplina (che ridurrà reparti e primariati), volumi di prestazioni minimi e soglie di rischio di esito. Standard per gli ospedali di base, di primo livello e di secondo livello, standard specifici per l’alta specialità, per le reti ospedaliere, per quella dell’emergenza-urgenza, per la continuità ospedale-territorio e per la chirurgia ambulatoriale. Il tutto è sul tavolo della Regione che deve procedere al più presto e meglio che si può alla ristrutturazione della sanità piemontese.
UN SERVIZIO SANITARIO SU VARI LIVELLI
In questo contesto un compito di primaria importanza sarà assolto dai presidi ospedalieri di base con un bacino di utenza tra 80.000 e 150.000 abitanti, sedi di Pronto Soccorso con la presenza di un numero limitato di specialità ad ampia diffusione territoriale: medicina interna, chirurgia generale, ortopedia, anestesia e servizi di supporto in rete di guardia attiva o in regime di pronta disponibilità H24 di radiologia, laboratorio, emoteca. Devono essere dotati, inoltre, di letti di “Osservazione Breve Intensiva”. Per le patologie complesse (traumi, quelle cardiovascolari, stroke) devono essere previste forme di consultazione, di trasferimento delle immagini e protocolli concordati di trasferimento dei pazienti presso i centri di II livello dotati di letti di “Osservazione Breve Intensiva” e per la “Terapia Sub Intensiva” (anche a carattere multidisciplinare). I Presidi ospedalieri di II livello hanno un bacino di utenza tra 600.000 e 1.200.000 abitanti, e sono strutture dotate di Dea di II livello.
IL GRANDE E MODERNO OSPEDALE PER MEZZO MILIONE DI UTENTI
Il top è delle strutture di primo livello con bacino di almeno mezzo milione di abitanti dove si cura tutto ciò che richiede specialisti e attrezzature sofisticate. Abbiamo scritto dei finanziamenti privati, e qui si capisce perché sono necessari: l’investimento per rendere queste strutture all’avanguardia richiede molto denaro, denaro che le Asl non hanno ma alcune realtà private invece sì. Ma gli investimenti privati possono essere fatti anche per i presidi ospedalieri di base, di I o II livello, o anche su presidi ospedalieri con compiti complementari e di integrazione all’interno della rete ospedaliera, prevedendo per questi una soglia, per l’accreditamento e gli accordi contrattuali annuali, non inferiore a 80 posti letto per acuti.
PICCOLI OSPEDALI PRIVATI PER CURARE MEGLIO, COME SI FACEVA UNA VOLTA
Saranno fondamentali per aumentare l’efficienza del sistema sanitario. Infatti, l’aumento dei ticket e le lunghe liste d’attesa, sia per le visite specialistiche che per gli interventi chirurgici, stanno portando sempre di più i pazienti a rivolgersi a strutture private che nella nostra provincia si contano sulle dita di una mano. Dovranno aumentare e “dimagrire”, nel senso che serviranno presto strutture agili, efficienti, e diffuse capillarmente sul territorio. A questo proposito è molto sentita l’esigenza di attivare servizi 24 ore su 24 con una reperibilità del personale medico di tutte le specialità, infermieristico, di radiologia e di laboratorio in modo da essere in grado, anche di notte e nei giorni festivi, di poter far fronte a qualunque tipo di urgenza. Bisogna riconoscere che l’ospedale di prossimità risponde alla necessità di affrontare nel modo più appropriato ed efficace quei problemi di salute di solito risolvibili a domicilio ma che, in particolari pazienti, in condizioni di particolare fragilità sociale e sanitaria (pazienti molto anziani o soli, affetti da più malattie che si scompensano facilmente, ecc.) richiedono di essere assistiti in un ambiente sanitario protetto. Se in questi casi il classico ricovero ospedaliero in un reparto di medicina può sembrare eccessivo, ecco che ci si può rivolgere all’ospedale di prossimità che offrirà un servizio perfetto e veloce.
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