dall’Olimpico di Torino (Alessandria 0 – Milan 1) Gimmy Barco – I Grigi questo doppio confronto contro il Milan se lo sono proprio guadagnato. Basta vedere il percorso di Coppa iniziato ai primi di agosto contro l’Altovicentino al Mocca, l’unica partita giocata in questa manifestazione in modo deludente. Mi ricordo che quando ho commentato quella vittoria in termini tutt’altro che entusiastici ho ricevuto critiche da ogni dove. Fortunatamente da allora sono cambiate tante cose, in primis l’atteggiamento, e poi il mister. Adesso, vedrete, si cambierà pure il modulo di riferimento: alcuni tentativi in questo senso il “Nostro Caro Angelo” li ha già fatti (forse legge Cichinisio) ma ritengo che l’arrivo di Iocolano darà il colpo di grazia al 4-3-3. Ma parlare di moduli prima di un happening come quello che stiamo vivendo al vecchio Comunale Sabaudo mi sembra fuori luogo. Godiamoci invece questa festa come penso debba essere vissuta: in allegria, magari dando il benvenuto a tanta gente che allo stadio non va spesso o ha deciso di ritornarci. Stasera si è ritrovato un popolo formato da papà con i propri figli e magari consorte e suocera (il che è tutto dire) al seguito: un bel segnale per il calcio, talvolta condizionato dalla violenza di pochi idioti, dalla convinzione di alcuni dementi paranoici buoni solo per il lettino dello psichiatra e convinti che lo stadio sia roba loro e la partita roba degli altri. Davanti all’imponenza di un pubblico come quello di stasera (si calcola che da Alessandria siano giunti 20.000 tifosi) questi fanatici spariscono, certi cori violenti sono subito coperti e zittiti, l’intolleranza e la maleducazione segnano il passo. E poi questa è la partita che colora un’Italia un po’ più Grigia – il che sembra un’incongruenza per il fatto che proprio il grigio è il colore più spento -, che vernicia coi colori della nostra squadra un sogno che solo il calcio può regalare: arrivare in cielo si può, a dispetto di quelli che lassù stanno da sempre… ma forse stasera tifano grigio anche loro e ci fanno un po’ di spazio, perché stavolta siamo arrivati nell’Olimpo del calcio italiano, assieme all’Inter, al Milan e alla Juve. Tutti e quattro in semifinale. L’Alessandria è fra le prime quattro squadre d’Italia. È un sogno trasformato in realtà. Qui. Stasera a Torino. All’Olimpico. E mentre scrivo queste cose mi viene un groppo alla gola e gli occhi diventano lucidi. E se quello sportivo non è stato certo un miracolo visto la caratura tecnica e la qualità umana che hanno dimostrato i nostri ragazzi per arrivare fin qui, lo è stato degli alessandrini, notoriamente disincantati e un po’ freddini, seguire in massa la squadra della città, in una sera di gennaio all’Olimpico di Torino, per affrontare i marziani del Milan. Alessandria tutta, quella che vuol dire al mondo: ”Ci siamo anche noi! Che siamo come le altre grandi realtà del Nord e certe volte siamo anche meglio”. E sul campo i nostri giocatori, che tutti assieme guadagnano quanto il solo Balotelli, non hanno certo sfigurato contro il Milan, non sono stati travolti come spesso succede in simili circostanze e sono stati battuti solo da un rigore trasformato dal Balo al 42’ pt (nella foto di Tony Frisina). I Rossoneri hanno avuto tre altre occasioni e i Grigi avrebbero potuto pareggiare creando almeno due situazioni pericolose ma l’orgoglio grigio è stato ampiamente risarcito. Non faccio pagelle: assegno un 7 a tutti tranne un 8 a Vannucchi e un 7,5 Nicco, Sabato, Bocalon, Marconi e Mezavilla. La Timcup 2015/2016, comunque vada la partita di ritorno di questa semifinale al Meazza, un vincitore l’ha già decretato e si tratta dell’Alessandria.
Alessandria (4-1-4-1): Vannucchi , Sosa, Morero, Sirri, Sabato, Loviso (15’ st Mezavilla ), Marras (38’ st Boniperti), Nicco, Branca, Fischnaller, Marconi (15’ st Bocalon). All. Gregucci
Milan (4-4-2): Abbiati, De Sciglio, Zapata, Romagnoli, Antonelli, Honda, Poli, J. Mauri (18’ st Montolivo), Boateng (39’ st Kucka), Balotelli (26’ st Niang), Luiz Adriano. All. Mihajlovic
Gol: pt 43’ Balotelli rigore
Arbitro: Irrati
Ammoniti: Morero. Sabato, Sosa
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