di Andrea Guenna – Il Partito Liberale Italiano era una medaglia preziosa le cui facce erano una di destra e una di sinistra. I liberali di destra seguivano Malagodi, quelli di sinistra, Marco Pannella e, da un certo momento in poi, hanno seguito Valerio Zanone (nella foto d’antan, fra Aldo Bozzi e Giovanni Malagodi, mentre annuncia alla stampa – siamo nel 1976 – di aver accettato l’incarico di segretario nazionale del PLI). Morto ieri a 79 anni nella sua casa di Roma dopo una lunga malattia, Zanone ha raccolto l’eredità di Giovanni Malagodi che, tuttavia, aveva sempre contestato. Liberale e conservatore Malagodi, liberaldemocratico Zanone, incarnavano la natura particolarissima del vento liberale che soffia a sinistra come a destra facendo dei liberali degli uomini liberi, obiettivi e pragmatici. Uomini per cui gli ideali servono solo se ci sono anche le idee, e non esiste un ideale liberale se non quello della libertà cosciente per cui, come insegna Kant: “Nessuno mi può costringere ad essere felice a suo modo, ma ognuno può ricercare la sua felicità per la via che a lui sembra buona, purché non rechi pregiudizio alla libertà degli altri di tendere allo stesso scopo, in guisa che la sua libertà possa coesistere con la libertà di ogni altro, secondo una possibile legge universale”. Il che, tradotto in parole povere, vuol dire che la mia libertà finisce dove inizia quella degli altri. Per ottenere questa armonia, questo equilibrio sociale occorre ordine, un ordine che consenta a ciascuno di poter godere al massimo della sua libertà. Occorre recuperare la capacità di gestire con temperanza e controllo il bene ed il male, in quanto il male esiste solo se noi lo vogliamo. Questo è il pensiero liberale in pillole, lo stesso di Malagodi e di Zanone, solo che i due vedevano le stesse cose da angolazioni diverse. Essere liberali vuol dire essere equilibrati, dotati della capacità di controllare il bene e il male per rimanere distanti da tutto ciò che non si può comprendere e che non si può governare. Ciò non significa non avere passioni perché i liberali sono politici appassionati, rivoluzionari, combattenti per ciò in cui credono: la valorizzazione massima possibile dell’individuo in una società in cui non si è tutti uguali ma dove tutti devono avere uguali possibilità. E Valerio Zanone era liberale perché credeva che sia giusto prendere sempre le distanze da tutto ciò che impedisce la crescita dell’individuo per il bene di tutti, dal Fascismo e dal Comunismo. Ricordo quando, giovane allievo della scuola di partito del Pli, ero andato nella sede romana di Via Frattina 89 a seguire un corso di filosofia politica a cura di Giovanni Malagodi. Era il 1975 ed ero uno studente universitario all’ultimo anno di Giurisprudenza iscritto al Pli da quattro anni. Era il periodo in cui qualcuno auspicava la fusione del Pli col Msi: in fondo, si diceva, sono due partiti di destra. Chiesi a Malagodi perché non allearsi al Msi: “Mai – rispose – loro non sono liberali”. Essere liberali – di destra o di sinistra non importa – significa mettere l’uomo al centro di tutto e non la società. Ecco, quelli come Malagodi e Zanone mi hanno insegnato anche questo, e quello che ho imparato da loro mi serve moltissimo oggi dove sono in molti ad accorgersi quanto sia importante la cultura liberale che non c’è più. Una cultura liberale che in molti rimpiangono. Ho conosciuto Zanone a Novi negli anni ottanta. Parlava poco, pensava molto e quando diceva qualcosa lo diceva in modo semplice. Anche i concetti più complessi detti da lui diventavano comprensibili a tutti. Il suo liberalismo era stato arricchito dalla frequentazione di una antica loggia massonica torinese, la “Augusta Taurinorum”, ma entrò in “sonno” nel 1976 una volta diventato segretario del Pli, pur mantenendo un ruolo di relatore ai convegni del Grande Oriente d’Italia. Valerio Zanone avrebbe compiuto 80 anni il 22 gennaio. Torinese, per 10 anni è stato segretario del Partito Liberale, più volte ministro, sindaco di Torino dal 1990 al 1992 e parlamentare per sei legislature, presidente della Fondazione “Luigi Einaudi” di Roma per gli studi di economia e politica. Dopo la fine del Pli, è stato presidente della Federazione dei Liberali ed ha preso parte alla fondazione dell’Ulivo di Romano Prodi. Dopo Tangentopoli ha dato vita all’Unione Liberaldemocratica, un piccolo movimento presente soprattutto in Piemonte. In vista delle elezioni politiche del 1994, con Berlusconi che scendeva in campo, Zanone si schierava con Mariotto Segni e il suo Patto di Rinascita Nazionale, detto poi Patto Segni, contestando la deriva berlusconiana di alcuni ex-liberali. Dieci anni dopo, nel novembre 2004, si staccava dalla Federazione dei Liberali e aderiva alla Margherita, dando vita all’Associazione per la Democrazia Liberale, con l’obiettivo di fermare la diaspora e compattare i liberali sparsi nei vari partiti in modo da contribuire “con iniziative di segno schiettamente liberale al progetto dell’alternativa riformista”. Nel 2006 tornava in Parlamento come senatore della Margherita assumendo poi l’incarico di vice presidente della 4ª Commissione permanente (Difesa). Nel maggio del 2010 annunciava la sua adesione ad Alleanza per l’Italia di Rutelli, tramite la promozione e la costituzione del Comitato Liberale di Alleanza per l’Italia. La sua ultima battaglia politica l’ha condotta al fianco di Roberto Einaudi per evitare che la Fondazione Luigi Einaudi di Roma, fondata da Giovanni Malagodi nel 1962 e di cui è stato per anni presidente, finisse sotto il controllo di Silvio Berlusconi. Per la sua lapide, al cimitero monumentale di Torino, ha scelto una sola parola: “Liberale”.
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