dal Mocca di Alessandria (seconda parte) – Prima di parlare di gioco e giocatori faccio notare due cosette relative ai “peggiori danni della nostra vita”. Primo: alla fine dell’anno appena chiuso avevo scritto, in merito alle difficoltà di comporre il calendario degli imminenti impegni dell’Alessandria, di non scagliarsi contro Federazione e club avversari preconizzando oscuri complotti contro il club mandrogno. Alcuni giornalisti da strapazzo – assoldati da sedicenti tifosi che se non scrivono minchiate su FB entrano in crisi d’astinenza – hanno dichiarato una guerra santa per combattere ipotetiche congiure contro i Grigi (quindi alludendo pure allo “scarso peso politico“ del nostro club). La Società, da parte sua, s’è mossa con discrezione, ha sottolineato i problemi ed il palazzo ha accolto “il grido di dolore“ rimettendo mano al calendario. Così i teorici del “lassù non ci ama nessuno“, degli alibi preventivi e della ineluttabile debolezza mandrogna sono serviti, anche se debole è solo quella tipologia di tifoso e il suo patetico cantore o cantatrice. Altra cosetta: l’ufficio di collocamento “Cose di Calcio“ pare preveda, dopo Gregucci sulla panca mandrogna e Sgarbossa al Bonbonasca, Camolese ad allenare il Castellazzo, Scarrone team manager grigio, Beccari al posto di Servili e Saporito addetto alla lavanderia del Mocca. Nel frattempo si sta lavorando alacremente per trovare un impiego a Marescalco e uno a Da Re (per quest’ultimo però solo part time). Ora però parliamo di cose serie: il gioco. Partiti con Scienza responsabile e vittima di un “progetto tecnico“ che prevedeva, a prescindere, un calcio propositivo e divertente (quello che vince le partite segnando tanti gol, asfalta l’avversario di turno e trasforma la squadra in una lepre agile e potente) nel settembre scorso era già al capolinea. I Grigi non conquistavano palla nella metà campo altrui bensì la perdevano, gli esterni d’attacco titolari si notavano giusto per un rifrullo ogni tre quarti d’ora, il centrocampo formato da Loviso play, Mezavilla e Branca mezzali, faceva poco filtro davanti alla difesa ed era involuto ad impostare, mentre la coppia centrale difendeva arretrando anziché aggredire sulla propria linea mediana. Nordi, portiere titolare, andava in campo con le grucce appoggiate ai pali. Gente di gamba o agili nell’uno contro uno (Boniperti e Marras) guardavano gli altri giocare, col rischio di vedere in campo solo i “nomi “ e perdere per strada elementi di sostanza. Non che il passaggio alla difesa a tre schierata (e mai provata prima) per disperazione dal buon Beppecuoretoro, sortisca effetti decenti, se non quello di vanificare tre mesi di lavoro. E quella che si ritiene l’agiografa del mister scriveva che andava tutto bene. Così Scienza è saltato come un tappo ed è arrivato Gregucci, accolto subito con malcelata diffidenza da (quasi) tutti (sarebbe meglio ricordarselo). Il “Nostro Caro Angelo” è uomo di calcio e, nella circostanza, pure un po’ fortunato. Infatti, con l’aiutino di malanni di giocatori strategici, nelle sue prime partite sono arrivati risultati positivi in extremis anche a fronte di prestazioni discutibili. L’inserimento di Marras e Vannucchi e la serie positiva di vittorie tra novembre e dicembre hanno fatto il resto, imponendo al gruppo gerarchie fluide e sganciate dalla valenza delle carriere. Le vittorie in Tim Cup a Palermo e quella storica a Marassi contro il Genoa, unite alla “passeggiata” in campionato sulle ceneri del Mantova e al pareggio strappato al Giglio con le unghie e con i denti, poi lo hanno trasformato da allenatore a guru e quindi oggetto di ampio credito da parte della piazza… o della pizza? Credito cercato, voluto e meritato. Anche la qualità del gioco espresso dalla squadra via via migliorava: si cominciava a vedere la pressione alta sugli avversari accompagnata da tentativi, spesso riusciti, di utilizzare la tattica del fuori gioco. Poi la vecchia regola che governa il calcio: quando si vince gli scontenti si mimetizzano. Ma i problemi, come dovunque, ci sono sempre e riguardano almeno quattro giocatori: Nordi, smaltito l’infortunio ha la strada sbarrata da Vannucchi; Terigi il quale, dopo il problema che lo ha costretto alle cure sanitarie durate un’era geologica, fatica a guadagnarsi la panca e, quando la occupa, si limita a scaldarla; Vitofrancesco, che ha richieste (con relativa proposta di allungamento del contratto) importanti, e poi c’è l’affare Loviso. Il play ex Cremonese è giocatore sontuoso, ingaggiato in estate e gratificato da un biennale importante per dettare tempi e ritmi alla squadra, oltre che a sfruttare le sue eccellenti capacità balistiche: un imprescindibile, insomma. Si fermava per infortunio a settembre e, una volta rimessosi in piedi, s’è trovato davanti un reparto dotato di equilibri soddisfacenti. Il ragazzo aspettava il suo turno con pazienza e, quando sembrava arrivato il suo momento in quel di Marassi, Gregu optava per Branca. Il resto sarà da indovinare, e dubito che Loviso accetti trasferimenti a gennaio, sperando di essere utile alla causa da qui a fine stagione. A meno che il Mister non decida di virare sul centrocampo “a quattro“, nel qual caso diventerebbe tatticamente difficile l’utilizzo sistematico di Loviso, per lo stesso motivo secondo il quale Conte, presa in mano la Juve, ha dovuto abbandonare alla svelta l’idea del 4-4-2 (o del 4-2-4) avendo Pirlo in organico. Per quanto concerne le sorprese positive, cito Branca, Marras e Sabato. Branca ha fatto prima la mezzala ed ora fa il mediano centrale coniugando qualità, quantità, geometria e corsa. Marras, a dispetto di un fisico non proprio possente, ha forza nelle gambe e agilità per essere spesso vincente negli “uno contro uno” e ha capito di potersi giocare una carta importante proprio qui in riva al Tanaro. Sabato, come al solito, è partito ai limiti degli indici di gradimento nel ruolo e ha convinto tutti (quelli che masticano un po’ di calcio, s’intende) grazie ad una costanza di rendimento stupefacente. Tutti invece stravedono per il bomber Bocalon. Io un po’ meno, per due motivi: nella stagione scorsa di questi tempi Marconi aveva segnato più o meno come l’ex pratese senza aver battuto rigori e giocando in un contesto di qualità decisamente inferiore; riguardo al rendimento delle punte centrali (e non solo) poi, mi pare giusto mediare i gol realizzati con un apporto di sostanza in termini di manovra. Per il resto ci sono giocatori che stanno facendo quello che si attendeva da loro, il che è già gran cosa: Celjiak e Nicco, i quali hanno dato alla squadra una fisicità sconosciuta da mo’. In coda un encomio se lo merita il portiere Vannucchi, ragazzotto del ’95, già pupillo di Gigione Abate a Renate la scorsa stagione per lui compromessa da un fastidioso infortunio. Il ragazzo, titolare grazie al forfait di Nordi, ha poi sempre giocato dimostrando una maturità ed un equilibrio rari per età e ruolo.
In attesa delle prime minchiate 2016 targate Grande Capo Penna Demente auguro a tutti Buona Befana (continua).
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