Deputati, senatori, e politici italiani in genere, quando dotati di un titolo di studio sono per lo più laureati in Legge, Scienze politiche, Lettere e Filosofia. È in pratica la stessa cultura delle medioevali scuole superiori. E ne abbiamo a profusione. Nella sola Napoli si contano più avvocati che nell’intera Francia. Non si capisce pertanto come mai la gran parte di loro sembri ignorare del tutto l’esistenza di Aristotele e della sua cultura. Ad Aristotele tutti noi dobbiamo moltissimo. Suo è il “concetto di contraddizione” che così recita: una cosa non può essere uguale al suo opposto. Non sono nemmeno dieci parole ma hanno avuto il merito di cambiare il mondo e di essere alla base dell’intera filosofia dell’Occidente. Ed ancora oggi, in molti casi, hanno un peso determinante in tutti i settori dello scibile umano. Ad esempio se prima di costruire gli inutili, o meglio, dannosi e costosissimi forni di incenerimento rifiuti di Torino si fossero applicati gli insegnamenti di Aristotele avremmo evitato di destabilizzare gran parte dei bilanci piemontesi e nel contempo di mandare all’ospedale, ed anche al cimitero, chi ogni anno si ammala a causa dei fumi tossici che escono dai loro camini. Naturalmente, chi vi trae guadagno dispone più che abbondantemente dei mezzi per confutare questa tesi. Un luminare universitario, anche di grande fama, costa relativamente poco ed una pagina di pubblicità su un giornale ancora meno. Per questo l’opinione pubblica su alcuni settori è stata orientata non in nome del vero e della scienza, ma degli inconfessabili interessi di coloro che partecipavano all’affare. E dovendo citare esempi similari, non abbiamo che l’imbarazzo della scelta che va dal ponte sullo Stretto ai 54 chilometri di tunnel ferroviario tra Tortona e Genova, al Mose di Venezia, e avanti così allegramente, sprecando ed impinguando le casse dei raggruppamenti politici gestori dell'”affare”. Cosa esca dalle ciminiere degli impianti di incenerimento rifiuti è presto detto. Esistono all’incirca 140 000 prodotti chimici differenti che, una volta finiti nei rifiuti, si combinano tra loro in modo del tutto casuale dando luogo a prodotti assolutamente imprevedibili. Ugualmente non è vero che i rifiuti siano interamente bruciati ad alta temperatura. Ad esempio quando ci dicono che un forno brucia a 950 gradi ciò è vero solo ed unicamente per il punto di fiamma, ossia il centro della combustione, mentre tutt’attorno la temperatura è molto più bassa e i fumi risultano chimicamente diversi. Costruire forni di incenerimento della dimensione di quelli del Torinese, proprio nell’anno in cui tutte le nazioni del pianeta si sono riunite per cercare di ridurre la temperatura della Terra, cresciuta in conseguenza della produzione di energia partendo da combustibili fossili, non sappiamo come definirlo: se come frutto di bovina stupidità, totale ignoranza scientifica o suicida fame di denaro in prossimità di elezioni. Non esiste infatti motivo al mondo per cui i rifiuti debbano essere bruciati. Poichè “nulla si crea e nulla si distrugge” con la combustione si finisce col diffondere e diluire nell’aria gli elementi già presenti prima della combustione. Inoltre, in zone caratterizzate da frequenti inversioni termiche come la Val Padana, i fumi tossici tendono a stazionare al suolo poichè non dispersi dai venti, che mancano. Scrivo queste cose avendo avuto una certa esperienza di settore. Nell’archivio del Comune di Alessandria è conservato uno studio, eseguito da chi scrive per conto della FAST di Milano (Federazione associazione scienziati e tecnici) quando, imbevuto di falsi insegnamenti e dati errati che furono propri dell’origine della nostra cultura ecologica, ancora credeva nei forni di incenerimento. Fu poi girando l’Europa e gli Stati Uniti che, chi scrive, ebbe modo di rendersi conto di come stavano realmente le cose e cambiò totalmente la propria posizione a riguardo.
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