Novi Ligure (Franco Traverso) – Record negativo per la nostra provincia che ha ben due ospedali tra i peggiori in Piemonte per la cura del femore fratturato. Sono quelli di Novi Ligure (San Giacomo) e Acqui Terme (Ospedale Civile). La classifica (vedere sotto) è stata stilata in questi giorni da Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali), Ente pubblico non economico di rilievo nazionale (istituito con decreto legislativo il 30 giugno 1993, n.266 e successive modificazioni) che svolge funzioni di supporto al Ministero della Salute e alle Regioni per le strategie di sviluppo e innovazione del Servizio sanitario nazionale. Ha valutato per conto del Ministero lo stato di salute degli ospedali e delle Asl italiane con dati ottenuti attraverso l’ispezione su cartelle cliniche, pareri dei ricoverati, percentuali di successo degli interventi ed altri parametri che tendono a determinare l’efficienza del nosocomio preso in considerazione. Per quanto riguarda Novi di rilievo sono le richieste di risarcimento danni, non solo per il reparto di ortopedia (il peggiore in Piemonte insieme a quello di Acqui Terme), ma anche per altri reparti. Nell’agosto del 2014, dopo la chiusura del reparto di preparazione dei farmaci antitumorali a causa di insufficienti standard igienici all’interno del laboratorio, era stata fatta un’ispezione dalla Regione per la morte di una paziente operata il 26 aprile 2011. Quattro sono stati i medici del San Giacomo rinviati a giudizio: Paolo Tava, 64 anni di Tortona, Eliana Giaminardi, 43 anni di Acqui, Paolo Majoccchi 63 anni di Stazzano e Vito La Paglia, 61 anni di Novi. Quest’ultimo è il radiologo che aveva effettuato la laparoscopia una settimana prima dell’intervento. Secondo gli inquirenti il dottor La Paglia avrebbe lesionato un grosso vaso sanguigno con inevitabile emorragia per cui la paziente non è sopravvissuta alla successiva operazione. Non è finita perché poco più di un mese fa una donna operata al San Giacomo con grave ritardo è stata colpita da setticemia ed è morta. Si tratta di Silvia Cassano di Basaluzzo di 76 anni, deceduta il 30 ottobre scorso all’Hospice “Il Gelso” di Alessandria dove era stata trasferita dopo che i medici dell’ospedale di Novi l’avevano mandata casa. La donna era stata ricoverata il 16 agosto e i medici le avevano trovato solo un’infezione salvo poi accorgersi dopo quattro giorni della gravità del caso operandola all’intestino. Era troppo tardi e nonostante l’intervento le sue condizioni continuavano a peggiorare. Benché bisognosa di cure era stata dimessa il 7 settembre dopo 22 giorni di ricovero. Qualche giorno dopo la guardia medica decise di portarla all’ospedale di Alessandria nel reparto di Medicina d’urgenza dove i medici constatavano che l’infezione acuta era ormai irreversibile. Anche in questo caso la famiglia della donna deceduta è ricorsa a vie legali. In un altro caso i medici novesi sono finiti di nuovo sotto processo per un catetere dimenticato tra l’addome e la vescica che ha ucciso Luigi Bianchi, 85 anni di Varese, operato al femore. Il processo per omicidio colposo vede imputati cinque medici del San Giacomo: Danilo Zerantola, 61 anni di Novi, Angelo Mario Raffini, 62 anni di Borghetto Borbera, Giovanni Sarda, 59 anni di Valmadonna (tutti e tre ortopedici difesi da Luca Gastini), Valter Fusco, 40 anni di Novi, urologo, e Maria Paola Bottaro, 42 anni di Borghetto Borbera, guardia medica del Pronto Soccorso (tutelati da Tino Goglino). I fatti risalgono al gennaio 2011 quando il Bianchi, dopo l’operazione, era convalescente con un catetere sovrapubico inserito eseguendo un taglietto sull’addome. Durante la notte si strappò il catetere che un’infermiera buttò via, dopo aver fatto una medicazione, ma aveva gettato solo il pezzo esterno mentre l’altro pezzo era rimasto dentro con la conseguenza che l’urina si diffuse nell’addome e, giorno dopo giorno, causò la setticemia. Il paziente fu dimesso nonostante avesse forti dolori all’addome tanto che fu di nuovo ricoverato ma questa volta a Voghera dove l’hanno operato per estrargli il pezzo di catetere rimasto nell’addome. Ma era ormai troppo tardi e Luigi Bianchi è morto. Ora la Regione Piemonte, prima in Italia, oltre agli ospedali, ha deciso di monitorare anche i medici che saranno classificati. A prospettare i nuovi canoni di giudizio è Fulvio Moirano, direttore della Sanità regionale, al termine della presentazione del Programma nazionale esiti dell’Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali. Il Piemonte si colloca terzo in Italia per la qualità dell’assistenza, con molti alti e bassi e performance migliori rispetto allo scorso anno. L’assessore Antonio Saitta è tranchant: “Si potrà vedere chi merita il posto che ha, chi sbaglia e che tipi di errori vengono fatti. Saremo i primi in Italia a fare questo tipo di valutazioni e agire di conseguenza, al tempo stesso dimostrando l’eccellenza che c’è nella sanità pubblica”. Ad opporsi è l’Ordine dei Medici: “Se la classificazione – ha detto al cronista il presidente Guido Giustetto – sarà uno strumento per migliorare gli standard ben venga. La valutazione in sé non è un problema, ma potrebbero sorgere perplessità sui metri di giudizio. In ogni caso ci piacerebbe essere coinvolti dalla Regione per valutare insieme i criteri più adeguati”.
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