dal Mocca di Alessandria – Di formazioni “strane“ che hanno compiuto però autentici miracoli nella storia del calcio ce ne sono state. Parlo di squadre che trovavano i loro equilibri a prescindere da modelli e moduli, equilibri spesso nati per caso, magari per sopperire a infortuni eccellenti o ad un buco della rosa dei titolari. Soluzioni originali le abbiamo viste anche ad Alessandria, per esempio, quando il grande Vanzini che, da seconda punta, fu trasformato in tornante a sinistra con Mantellato ala d’attacco a destra. Una soluzione, questa, immaginata da Mister Manente che mandava al manicomio gli allenatori avversari in quanto allora si giocava “a uomo“ e il tornante era sempre a destra controllato dal terzino sinistro avversario che si chiamava “ fluidificante“ perché aveva anche funzioni di spinta. Per cui, nella fattispecie, Vanzini non era mai attaccato dal diretto avversario sulla sua fascia mentre a dritta il guizzante Mantellato era marcato da difensori mancini con spiccate caratteristiche offensive. Anche la stessa Alessandria che aveva vinto il Campionato di Serie C girone unico, dopo la cessione di Musa, giocava con una sola punta (Baisi) che apriva i varchi per i due tornanti (Manueli a destra e Dolso a sinistra) o per un mediano forte di testa che si inseriva (Dalle Vedove) e per il fluidificante Di Brino: uno spettacolo di ingegneria calcistica studiata da Reja e Mazzia al quale mister Ballacci aveva aderito con qualche ritrosia iniziale. Senza dimenticare poi il clamoroso miracolo-Vicenza di G. B. Fabbri che arrivò secondo in Serie A nel campionato ’77-’78 giocando con un centrocampo formato praticamente da quattro mezze punte (Cerilli, Faloppa, Salvi e Filippi) dietro all’unica punta, un giovanissimo Paolo Rossi. In tempi più recenti ad Alessandria nel campionato di C1 ’97-’98 Corrado Orrico, profeta del 4-3-3, è riuscito a completare un girone d’andata esaltante con un centrocampo a triangolo rovesciato: due medianacci davanti alla difesa (Biagianti e Bettoni ) con il play Vivani davanti a loro ad ispirare la manovra offensiva (mica male come idea anche per l’Alessandria odierna). Le punte esterne erano un giovanissimo Fantini e lo stagionato Gasparini con Giraldi centravanti di manovra. Quella squadra dalla costruzione un po’ bizzarra ha inanellato una serie di partite indimenticabili per poi sfaldarsi, complici gravi infortuni a catena che hanno decimato difesa e centrocampo. Tutto questo ci dice che si può uscire dai canoni scolastici di un modulo ma, per ottenere risultati importanti, bisogna trovare in fretta le giuste alchimie. Resta il fatto che, sia che si applichi un modulo in maniera canonica sia, soprattutto, che ci si debba inventare qualcosa di nuovo, alla base di tutto ci sono caratteristiche umane e professionali di giocatori in grado di formare un gruppo coeso, di credere nella cultura del lavoro e in quello che l’allenatore propone e prepara durante la settimana, nell’orgoglio di far bene il proprio lavoro e di meritarsi lo stipendio. Gregucci, che di queste cose si intende per essere arrivato in Nazionale nonostante piedi non particolarmente educati, lo ha detto chiaramente in sala stampa alla fine della partita giocata (male) e vinta contro il Renate domenica scorsa. Rispetto a questi concetti basilari i nostri giornalisti, per lo più specializzati nel virgolettato, non hanno fatto domande al mister. Per forza, perché chi non riconosce certi limiti, certi valori e certe doti che sono la base del calcio, cosa volete che dica? Semplice, abbiamo vinto 4-1 e allora le pagelle di costoro hanno riportato voti immeritati; se, giocando la stessa partita contro un Renate però più attento e preciso, e avessimo quindi perso, allora le valutazioni sarebbero state drasticamente severe, pur avendo i nostri giocatori offerto identica prestazione. E la Società poi invita i giornalisti nel dopo partita ad essere più partecipi e coinvolti? Tempo perso, salvo poi dover ascoltare nei report radiofonici qualche domanda idiota di troppo.
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