da “La Stampa” del 22.10.15 – Sopravvissuti alla Shoah, storici del nazismo, leader dell’opposizione, ministri del governo e cittadini comuni: Israele è in rivolta contro il premier Benjamin Netanyahu che ha attribuito al mufti di Gerusalemme la responsabilità di aver suggerito ad Adolf Hitler l’idea di sterminare gli ebrei.
Ad innescare la maggiore tempesta politica della sua carriera è quando dice parlando al XXXVI Congresso sionista a Gerusalemme: «Hitler non voleva sterminare gli ebrei all’epoca, li voleva espellere» ma nell’incontro a Berlino alla fine del 1941 «il mufti di Gerusalemme, Haj Amin alHusseini, obiettò “verranno tutti qui” e quando Hilter gli chiese “cosa devo fare con loro?”, il mufti “rispose di bruciarli”». L’intento del premier è indicare nel mufti di allora, padre storico del nazionalismo palestinese, la genesi dell’odio antiebraico che incita i giovani arabi all’Intifada dei coltelli. Ma «riscrivere la storia a fini politici è il più grave degli errori», gli rimprovera Yehuda Bauer, maggiore storico della Shoah, imputandogli «affermazioni senza fondamento» perché «abbiamo il documento su quell’incontro e spiega come fu Hitler a parlare, chiedendo al mufti di fare propaganda nazista in Medio Oriente». Un Paese in rivolta Nell’arco di poche ore è quasi l’intero Paese che si solleva, imputando al premier di essere un «negazionista». Dina Porat, a capo degli storici dello Yad VaShem, è lapidaria: «Non si può dire che il mufti diede a Hitler l’idea di bruciare gli ebrei, è falso». Meir Litvak, storico all’Università di Tel Aviv, parla di «bugie» e Moshe Zimmermann, germanista all’ateneo di di Gerusalemme, trae le conclusioni: «Netanyahu si è aggiunto alla lunga lista di coloro che definiamo negazionisti» per aver ridimensionato le responsabilità dei nazisti nella Shoah. È il pensiero che accomuna numerosi sopravvissuti, che affidano a radio e tv la protesta per aver «ridotto le colpe di Hitler». «Netanyahu deve scusarsi con i sopravvissuti – tuona il deputato dell’Unione sionista Itzik Shmuli – è una vergogna che il premier dello Stato ebraico avvalori il negazionismo». Nessuno mette in dubbio che il mufti sia stato «un antisemita violento collaboratore di Hitler – come dice il leader laburista Isaac Herzog – ma c’è stato un solo Hitler che scrisse il Mein Kampf e illustrò la Soluzione Finale al Reichtag». A dare il polso della rivolta popolare è la scelta di Moshe Yaalon, ministro della Difesa e fedelissimo del premier, di correggere Netanyahu: «La Storia è chiara, Hitler iniziò lo sterminio e il mufti si unì». La difficile retromarcia Per Saeb Erakat, negoziatore dell’Autorità palestinese, è l’occasione a lungo attesa di delegittimare l’avversario davanti ai suoi cittadini: «Il premier dimostra di odiare i palestinesi fino al punto da assolvere il più famoso criminale della storia». Netanyahu è accerchiato, appare vulnerabile, in bilico, ma si difende da Berlino, dove oggi vedrà John Kerry: «Non volevo assolvere Hitler ma dimostrare che il padre della nazione palestinese aspirava fin da allora alla nostra distruzione come dimostrano i verbali di Norimberga» con la «deposizione del vice di Eichmann, Dieter Wisliceny, che lo descrisse come colui che incitava ad accelerare lo sterminio».
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