Sabato 10 ottobre 2015 sul Corriere della Sera Franco Milletti scrive: “Energie rinnovabili: La Svezia ha annunciato che porterà la quota (ora al 66%) di energie rinnovabili al 100%, svincolandosi in tal modo del tutto dai combustibili fossili. Quindi, dopo il Costarica, già da tempo completamente a «energia verde», un altro Paese ha dimostrato che — volendo — l’obiettivo può essere raggiunto. Il nostro Paese, che rispetto ai due paese citati è ben più «ricco» di fonti energetiche pulite, resta alla finestra a guardare”!
Milano (Giusto Buroni) – Vero e proprio “uovo fuori dal cavagnolo” (non so se si capisce ad Alessandria), il Corriere della Sera ha accettato di pubblicare una mia brevissima lettera dopo oltre due anni di “squalifica” per comportamento irriverente verso la testata, almeno così sostengono loro. Probabilmente l’ha avuta vinta per una volta il buon senso, perché la lettera pubblicata il giorno prima a firma di una vecchia conoscenza, Franco Milletti, era un madornale esempio di disinformazione, del resto non nuovo nella rubrica affidata da tempo immemorabile a Sergio Romano e alla sua inamovibile assistente Iside Frigerio, che seleziona secondo un criterio tutto suo i “pezzi” meritevoli di essere resi noti all’attenzione del pubblico.
In sostanza la lettera del Milletti comunicava ai lettori che in Costa Rica (pensate un po’: quattro milioni di abitanti sparsi in lussureggianti foreste equatoriali popolate più da pappagalli che da esseri umani) il 100% dell’energia elettrica è “verde” e, inoltre, la Svezia (otto milioni di abitanti alle latitudini di Babbo Natale) promette fra non molto il raggiungimento dell’obiettivo del 66% di “elettricità verde” (il lettore avveduto già qui si sarebbe dovuto chiedere: allora in quei due Paesi hanno risolto l’annoso problema dell’accumulo, che risolve il problema dell’improgrammabile intermittenza delle energie, solare ed eolica, cosiddette rinnovabili?).
E in Italia che si fa – scrive l’opinionista e pubblica il Corriere? Si bruciano preziose e nocive sostanze fossili senza un piano energetico mirante alla salvaguardia dell’ambiente; eppure, scrive l’acuto lettore, ricopiando un ritornello che ormai ci ha esasperato, in Italia ci sarebbero risorse più adatte allo scopo (tanto sole, tanto vento, magari pizza e mandolini…), rispetto a quei due Paesi. Ammesso che tutto il resto sia vero (vedremo che non lo è), l’ultima affermazione è chiaramente falsa e, se ci fosse giustizia in questo mondo, varrebbe a chi l’ha scritta almeno la gogna per una settimana.
Nella mia replica immediata, che mi lascia sempre la curiosità di sapere se sia stata l’unica o una fra le tante che ci si aspetterebbe, c’era solo lo spazio per scrivere che “cadute d’acqua e centrali nucleari” andrebbero incontro ai desideri del signor Milletti, se la popolazione italiana, aizzata dalla politica e distrutta dall’ignoranza, non fosse contraria fermamente e unanimemente all’uso di queste due provvidenziali fonti energetiche. Rendendomi conto che a qualcuno può sfuggire il nesso tra l’affermazione “ambientalista” e l’obiezione del tecnico, ne approfitto per fare alcune precisazioni.
- La prima è che è fondamentale distinguere tra consumo di risorse e inquinamento ambientale: è chiaro a tutti che, ammesso che esista una precisa definizione di inquinamento ambientale, oggigiorno sempre rapportato erroneamente alle “emissioni di anidride carbonica” durante l’uso di una certa risorsa, ci sono risorse che si “consumano” anche senza produrre anidride carbonica, e ciononostante sono soggette a esaurimento e per questo motivo devono essere preservate, oppure devono essere valutate nuove tecniche di approvvigionamento.
- La seconda è che, supponendo, ma non è vero, che l’anidride carbonica sia la vera responsabile maggiore dell’inquinamento, non è solo l’energia elettrica consumata che ne produce: è evidente che prima dell’Era Industriale l’anidride carbonica (che in seguito chiameremo CO2: quanti sapevano che si tratta della stessa cosa?) era prodotta soprattutto, ma non solo, dalle esigenze di riscaldamento che erano maggiori nei Paesi più freddi e più popolati.
- La terza è che, se anche concentriamo l’attenzione sulla sola energia elettrica (facendo un errore enorme), il suo trasporto, anche a grandi distanze, è relativamente semplice, pur con consistenti perdite, e perciò il luogo della generazione può essere molto distante, ma inevitabilmente inquinato, da quello del consumo. Inoltre i moderni veicoli 100% elettrici e quindi a impatto zero, sono fabbricati anche a migliaia di km di distanza con gran dispendio di energie da combustibili fossili o nucleari (non certo da pale eoliche e da pannelli solari, data la bassa potenza di questi nuovissimi impianti cosiddetti “rinnovabili”; per chi non sapesse il significato di “bassa potenza”, si consiglia di leggere più spesso i relativi articoli di Alessandria Oggi).
Detto ciò, entriamo nei particolari.
- La Costa Rica è poco più a Nord dell’Equatore: i suoi abitanti non necessitano di impianti di riscaldamento (ma che si dice dei condizionatori? Su Wikipedia, per esempio, niente), anche se immagino che alcuni dei loro cibi siano cotti, cosa che si può fare tuttavia su piastre elettriche. Forse si sposteranno preferibilmente a piedi o in bici (per la prima volta nella storia un ciclista professionista della Costa Rica ha partecipato al Tour de France 2015), ma avranno pur dovuto costruire le loro brave opere pubbliche, trasportando qua e là materiale da costruzione, manufatti e personale (che non andrà sempre a piedi) e dovranno assicurare il funzionamento, con la massima affidabilità, di alcuni ospedali o anche dei mezzi dei vigili del fuoco. È vero che piove moltissimo, il che poi non sarà tanto piacevole per i turisti che, fra l’altro, per meglio immergerli nell’”ambiente pulito”, sono ospitati in confortevoli alberghi situati all’altezza di una decina di metri su grandi alberi secolari. Comunque l’abbondante pioggia alimenta gli abbondanti corsi d’acqua, che a loro volta alimentano gli impianti idroelettrici che generano l’elettricità necessaria, tanto è vero che negli ultimi mesi la Costa Rica vanta il record di generazione di elettricità pulita (100% da acqua) per 75 giorni consecutivi, almeno a quanto afferma un “blog” ambientalista. Non si dice quale sia la fonte di energia usata quando la pioggia è meno abbondante: non voglio pensare che in quei giorni tutti i quattro milioni di Costaricensi (così li chiamavano al Tour de France) rinuncino alla maggior parte dei comfort assicurati dal dopo-pioggia. E poi – come faccio sempre osservare – non vorranno farmi credere che quel popolo felice sia fatto di sole persone giovani e sane; ai più deboli viene assicurata la sopravvivenza o vengono gettati in fornaci per generare energia (come del resto facevano i loro antenati prima dell’arrivo di Colombo)? Per farla breve, anche se l’argomento è divertente, diciamo quindi che la piccolissima Costa Rica non è un buon termine di paragone per i consumi energetici e passiamo a quell’altro strano Paese che è la Svezia.
- La Svezia, rispetto alla Costa Rica, è molto, molto più grande, ma ha solo il doppio degli abitanti. Essendo circa 15.000 km (a occhio e croce) più a Nord vi fa un freddo barbino, e non solo nei mesi invernali. Però è ricco di corsi d’acqua, di cascate e di foreste e, risorsa da non sottovalutare, di torba, combustibile diffusissimo nel Nord Europa, che fino alla fine dell’800 permise di riscaldare (accontentandosi un po’) tutta la Russia, facendo imprecare anche Cekov che a un certo punto vedeva che quei pigroni di boscaioli Russi preferivano segare gli amatissimi alberi invece di chinarsi a raccogliere l’altrimenti inutile torba (vedi “Zio Vanja”). Ma l’asso nella manica degli Svedesi di oggi (cioè dagli anni ’60 in poi) è una decina di dispettosi reattori nucleari che si accendono e si spengono a seconda delle notizie di incidenti giunte dall’estero (Three Mile Island e Chernobyl) o dell’alternanza dei governi; dei cambiamenti di umore della popolazione depressa (c’è un altissimo tasso di suicidi), che vota referendum a senso alternato (di cui i governi non tengono alcun conto, tanto da annullarli a piacimento) o delle tassazioni oscillanti delle bollette elettriche a seconda che il governo voglia sostenere o no il nucleare (si fa più o meno così anche in Giappone, prima e dopo Fukushima); insomma della convenienza o meno di acquistare petrolio. Il contentino dato agli antinuclearisti è di sfruttare al massimo le abbondanti centrali idroelettriche (come si fa nella Costa Rica, appunto), compensando l’energia elettrica mancante con le centrali nucleari, il cui funzionamento, nonostante le promesse di dismissione, potrebbe essere prolungato fino al 2050 (costruendone anche di nuove) e permettendo così di mantenere l’impegno di emissioni zero entro il 2020. Insomma la politica energetica della Svezia è una sfacciata presa in giro, oltre che della democrazia, dell’antinuclearismo mondiale, nonostante sia stato diffuso (artatamente?) proprio da loro nel mondo l’allarme dell’incidente di Chernobyl, che portò gli Italiani (ma non i Francesi) per lungo tempo ad abolire dalla propria dieta le insalate a foglia larga contaminate, dicevano i nostri “esperti” dal Cesio 137 (non molti mesi orsono i giornali Italiani hanno provato a rilanciare l’allarme, ma forse, finalmente anche gli Italiani hanno cominciato a capire la montatura mediatica). Un altro esempio della dabbenaggine scientifica degli Svedesi è, a quanto raccontano gli interessati, ma anche la stampa al seguito, l’invio in Italia e in Grecia di una loro commissione scientifica a verificare il funzionamento dell’ormai famosa macchina a fusione fredda dei nostri grandi (imbonitori) Rossi e Focardi, fortunatamente scomparsi quest’anno dalle cronache, dopo avere annunciato per anni la vendita nei supermercati a prezzi stracciati del loro super-boiler nucleare. Gli scienziati svedesi furono appunto gli unici “esperti” non italiani a (fingere?) di interessarsi all’affare, assicurando di avere visto prodursi il fenomeno annunciato, neanche fossero passati prima per Medjugorie.
Insomma il nostro bravo opinionista ultradecennale del Corriere Franco Milletti si preoccupa giustamente di una mancanza perenne (e bipartisan, come si dice oggi, o, meglio, “trasversale” come s’è sempre detto) di una politica energetica in Italia, ma, chissà perché, ha trasformato in barzelletta l’esempio di Costa Rica e Svezia che gli Italiani dovrebbero seguire: infatti in Italia il Nucleare è abolito per sempre (per pura ignoranza degli eredi di Fermi, ma con la benedizione degli eredi di Roosevelt) e sostenuto solo dallo sparuto (o sparito) gruppetto dei membri del CIRN (Comitato per il Rilancio del Nucleare Italiano), che si confondono con l’altrettanto sparuto e ancor meno conosciuto drappello di “Atomi per la Pace” (si parla di qualche decina di persone). Ma gli Ambientalisti Italiani vogliono essere “al top” e si oppongono così anche all’energia “verde” più antica e più usata che si conosca al mondo (e veramente “rinnovabile”), quella idroelettrica, con argomentazioni varie, e alcune volte valide, come senza dubbio il criminale progetto della diga del Vajont. Ma quale grande opera non nasconde almeno un progetto criminale?
Certo la caduta o il grippaggio di una torre eolica costruita dalle mafie non farà tanti morti come a Lavarone, ma sempre a un progetto criminale è da attribuire. Così le due nazioni prese ad esempio da Milletti per salvare l’Italia dalla schiavitù del petrolio e del gas (che in tutto il mondo però stanno riprendendo quota grazie alla scoperta di enormi nuovi giacimenti ben distribuiti) usano proprio solamente le due fonti energetiche che in Italia sono maggiormente osteggiate: complimenti a chi ha scelto di diffondere la notizia sul maggiore quotidiano nazionale.
Ma, scherzi a parte, le “autorità competenti”, se di competenti ne sono rimaste, si ricordino, prima della riunione di dicembre (2015) a Parigi, che se continuano a fare i conti per il futuro di energia e clima solo sull’elettricità e sulla CO2 si sbagliano di grosso; e il “nuovo Protocollo di Kyoto” sarà un fallimento più disastroso del precedente (che, per la cronaca, è stato abbozzato nel 1994, 21 anni fa).
E aggiungo anche qui l’appello a tenere finalmente in conto i consumi di risorse e di energia, i danni al paesaggio e al clima (le vittime umane ormai contano poco o niente), dovuti alle guerre, dovunque siano e per qualunque motivo siano scatenate.
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