Milano (Federico Fossati) – Vogliamo dire le cose come stanno? Un omosessuale o bisessuale ex uomo adotta pratiche sessuali sia schifose che pericolose per la salute. Finché tali pratiche restano fra consenzienti tra quattro mura, non ci dovrebbe essere niente di illecito, se non il rischio volontario di farsi del male, ma quando si arriva all’aggressività o semplicemente all’esibizionismo si cade nei normali casi di stupro o di atti osceni in luogo pubblico che rientrano fra i reati che si commettono qualunque sia la tendenza sessuale.
Da adulti all’omosessualità si arriva quasi sempre gradualmente, dopo avere praticato tutte le “normali” esperienze eterosessuali che, non arrecando più piacere sufficiente, portano quasi automaticamente a masochismo e sadismo, e poi inevitabilmente alla sodomia, il tutto condito con un pizzico di droga sempre più pesante: tali pratiche, se seguite in modo incontrollato o sfrenato, comportano il rischio più o meno grave di malattie, quasi sempre contagiose (non solo AIDS, quindi), di autolesionismo e di danni ai partner e sarebbe lodevole da parte del legislatore o dell’educatore prevenire tali inconvenienti o punirli adeguatamente quando accadono.
Per l’omosessualità delle ex-donne il percorso è quasi identico, anche se forse meno violento, a meno che non si usino particolari “attrezzature”, ma ugualmente seminato di pericoli. Identica a quella delle persone “normali” è l’illiceità quando le persone coinvolte non sono consenzienti. Non si capisce in ogni caso (uomini o donne) come l’esibizionismo dei cortei osceni delle manifestazione del tipo “gay-pride” sia, alla fine di lunghe trattative, autorizzato dalle prefetture, mentre un corteo di giovani e piacevoli nudisti, se volesse sfilare, per esempio per una festa, non riceverebbe mai l’autorizzazione: significa che anche i gay hanno formato le proprie lobby e hanno raggiunto un livello sufficientemente importante in campagna elettorale.
Il terzo caso di omosessualità, che credo sia raro, ma forse è l’unico che merita attenzione a livello medico-scientifico e comprensione da parte dell’umanità “normale”, è quello congenito, dovuto a malformazione di organi genitali o a difetti psicosessuali intervenuti fin dalla nascita o per shock subiti in tenerissima età: in questi casi occorre l’intervento medico, psichiatrico o chirurgico per ripristinare e stabilizzare quelle che erano chiare anomalie fisiologiche.
Mi sembrava indispensabile chiarire queste tre tipologie per dimostrare quanto possa diventare più semplice la questione del riconoscimento giuridico delle coppie omosessuali: per le prime due categorie esisterà sempre un certo sospetto di pratiche non propriamente “pulite” neanche fra le mura dell’abitazione e, nel caso di presenza di figli, esisteranno sempre dubbi sulla bontà della loro educazione. Dunque, purché i “coniugi” non incorrano nei reati sopra prospettati (diffusione di malattie veneree o peggio, aggressione, esibizionismo) dovrebbe essere riconosciuta la coppia di fatto dal punto di vista burocratico-anagrafico, amministrativo ed economico, ma si dovrebbe vietare l’estensione della famiglia oltre i due coniugi, che, si voglia o no, sono anomali. In altre parole, un bambino ha il sacrosanto diritto di avere una coppia di genitori di sesso diverso, altrimenti diventerà egli stesso omosessuale (praticamente congenito) o odierà i genitori, uno dei quali o entrambi non sono “normali”. Insomma, anche secondo studi ormai riconosciuti validi da tutta la comunità scientifica internazionale, si troverà in un mondo innaturale in cui sarà alta anche la sua tendenza al suicidio o alla fuga prematura. In pratica si troverà peggio dei figli già grandicelli di genitori che improvvisamente si separano: sono destinati a imitarli a tempo debito. È evidentemente diverso il caso di orfani o trovatelli adottati da coniugi regolari in cui, come in ogni comunità animale, sia chiaro chi siano mamma e papà, che a quando sarà il momento gli spiegheranno la sua posizione di (ex)trovatello e non di incolpevole “scherzo della natura”.
Detto ciò, non si capisce la discussione sul diritto che ha un prete di dichiararsi omosessuale e di continuare a esercitare il suo mandato, che prevede anche il celibato e l’astinenza, che ha scelto liberamente quando è stato ordinato sacerdote.
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