Alessandria (Piero Giacobone) – Per gestire bene le aziende, private o pubbliche che siano, ci vuole competenza, cultura e fantasia. Se così non fosse chiunque abbia la preparazione, pur in assenza di fantasia, potrebbe gestire proficuamente qualsiasi impresa. Invece un conto è essere dei tecnici, un conto è essere degli imprenditori. Per esempio, Luciano Vandone – esimio economista, docente universitario titolare di cattedra a Genova alla facoltà di Economia e Commercio, estensore di varie leggi italiane fra cui la Legge Bassanini, nonché autore di molti saggi universitari sull’euro e sulla finanza internazionale – assessore al bilancio al Comune di Alessandria (Giunta Fabbio, 2007-2011), pur in assenza di liquidità, grazie alla sua vivace intelligenza, alla sua eccellente preparazione ed alla sua fantasia, trovava sempre i soldi da dare al sindaco Piercarlo Fabbio per tirare avanti la baracca. Nessun licenziamento, aziende funzionanti e salve. Ma il centrodestra, di cui Vandone faceva parte, ha perso le elezioni e al potere sono arrivate le truppe cammellate della sinistra che hanno piazzato ai vertici di Palazzo Rosso e delle partecipate personaggi non certo all’altezza del professore, col risultato che le partecipate stanno fallendo una dietro l’altra. Ora la campana suona per Atm, la partecipata del trasporto pubblico alessandrina, per la quale i reggitori Bressan e Cermelli si stanno arrampicando sugli specchi. Danno la colpa agli altri, come sempre, ma non dicono che hanno preso l’azienda nelle condizioni in cui l’aveva presa nel 2011 Gian Paolo Cabella (Lega) subentrando a Gian Paolo Lumi che a sua volta l’aveva presa in carico moribonda in forza di scelte amministrative sbagliate della Giunta Scagni (2002 – 2007). Loro non si sono mai lamentati ma si sono messi a lavorare e hanno tirato avanti, mentre adesso ci tocca sentire il de profundis pronunciato dagli attuali reggitori socialcomunisti della partecipata alessandrina che non sanno che pesci prendere e annunciano i soliti tavoli di confronto col Comune, coi sindacati, e coi soci, convinti che coi dibattiti si possano risolvere i problemi. Il tutto per giungere ad un risanamento che, in queste condizioni, costerebbe troppo e sarebbe antieconomico. È infatti improbabile che qualcuno metta altri soldi in Atm ed è molto più probabile che invece qualcuno la rilevi una volta fallita, esattamente come è successo per Amiu.
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