Novi Ligure (AL) Vincenzo Rapa – Apprendiamo dalla stampa che la nostra proposta di privatizzare le società municipalizzate e partecipate del Comune di Novi ha suscitato l’ilarità dell’amministratore delegato di Acos , Mauro D’Ascenzi, che ha commentato: “Se potessi la comprerei io”. Anche noi saremmo ben lieti che la comprasse lui, purché pagandola con soldi suoi o, comunque, con capitali privati e, ovviamente, dopo aver vinto una regolare gara. Saremmo pure felici che continuasse a percepire il suo compenso attuale, circa 150.000 euro all’anno, ma anche di più, pagato da privati, con soldi loro e non nostri.
D’Ascenzi sente Acos come “cosa sua”. Lo ha detto nel corso dell’audizione dei vertici del gruppo nel consiglio comunale del febbraio scorso quando, con lapsus freudiano, l’ha definita “la nostra azienda” e meno male che non ha detto “cosa nostra” ma si è corretto subito rivolto al consiglio comunale dicendo: “La vostra azienda”. Nonostante tutto ci piacerebbe tanto che se la comprasse per competere sul mercato in pieno regime di libera concorrenza. Senza le vischiosità politiche e l’opacità di oggi, che le danno un innegabile, quanto ingiustificato, vantaggio competitivo , tale da consentirle di agire in regime pressoché di monopolio.
Sarebbe un sogno meraviglioso. Ma tale resta in quanto l’azienda è nostra, nostri sono i soldi con cui lavora, nostri quelli che vengono elargiti, nostri anche i debiti contratti senza che noi, cittadini, possiamo nulla. Insomma Acos la gestisce lui e io pago.
Per questi motivi ci piacerebbe tanto privatizzare potendo così delineare il confine tra pubblico e privato, rimuovere il conflitto d’interessi del Comune che si trova ad essere contemporaneamente committente ed erogatore dei servizi, contgrollore e controllato per cui il Comune ben difficilmente intraprenderà un contenzioso con una società di cui è proprietario (e che costituisce un enorme serbatoio elettorale).
Sempre durante la stessa audizione, D’Ascenzi ha motivato il consistente accantonamento del Gruppo (diversi milioni di euro) per garantire la continuità del pagamento degli stipendi ai dipendenti.
Pertanto deduciamo che anche disoccupati, cassintegrati, dipendenti in mobilità o penalizzati da contratti di solidarietà e persone in difficoltà, col pagamento di bollette e tasse, si trovano a pagare gli stipendi dei privilegiati dipendenti Acos, mentre sarebbe preferibile lasciare più soldi in tasca al cittadino riducendo il costo delle bollette, con conseguente stimolo dei consumi privati che sono un volano per far ripartire questa nostra economia inchiodata. Quella reale, s’intende.
Quindi privatizzare serve anche per eliminare sussidi, cioè privilegi e trasferimenti di risorse finanziarie da alcune categorie di cittadini ad altre (più fortunate, non più bisognose) affinché alcuni siano immuni dal rischio di perdere lo stipendio, mentre altri questo rischio lo corrono e devono pure pagare.
Così il Comune contribuisce ad impoverire la società, mentre chi governa gestisce, non la cosa pubblica, ma il potere.
A sostegno delle nostre proposte, riferiamo l’invito rivolto nella relazione annuale dell’Antitrust dal presidente Giovanni Pitruzzella ad “intervenire sui servizi pubblici e sulla giungla delle società partecipate, per superare quel capitalismo pubblico che non consente di raggiungere adeguati livelli di efficienza e qualità dei servizi”.
Ci sembra molto efficace la ricetta di Cottarelli, ovviamente fatto fuori dal social(anti)democratico Renzi con tanti ringraziamenti formali, secondo la quale un Ente Pubblico Locale, per diventare fornitore di un servizio, deve dimostrare che non c’è nessun privato che possa realizzarlo meglio ad un prezzo minore e dopo aver ricevuto parere positivo dall’Antitrust.
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