Alessandria (Andrea Guenna) – L’”uomo del destino” che dovrebbe salvare la Borsalino si chiama Philippe Camperio (nella foto), è di Milano ma abita in Svizzera, ha 44 anni e dice di appartenere al mondo della finanza. Non è un imprenditore, conosce qualcuno della Fondazione Cassa di Risparmio (Taverna, Frascarolo), forse conosce anche qualcuno del mondo finanziario mandrogno (Gianluca Garbi?) e dice di voler salvare la Borsalino anche se non si è capito bene come. Dice anche di essere un non meglio precisato garante della procedura di concordato preventivo con tanto di richiesta presentata in tribunale, ma la Borsalino non la prende. Di solito quando uno vuole salvare un’azienda in fallimento la compra e per comprarla fa così: verifica il debito, mette mano al portafoglio, tira fuori i contanti pari ad una minima parte del debito e dice ai creditori: “Qua ci sono tot milioni, se vi accontentate prendeteli e chiudete la pratica, altrimenti amici come prima”, e i creditori, dovendo scegliere se prenderne pochi o non prenderne punti, accettano, e la trattativa è chiusa lì. No, invece questo signor Camperio monta la panna e dice che la Borsalino avrà un grande sviluppo, promette di conservare gli attuali dipendenti e di assumerne di nuovi. Poi si lancia in proclami macroeconomici parlando del futuro mondiale di Alessandria: “Perché noi prendiamo in carico non solo un marchio, ma anche una storia, un destino, un modo di vivere. Come si fa a vendere cappelli a Tokyo, Mosca, New York se non si parla del luogo dove vengono fatti? È come la Ferrari. Non si vende solo un cappello ma anche una storia, una cultura, un savoir faire vecchi di due secoli (e il paragone non calza perché la Ferrari ha poco meno di settant’anni – n.d.r.), la visione che ebbe Giuseppe Borsalino quando diede inizio a tutto questo”. Come se Maranello, da quando c’è la Ferrari, fosse diventata Detroit. Insomma, si ha l’impressione che questo bravo ragazzo poco più che quarantenne la racconti molto bene ma in mano non abbia niente. Parla di gite organizzate ad Alessandria per vedere il museo del cappello e, di lì, sogna il rilancio della città, col suo ateneo, del Piemonte stesso. E poi spiega che il Museo può aiutare la Borsalino e la Borsalino può aiutare il Museo, in un’osmosi di crescita che si basa sul fatto che Alessandria è al centro di vie di comunicazione tra l’Europa del nord e quella mediterranea, turistica. Poi però ammette che tutta la vicenda si risolverà in una decina d’anni e qui il vecchio cronista storce il naso e inizia a sospettare che, stringi stringi, non vi sia granché. L’unica cosa certa, o almeno l’unica cosa che Camperio afferma con certezza, è che affitterà l’azienda durante la fase del concordato. Beh, potevo farlo anch’io. Evidentemente siamo di fronte ad un caso di “Concordato di continuità con assuntore” che fa nascere la “Borsalino due” per garantire la produzione, ma non sono garantiti i posti di lavoro e gli impegni pregressi sarebbero a carico della vecchia azienda. Ma Camperio, al di là dei proclami e delle belle parole che piacciono tanto a Rita Rossa, non ha ancora presentato – almeno per quanto mi è dato sapere – un dettagliato piano industriale. E allora, di cosa stiamo parlando?
Leave a Reply
Devi essere connesso per inviare un commento.