Alessandria (Tino Balduzzi) – Mentre ancora pochi decenni fa si beveva acqua proveniente per lo più dalla prima falda, ora gran parte dell’acqua potabile proviene da almeno 100 metri di profondità e in California hanno iniziato ad usare acque, ferme da millenni, che provengono da profondità molto maggiori.
Per questo la Regione Piemonte, alla ricerca di fonti di approvvigionamento idrico per il futuro, aveva sollecitato a Consiglio Nazionale delle Ricerche e Università di Torino una ricerca sull’ubicazione di eventuali falde profonde. Il risultato è “Geologia e idrostratigrafia profonda della Pianura Padana occidentale”, Nuova Lito, Firenze, Ottobre 2009. Identifica tre grandi “serbatoi” nell’alessandrino, nel cuneese e nel vercellese. Essi arrivano a circa 1500 metri sotto il livello del mare per uno spessore utile di quasi 1000 metri di falde acquifere, mentre nel resto della regione l’acqua è molto scarsa, tant’è che nel Monferrato l’acqua arriva dal vercellese da molti decenni.
Basta esaminare la situazione relativa ad Alessandria per capire che in tutta la vasta area compresa tra Alessandria, Pozzolo Formigaro, Sezzadio e Oviglio occorre ridurre al minimo l’inquinamento esistente e soprattutto è insensato aggiungerne dell’altro.
Su www.regione.piemonte.it/ambiente/acqua/dwd/documentazione/testo_idrostat.pdf la pubblicazione è consultabile (un’immagine relativa ad Alessandria è a pagina 117). Sicuramente dal 2013, ma probabilmente non prima di allora. Di certo il documento ha faticato a diffondersi in Arpa, tant’è vero che è stato riportato nel processo Solvay solo nell’estate 2014. Di certo di esso non è stato tenuto conto nei progetti delle discariche Riccoboni a Sezzadio e Aral a Spinetta Marengo. Soprattutto non ha influito sulla destinazione delle terre e rocce da scavo del Terzo Valico, non solo nel piano cave del 2005, ma anche in quello del 2012.
Vediamo se ne terranno conto il 23 aprile 2015 quando a Torino in una conferenza di servizi Rita Rossa, Sindaco di Alessandria e Presidente della Provincia, dovrà rispondere alla richiesta di accogliere la parte più inquinante delle terre del Terzo Valico. Lei da sola, senza la necessità di consultare nessuna Giunta e nessun Consiglio. E senza la necessità di consultare i cittadini, perché questo è ciò che da queste parti viene chiamata “democrazia”. Vedremo se sarà degna di aver avuto il microfono a disposizione per ricordare Don Gallo al suo funerale. Vedremo se penserà anche un momento a cosa lui avrebbe fatto al posto suo.
Fino al 14 aprile, quando il libro e l’immagine riportata le sono stati mostrati, Rita Rossa non era al corrente dei risultati di quella ricerca. Lo ha ammesso e non lo ha smentito quando è stato detto in pubblico poco dopo. Non saperlo non era colpa sua. Ma adesso lo sa. Come sa benissimo che non si tratta solo dei rifiuti connessi alle modalità di scavo, ma anche di quelli connessi alla famelica ricerca di luoghi di smaltimento illegale da parte della mafia dei rifiuti.
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