Treni in ritardo, treni soppressi perché manca il macchinista, treni freddi d’inverno e caldi d’estate perché manca la manutenzione, biglietterie chiuse dopo le 19 perché i sindacati dicono che va bene così e i ferrovieri stanno a casa, ferrovieri pensionati baby a 38 anni (negli anni 70 e 80), ferrovieri perennemente in mutua, ferrovieri in mutua che fanno il secondo lavoro in nero, ferrovieri in sciopero, insomma un disastro. Le ferrovie italiane sono state uno dei grandi approdi di fannulloni parcheggiati, assunti per spintarelle politiche, un refugium peccatorum dell’Italia degli sprechi. E non è finita perché, nonostante la crisi, i ferrovieri restano, tra tutti i lavoratori, dei privilegiati. L’Inps ha reso noti i numeri sulle loro pensioni e ne risulta che, se il calcolo avvenisse con il metodo contributivo, gli assegni del fondo speciale Fs in pagamento nel 2015 (vecchiaia e anzianità) per il 27% di loro si ridurrebbe addirittura del 30% e oltre. L’Inps segnala che la maggioranza dei ferrovieri andati in pensione tra il 2000 e il 2014 percepisce un assegno superiore di almeno il 20% a quello che avrebbero avuto con il calcolo contributivo, il 36% gode di un importo tra il 20% e il 30% superiore, il 19% di un extra fra il 30% e il 40% mentre l’8% incassa il 40% in più. Solo il 2% ha assegni inferiori di più del 10% rispetto a quelli che otterrebbe con il contributivo. Ad esempio un ferroviere andato in pensione nel 2010 all’età di 59 anni (era ancora possibile con le quote età e anzianità) con una pensione lorda mensile di 3.240 euro percepisce una prestazione di 583 euro più alta di quella che avrebbe ottenuto con il ricalcolo contributivo. E io pago.
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