L’inoppugnabile vittoria casalinga colta mercoledì scorso dai Grigi a spese della Pro Patria ha avuto effetti taumaturgici nei confronti di tutti quelli tornati con le pive nel sacco dall’esodo municipal-popolare di Bassano. E di commenti della conseguente battuta d’arresto in terra veneta (i Grigi hanno perso tre a due), se ne sono sentite di ogni genere ma, credo, frutto più di frustrazioni che di analisi tecniche. Della serie: “pensavo di vivere la giornata perfetta del tifoso al seguito dei miei amati Grigi e sono ritornato/a scornato/a perché abbiamo perso “. I giocatori, il mister, i dirigenti e lo staff mandrogno invece non hanno avuto nemmeno il tempo di recriminare su una sconfitta che poteva essere, con un po’ di freddezza in più da parte di qualcuno dei nostri, un dignitoso pareggio in quanto, già a metà settimana, c’erano i Bustocchi pronti a giocarsi il tutto per tutto al Mocca. Naturalmente – penserete voi – si sono dati da fare tutti, ognuno nel proprio ambito, per far sì che il gruppo recuperasse serenità e fosse nelle condizioni ideali per giocarsi la partita della vita contro la Pro Patria. Sbagliato. In realtà nei giorni e nelle ore che sono intercorse fra la sconfitta in terra veneta e la vittoria casalinga contro i Tigrotti è successo di tutto, o quasi.
SILENZIO STAMPA
La maggior parte degli sportivi di casa nostra purtroppo non può saperlo: chi avrebbe dovuto correttamente informare gli sportivi e i lettori ha deliberatamente deciso di non farlo, perché, magari, pensa che il popolo grigio sia una branco di bietoloni ai quali bisogna far sapere solo quello che fa comodo, come accadeva in Urss con la Pravda ai tempi del Politbureau. O, se preferite, quello che succedeva ai tempi del direttorio Pavignano- Gattopardon, Svicolone – Menegatti e Scusatis, in compagnia di altri “geni della lampada” più o meno noti, che hanno sostanzialmente raso al suolo una società resuscitata dalla politica per tentare di metterla in liquidazione otto mesi dopo. Fortunatamente allora si era affacciato alla ribalta chi scrive, Cichinisio il quale ha svelato, per filo e per segno, le minchiate, le piccinerie e le arroganze di quella disastrosa gestione tecnica e sportiva perché, se aspettavate di farvi un’opinione da quella scalcinata compagnia di dilettanti allo sbaraglio che risponde al nome di Cerchietto Magico, ci saremmo trovati tutti ultracentenari senza sapere cosa fosse successo in casa grigia. Poi è arrivato Di Masi a togliere le castagne dal fuoco ma, per alcuni dirigenti d’allora, pare fosse meglio vivacchiare in Eccellenza (categoria peraltro già troppo impegnativa per loro ) con loro alla testa della società, che non cercare di immaginare l’Alessandria Calcio nelle categorie che le competono.
“CI PENSIAMO NOI CHE ABBIAMO IL GRIGIO NEL CUORE”
Difatti è stato il maggior azionista Capra a portare avanti da solo le trattative con l’attuale presidente e decidere di cedere baracca e burattini senza consultare certi soci riottosi, forse preoccupati di abbandonare il loro ultimo giocattolo usato forse anche per scopi personali. Quanto al Cerchietto, guidato dal Grande Capo Penna (S)Cadente, il caravanserraglio di certi pennivendoli dall’encefalogramma piatto ha assistito inerte alla rivoluzione di gennaio senza capire bene cosa stesse succedendo ma convinto che, dopo i classici annusamenti iniziali con la nuova proprietà e le solite ambigue lenzuolate giornalistiche, tornasse tutto come prima. Anche certi ideologi del tifo mandrogno, sodali e alleati del Cerchietto di cui sopra nel birignao della reciproca legittimazione, pensavano di poter continuare a condizionare le scelte della nuova proprietà “rinnovando” su giornali e social contratti a giocatori bolliti e dirigenti incapaci che avevano il solo merito di essere stati funzionali, in passato, ad una sorta di “gestione unitaria” del calcio autoctono. Della serie: qualcuno ci metta i soldi che a fare le scelte giuste ci pensiamo noi “che abbiamo il grigio nel cuore”. Questa logica ha portato in tre lustri un fallimento, altri due evitati dalla politica, due campionati in Eccellenza, quattro in Serie D e una quantità inimmaginabile di risorse economiche bruciate inutilmente sull’altare dell’opportunismo, della vanità e dell’egocentrismo di qualche trombone (e trombetta) che si crede un giornalista, alleato/a a titolati tifosi. E fino a quando Di Masi e i suoi non prenderanno definitiva coscienza (rispetto al passato, invero, certi assetti sono già cambiati) che è la società ad essere l’unica titolare del marchio, della storia e delle emozioni che può suscitare, i dirigenti saranno sempre alle prese con chi tenterà di “tirare per la giacchetta” la proprietà e i quadri tecnici, soprattutto nei passaggi più difficili della stagione.
LO SFOGO DI GUAZZO ED IL PATROCINIO DI CERTI TIFOSI
Ma ora veniamo a cosa è successo prima della partita contro la Pro Patria, e trattiamo di situazioni che in tribuna stampa erano note e variamente commentate durante l’ultima partita, ma sulle quali nessuno ha osato scrivere una riga. Fermo restando che non c’è sicuramente bisogno del contributo di certi scienziati della pelota per sapere che nella rosa mandrogna, almeno sotto il profilo tecnico, la presenza di un Guazzo tonico e motivato è un valore aggiunto, lunedì scorso alcuni tifosi (non è ancora chiaro chi ha sollecitato l’incontro ma propenderei per un concorso di colpa) organizzano un summit con Guazzo. Durante l’incontro i tifosi si accertano delle condizioni psicofisiche del nostro bomber lasciato nel gennaio scorso ai margini della squadra da Di Masi. Il giocatore risponde di essere pronto alla pugna e si rammarica delle presunte ingiustizie subìte a causa della sua prorompente personalità che “darebbe fastidio a qualcuno”. Per i tifosi, approvati da riconosciuti ideologi della curva, ce n’è abbastanza per presentarsi in sede la mattina dopo ed invitare il “capriccioso” presidente a soprassedere su alcuni trascurabili aspetti comportamentali censurati a suo tempo in base a princìpi ormai obsoleti e reintegrare il talentuoso attaccante perché “ce n’è tanto bisogno”. Il Presidente rifiuta l’incontro, è vero, ma ormai la frittata è fatta, perché, ancora una volta, si aggiungono difficoltà di cui si sarebbe volentieri fatto a meno.
CUSTER, TI PREGO, PENSACI TU
Difficoltà che, se presenti in un gruppo debole e poco professionale, porterebbero alla compromissione di una stagione sportiva. Assolvo gli ingenui tifosi convinti che, con due pacche sulle spalle, si potesse risolvere un problema che non è di facile soluzione, ma non è accettabile il colpevole silenzio stampa di certi pennivendoli sportivi alessandrini sull’intera vicenda. A tal proposito, con l’aiuto indispensabile del collega Louis Cyphre, richiamo dall’oltretomba il Generale George Armstrong Custer, mandato all’altro mondo da Geronimo, a riprendere servizio permanente effettivo per affrontare un altro capo indiano, un po’ scalcinato e facilmente battibile come Penna (S)Cadente, tanto per cominciare. Stavolta, ne sono certo, non si farà battere e ci libererà definitivamente di tale persona, una iattura che da trent’anni condiziona negativamente la storia dei Grigi, pur avendola usata per costruirci sopra le proprie fortune professionali ed economiche.
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