Milano (Giusto Buroni) – Per onore di verità dobbiamo intervenire per correggere le numerose sciocchezze scritte sul teleriscaldamento ad Alessandria da chi dovrebbe tornare a scuola a studiare anziché scrivere sui giornali. Ma la scuola, quella seria, dove si studiava e basta, non esiste più e chi prende uno straccio di laurea conferita da altri ignoranti che siedono sulla cattedra crede di sapere già tutto, per cui, vittima della sua puerile presunzione, finisce facile preda dei furboni che alle sue spalle fanno i loro interessi a danno della collettività.
QUANTO E COSA SI PRODUCE?
Tornando a bomba, come si dice, mi preme precisare che una centrale a cogenerazione dovrebbe puntare al massimo del rendimento elettrico e usare per il riscaldamento ciò che avanza. Quindi per un utilizzo ottimale occorrerebbero almeno due centrali a cogenerazione delle dimensioni di quella proposta (sempre se gli utenti sono 65.000). Se ci si accontenta di 25 MW elettrici la centrale è sottoutilizzata e lo spreco di combustibile è enorme (ma c’è di mezzo Legambiente dell’ingegner De Benedetti, e non c’è da meravigliarsi di niente).
60 ANNI DI VITA SONO TROPPI
Che poi l’impianto duri 60 anni è molto dubbio: di solito i progetti esistenti si accontentano di una trentina, perché a quel punto la manutenzione diventa praticamente impossibile anche per l’assenza di pezzi di ricambio. Solo le piramidi d’Egitto, che sono fatte di pietre immobili, durano di più, e anche loro dopo 30 anni cominciavano ad essere fortemente erose dalla sabbia e dal vento. I reattori nucleari (e magari le stazioni spaziali) durano molto più di 30 anni, e se la centrale di Alessandria si pone obiettivi del genere dovrebbe costare almeno mezzo miliardo di euro e non 95.000 (una centrale nucleare da 600 MW elettrici costa oggi quasi 6 miliardi di euro).
SI TRATTA D’UN IMPIANTO SUFFICIENTEMENTE DIMENSIONATO?
Mi pare che 700 allacciamenti per 65.000 abitanti (se ho capito bene) significa servire (riscaldare) una novantina di abitanti per ogni allacciamento. Tuttavia è preferibile una rete di teleriscaldamento completamente raddoppiata (si dice “ridondante”) per evitare che un guasto lasci al freddo centinaia di famiglie in pieno inverno. Probabilmente i progetti moderni tengono già conto di queste eventualità e il numero di allacciamenti relativamente elevato della proposta di Alessandria non mi meraviglia. La domanda è: gli abitanti di Alessandria vivono prevalentemente (65%) in grossi condomini o piuttosto anche in piccole abitazioni? Perché in quest’ultimo caso gli allacciamenti necessari sono molti di più e, a meno di grossi risparmi ottenuti sulle bollette, conviene tenersi l’impianto esistente.
QUALE COMBUSTIBILE?
Quanto all’uso del gas come combustibile, ne ho già scritto diffusamente negli articoli precedenti, ma vedo che nel progetto attuale si prevede la conversione (dopo mezzo secolo?) ad altri tipi di combustibile, per esempio rifiuti, anche se dopo mezzo secolo, anzi molto prima, si spera che l’impianto sia già ammortizzato. Questo è un altro motivo per cui i 60 anni di durata prevista sembrano inutili e la sostituzione del tipo di combustibile non avverrà mai.
GAS SERRA
Resta l’ultimo argomento con cui si vuole convincere i cittadini che il teleriscaldamento, qualunque ne sia il costo, è un affare: la minore emissione di gas serra o inquinanti nell’atmosfera. Si scoprirà fra qualche anno che queste minacce sono state da sempre sopravvalutate e che comunque un po’ di buona volontà e il corrispondente investimento (in tal caso utile) possono produrre adeguati depuratori del combustibile all’ingresso e dopo la combustione.
RISPARMIO? DOVE? QUANDO?
Quindi i cittadini faranno bene ad esaminare il reale risparmio totale ed immediato sulle bollette: secondo me se la spesa non è almeno del 10% inferiore a quella attuale (garantita con un impegno di almeno 30 anni) non vale la pena di affrontare i disagi di una rivoluzione del genere.
Tutto ciò salvo smentite credibili ed accettabili.
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