dal Mocca di Alessandria – Faccio un salto indietro per fare un parallelo tra una partita che in città ricordiamo con particolare piacere (Alessandria – Verona giocata al Mocca il 13/3/2011 e vinta dai Grigi per 2-1) e l’Alessandria attuale. Sapete quanta gente c’era sugli spalti quel giorno di primavera? In tutto 2430 spettatori. Considerando una robusta presenza veronese, una classifica favorevole per i nostri – i quali sciorinavano un calcio di qualità, un avversario di richiamo e grandi motivazioni di classifica delle contendenti, chiediamoci: gli alessandrini accorsi allo stadio quella volta (e la volta prima e la volta dopo…) erano tanti, erano pochi o erano giusti? A spanne direi che pochi mandrogni in quell’annata hanno seguito sistematicamente la squadra, e dico perché. Pensare che allora di “spezzatino” manco si parlava, che il Grande Capo Penna Scadente era al massimo storico di popolarità sia in società che fra i tifosi e faceva ancora le pagelle il lunedì sul suo giornale, che gioco, giocatori e allenatore erano il meglio possibile, che c’erano in società personaggi alessandrini doc e che arrivavamo sparati dalla Serie D. Provo a rispondere: perché nessuno in città credeva in quella dirigenza di avventurieri, e mi riferisco alla proprietà e a tutto quel che ci stava dietro, sopra, sotto, di fianco. E se togliamo il lato sportivo che in quell’annata che ha avuto le caratteristiche del miracolo irripetibile, la gente di Alessandria aveva ragione: è bastato infatti aspettare fine stagione per capire quale verminaio si nascondesse dietro quella gestione. Ma se allora la diffidenza nei confronti di Veltroni aveva fatto la differenza oggi la fiducia sincera e totale della piazza nei confronti di Di Masi dovrebbe essere un formidabile propellente per riempire lo stadio. Purtroppo, qui come altrove, si parla sempre di chi e a chi alla partita va, e non invece di chi e a chi alla partita non va. La differenza, infatti, la fanno proprio i “non tifosi” dei Grigi, ma che potrebbero diventarlo. Credo che oggi l’Alessandria abbia tutte le caratteristiche per essere il punto di riferimento rispetto ad una più vasta platea che ha fin qui snobbato il Mocca. Parlo soprattutto di tutti gli sportivi che praticano a vario titolo il calcio dilettantistico nel territorio i quali, sicuramente appassionati di questo sport, potranno assistere con interesse e competenza ad un evento calcistico di alto livello almeno due volte al mese. Proprio qui sta quindi la validità del progetto “spezzatino“ e sono meravigliato che tutti gli scienziati di casa nostra non abbiano colto questo aspetto così semplice: andare a prendersi “clienti” delle realtà più piccole che numericamente rappresentano un serbatoio formidabile e si tratta di sportivi pronti ad apprezzare uno spettacolo calcistico di alto livello che l’attuale Lega Pro già offre e che potrà migliorare non appena venga perfezionata la ristrutturazione dei campionati. Una opportunità davvero strategica dunque per uno spazio ed una visibilità tutta nuova la rivoluzione voluta da Macalli, il quale è dipinto dai detrattori come “ vecchio” e “ rimbambito”. In realtà il Presidente della Lega Pro ha dimostrato di essere un dirigente calcistico di livello assoluto, dotato di coraggio e fantasia, altro che i lacchè de “ il passato mai così rimpianto” che, per opportunismo e piaggeria, fanno precipitose ed imbarazzanti marce indietro, dopo aver cavalcato in un primo tempo, per opportunismo e piaggeria, la tigre della “ partita la domenica pomeriggio a tutti i costi “. Adesso passiamo alla partita della domenica pomeriggio, cioè Alessandria – Arezzo, terminata con una soffertissima vittoria dei Nostri. Naturalmente le valutazioni sul match da parte dei giornalisti alessandrini partono dalla fine, cioè dal risultato. Della serie :” brutta partita, ma l’importante era vincere “, come da bambini quando i genitori ti mettevano un po’ di zucchero per farti bere la medicina dal gusto disgustoso. Non oso immaginare cosa avrebbero detto e scritto se l’Arezzo non avesse avuto un’amnesia al 87’ st e Taddei non avesse poi trovato la giocata giusta. I toscani in realtà hanno giocato l’incontro nell’unico modo possibile, almeno per loro, volto a portare via almeno un punto dal Mocca. E dico almeno un punto perché sarebbe bastato un minimo calo di tensione da parte grigia per trovarsi in svantaggio, “ bucati” magari da una fortunata ripartenza amaranto, protesi 90’ a cercare di sbloccare il risultato: un classico, almeno per chi un po’ di calcio l’ha visto ed analizzato. Il grande gesto tecnico è comunque arrivato, magari alla fine ma è arrivato, così come è arrivata pure l’ingenuità aretina sul finire della loro “ partita perfetta” . Potevamo noi essere brillanti ,divertenti e giocare un incontro spensierato quando ti trovi davanti un avversario che ti affronta lasciandoti 70 metri di campo a disposizione e tagliando sapientemente tutte le vie che portano il pallone ad un tuo giocatore con un po’ spazio davanti a sé? Questo è stato il tema della partita e questo tema D’Angelo e i giocatori mandrogni erano chiamati a svolgere e, a prescindere dal punteggio finale, l’hanno svolto bene. Se poi qualcuno ha la ricetta infallibile per far valere le nostre indubbie buone individualità anche contro avversari così tatticamente ben disposti e motivati è pronto per una panchina di serie A. Sempre che tenga a mente che quando la nostra squadra scende in campo ha davanti un avversario che ha spesso la voglia di vincere quanta ne abbiamo noi ed un patrimonio tecnico, tattico e caratteriale sulla carta simile al nostro. Rimettete quindi le spade nel fodero, l’agguato a D’Angelo lo si farà si, ma la prossima volta. E ai giornalisti che cambiano opinione pur di non contraddire Di Masi consiglio di smettere di spazzolare con la lingua il Presidente perché, oltre a fare la figura dei ruffiani, rischiano che il buon Luca si monti la testa a furia di non avere mai contradditori.
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