Alessandria (Andrea Guenna) – Si sta ingarbugliando, e non poco, la vicenda del falso di Zaccone a proposito della mancata richiesta di compensazione orizzontale (la verticale si fa dopo) che avrebbe dovuto fare entro il 15 settembre del 2010 alla Regione Piemonte. Infatti negli ultimi giorni sono saltati fuori documenti falsi, date false, nomine revocate, interrogazioni parlamentari e, naturalmente, le solite inesattezze pubblicate sul solito foglio. Io pubblico i documenti e le mie argomentazioni, per questo motivo, sono incontrovertibili. Evidentemente ho avuto buoni maestri.
Ma ho sbagliato qualcosa anch’io perché ho scritto che Mago Zac, massone del Grande Oriente d’Italia, è affiliato alla loggia Marengo 1061 di Alessandria, mentre è affiliato alla Loggia Santorre di Santarosa n. 1 con sede in Piazza D’Annunzio.
Dopo i preamboli, passiamo ai fatti, che sono di una gravità enorme perché si tratta di più falsi in atto pubblico collegati fra loro ed è necessario capire chi li ha commessi. Se è solo Zaccone o se ci sono dei complici. Se sono ad Alessandria o anche a Torino, o in tutte e due le sedi. (clicca per leggere la puntata precedente e per vedere i documenti riprodotti: http://www.alessandriaoggi.info/index.php?option=com_k2&view=item&id=930:sulla-vicenda-di-zaccone-tutti-ritrattano-e-la-menzogna-dilaga&Itemid=102).
A questo proposito (falso in atto pubblico) l’articolo 476 del Codice Penale recita: “Il pubblico ufficiale, che, nell’esercizio delle sue funzioni, forma, in tutto o in parte, un atto falso o altera un atto vero, è punito con la reclusione da uno a sei anni. Se la falsità concerne un atto o parte di un atto, che faccia fede fino a querela di falso, la reclusione è da tre a dieci anni”.
Questo è il nostro caso perché il falso c’è. Anzi ce ne sono due. Infatti ci sono due versioni diverse dello stesso documento, identiche nella loro formulazione di base (la parte scritta a computer), con la stessa data, ma tutto il resto non combacia: le firme sono apposte in modo diverso, il timbro in fondo al foglio evidenzia una pressione di stampa diversa (in una versione del documento è più chiaro sotto, nell’altra è più chiaro sopra), il codice a barre del protocollo del Comune di Alessandria (lo stesso in entrambi i fogli) è posto in spazi diversi. Ma soprattutto il protocollo in entrata alla Regione Piemonte del documento spedito via fax da Alessandria ha una data falsificata. Non basta, perché il timbro del protocollo della Regione non è valido in quanto non è più in uso negli uffici degli Enti pubblici, sostituito dal protocollo col codice a barre, come quello in uscita da Alessandria (clicca ancora per visionare i documenti: http://www.alessandriaoggi.info/index.php?option=com_k2&view=item&id=930:sulla-vicenda-di-zaccone-tutti-ritrattano-e-la-menzogna-dilaga&Itemid=102).
È chiaro, a questo punto, che siamo di fronte ad una vera e propria associazione per delinquere perché se da Alessandria è stato prodotto un falso (il documento strombazzato dalla Inetti che presenta firme e bolli posti in aree diverse da quello protocollato in Regione), anche a Torino hanno falsificato un atto, ed è certo che più persone, almeno tre, abbiano architettato e messo in pratica la cosa (Zaccone, un probabile suo complice interno e chi ha falsificato il timbro a Torino) per cui, se la magistratura vuole procedere, deve farlo anche a Torino, e là c’è un “pitbull” che si chiama Guariniello. Non so se mi spiego.
In verità la vicenda è grave perché in seguito alla mancata compensazione orizzontale il Comune di Alessandria avrebbe sforato il patto di stabilità se il professor Luciano Vandone non fosse intervenuto sul bilancio per rientrare. In sostanza Vandone, all’epoca dei fatti assessore alle finanze, non ha fatto nulla di trascendentale, rimandando spese all’anno successivo e anticipando entrate nell’anno in corso. Non ha rubato niente, non ha truccato niente, ma ha operato in emergenza, secondo una prassi, discutibile ma frequente, e talvolta inevitabile in questi ultimi tempi in cui il patto di stabilità causa notti insonni ai nostri pubblici amministratori. Tutto è andato a posto ma lui, Luciano Vandone, il sindaco Pierarlo Fabbio e il ragioniere capo del dopo Zaccone dottor Carlo Alberto Ravazzano sono finiti sotto processo per una denuncia fatta in Procura da Mara Scagni, sindaca prima di Fabbio e in quel momento all’opposizione nelle file del Pd.
E pensare che la giunta Fabbio aveva ereditato un passivo gigantesco proprio dalla giunta di Mara Scagni con assessore alle finanze l’ineffabile Tortarolo ragionier Sandro da Novi Ligure.
So per certo che quando Luciano Vandone si è insediato come assessore alle finanze della Giunta Fabbio – siamo nella tarda primavera del 2007 – guardando i conti ha scrollato la testa. Era il disastro, perché il debito, dai tempi della sindaca Calvo, era raddoppiato. Fu lo stesso Fabbio a convincere Vandone a raccogliere la sfida e governare cercando di portare Alessandria fuori dal dissesto che era nei numeri. Era stato proprio il ragioniere di Novi, assessore al bilancio della Giunta di sinistra che ha governato dal 2002 al 2007, a generare in cinque anni un ulteriore buco (debito aggiuntivo a quello per i mutui già in essere) di 125 milioni di euro così ripartiti:
- nuovi mutui passivi per 82 milioni circa;
- nuovo debito di tesoreria per 18 milioni circa;
- nuovo debito verso i fornitori per 15 milioni;
- nuovo debito verso le partecipate per 10 milioni circa.
Il debito a medio – lungo termine è esploso dal 2002 al 2007 di ben il 112% passando dagli iniziali 72,994 milioni lasciati dalla Giunta di Francesca Calvo, che ha avuto però quasi 90 miliardi di lire (circa 45 milioni di euro) di contributi statali a fondo perduto per l’alluvione del 1994, a 154,781 milioni lasciati dal ragionier Sandro Tortarolo assessore al bilancio della Giunta Scagni. Debito che, con la Giunta retta da Piercarlo Fabbio, si è fermato. A causa dell’aumento del debito che si è verificato nel quinquennio 2002-2007 il costo delle rate di ammortamento è raddoppiato passando dai 5,985 milioni di euro del 2003 (bilancio Giunta della Lega) a 11,614 milioni di euro del 2007 (bilancio Giunta di sinistra) per poi sostanzialmente stabilizzarsi nei cinque anni successivi (Giunta di destra). In soldoni il tutto si traduce, oggi, in una rata mensile superiore al milione di euro, e questo per altri anni a venire (i mutui accesi dalle Giunte precedenti durano infatti 20-25 anni).
C’è da dire che l’attivo patrimoniale del Comune è sistematicamente cresciuto e la Giunta di Piercarlo Fabbio a maggio 2012 ha lasciato, tra beni immobili e investimenti realizzati negli anni di legislatura, quasi 500 milioni di euro (comprensivi del valore aggiornato delle reti di metanizzazione, aumentato, per gli investimenti effettuati, di € 48.033.080,00). Inoltre le partecipate avevano, al momento dell’insediamento della giunta retta da Rita Rossa (nella foto web), un costo del personale a carico del Comune diminuito dell’11% perché gli addetti erano passati, per trasferimenti e cessioni, da 910 a 665. L’incruenta riduzione del personale e del relativo costo era dovuto proprio all’attenta amministrazione messa in atto da Luciano Vandone.
Ma tutto ciò non ha impedito a Rita Rossa di lanciarsi in dichiarazioni per lo meno avventate, degne della più becera propaganda, quando nel 2012 affermava che Fabbio e Vandone avevano costretto Zaccone a firmare bilanci falsi. Naturalmente è una bufala, una delle tante, troppe bufale propinate da Rita Rossa, in quanto i bilanci di cui parla, al momento in cui Zaccone ha dato le dimissioni (siamo nell’inverno del 2010), non c’erano ancora, tant’è vero che, come risulta dagli atti, il Consiglio Comunale li avrebbe approvati cinque mesi dopo, cioè nel maggio 2011. Quindi Zaccone non poteva firmarli perché al suo posto si era già insediato il dottor Carlo Alberto Ravazzano.
La verità è che la tragica omissione di Mago Zac avrebbe causato lo sforamento se Vandone non si fosse ingegnato a riequilibrare il bilancio con giochi di prestigio finanziari, e ciò è paradossalmente alla base della querela cinica quanto inutile firmata solo da Mara Scagni perché gli altri undici, che a parole volevano presentarla insieme, si sono defilati. La situazione precipitava fino al dissesto che si poteva tranquillamente evitare.
Di certo resta un falso su cui si sviluppa tutta questa tragica vicenda, degna di un romanzo di Piero Chiara, dove il paradosso si intreccia con la tragica comicità possibile solo in Italia e ad Alessandria.
Un doppio falso, un falso del falso, perché a Torino hanno falsificato un falso con una data falsa cambiata maldestramente (sotto la foto ingrandita del particolare).
Ma c’è un altro paradosso, ed è quello per cui Rita Rossa, politica di sinistra, difende Zaccone che era ragioniere capo, dopo essere stato assessore, per una giunta di destra che ha compiuto un falso in atto pubblico con la complicità di qualcuno che era in Regione Piemonte quando governava la giunta di destra di Cota. Insomma la pasionaria socialcomunista Rossa che difende la destra.
È un record anche questo.
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