Alessandria (Max Corradi) – Sulla vicenda Amag – Amiu (che vede la prima interessata all’acquisizione della seconda che è fallita) le domande si sprecano e le risposte mancano. Non temo smentita se dico che Amiu poteva avere ben altro destino se si fosse dato seguito alla gara vinta nel 2011 dall’associazione temporanea di imprese Amiu – Iren che, oltretutto, oltre a garantire a tutti i dipendenti il posto di lavoro per un’esplicita clausola del bando, avrebbe fruttato al Comune di Alessandria ben 42 milioni di conferimento in 20 anni di cui 15 incassabili subito. Quel contratto era straordinario, avrebbe messo in sicurezza la partecipata della nettezza urbana, avrebbe blindato i lavoratori, ma l’aveva pensato Luciano Vandone, assessore alle finanze d’una Giunta di destra, e non era da ratificare. Così la signora Rossa (ma che razza di consiglieri ha?) ha annullato senza motivo la gara, che era validissima, commettendo a tutti gli effetti un reato per danno erariale. E i giudici hanno chiuso un occhio, anzi, tutti e due. Ora Amiu la vuole Amag che, però, ha un bilancio farlocco (?) che probabilmente sarà da rivedere in toto se non si vuole che la società di certificazione lo bocci, mentre, per quanto riguarda Amiu, si discute se la si può vendere in blocco oppure a pezzi, ma non si fa cenno alla sorte dei 193 dipendenti dei quali almeno gli amministrativi saranno quasi certamente licenziati. Et voilà, altri 15 lavoratori a spasso, dopo quelli di Aspal, di Costruire Insieme, di Aristor, del Comune stesso, proprio perché cambiando la gestione, chi subentra ci mette i suoi. Che sia Amag o Pinco Pallino, non importa. Inoltre, se si vuole costituire la tanto strombazzata multiutility capitanata da Amag, Amiu entrerà per fare squadra, quindi si privilegeranno le scelte sinergiche per dare lo stesso servizio spendendo di meno, altrimenti l’operazione non ha senso. E ciò significa che ci saranno dei licenziamenti. Ma le ombre non si allungano solo nel campo occupazionale, perché spuntano anche sul fronte della trattativa. L’ultima (unica rimasta) offerta di acquisto al curatore fallimentare è arrivata da Amag ed è stata fatta proprio nell’ottica di creare la cosiddetta “filiera dei rifiuti” che prevede anche l’acquisizione di Aral che si occupa di smaltimento. Tuttavia, per fare ciò, non basta dare i soldi al curatore, perché bisogna inserire nello statuto dell’acquirente, nel caso che non ci sia già, l’articolo che prevede l’attività di raccolta e smaltimento. E Amag, nello statuto, quell’articolo non ce l’ha, e per averlo deve convocare l’assemblea dei soci e farlo votare. Cosa che non è stata ancora fatta. Non è finita, perché per comprare Amiu, Amag deve tirar fuori almeno 4,5 milioni – euro più, euro meno – di cui 1,6 milioni per l’acquisto, cui bisogna aggiungere ciò che si deve ai dipendenti, vale a dire il saldo degli stipendi e il Tfr. E qui c’è un altro problema perché Tfr è un acronimo che sta per “trattamento di fine rapporto”, chiamato anche liquidazione o buonuscita, che si da al momento della cessazione del rapporto di lavoro. Ergo, tutti i dipendenti saranno certamente licenziati e potranno solo sperare di essere riassunti dalla multiutility. Inoltre Amag tutti quei soldi non li ha per cui dovrà farseli prestare facendo ricorso a prestiti bancari, ma le banche, ultimamente, visto come è amministrata, non si fidano. Forse l’aiuto potrebbe arrivare da Bpm (ex Cassa di Risparmio di Alessandria) con un prestito di circa 3 milioni, pronti contro termine trimestrale. Altri soldi arriverebbero alle stesse condizioni da Unicredit. In entrambe le operazioni, secondo il Maligno, ci sarebbe lo zampino di Fabrizio Palenzona. Ma bisogna far presto perché il 18 dicembre, salvo proroghe, scade il periodo di esercizio provvisorio, mentre ancora troppe domande attendono risposta.
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