dal Mocca di Alessandria – L’incontro di venerdì scorso al Mocca contro il Pavia era uno snodo fondamentale per intuire la consistenza autentica della truppa mandrogna. La domanda è: la vera Alessandria è quella vista nei primi 10 minuti della partita, oppure quella titubante che, dopo il rigore condito di rosso (rifilato a Roberto Sabato), nel primo tempo si è abbassata troppo per subire gli attacchi degli ospiti? Diciamo che la prima versione era troppo bella per essere vera, la seconda invece ha patito anche la disposizione tattica del Pavia. Intanto proviamo ad affrontare il tema della sostituzione che D’Angelo ha dovuto inevitabilmente affrontare dopo venti minuti di gioco per ripristinare la linea difensiva mutilata dall’espulsione del nostro numero 4. In panchina i difensori erano Papaianni e Ferrani, entrambi destri. Sul nome di chi dovesse entrare nessun dubbio: il giocatore con le caratteristiche giuste era l’ex Teramo, e fin qui tutti d’accordo. Ma i dubbi in tribuna erano relativi al nome dell’attaccante da sostituire: Marconi, Guazzo o Taddei? Il mister ha optato per Taddei e in tanti hanno arricciato il naso. Sia chiaro, visto il risultato finale, nessuno ha poi osato dirlo o, peggio ancora, scriverlo, ma posso assicurare che i soliti sapientoni di casa nostra hanno commentato la scelta dell’allenatore in modo negativo. E, secondo me, qualche ragione l’avevano pure. È stato sostituito infatti il giocatore che aveva fin lì svitato la difesa azzurra giocando fra le linee partendo dalla tre quarti destra, aveva battuto una punizione da incorniciare ed era stato l’elemento protagonista della rumba che abbiamo suonato alla capolista nel primo quarto d’ora di gioco. D’Angelo invece ha fatto altri ragionamenti: ha tenuto in debito conto la stazza, la forza fisica, la disponibilità ad aggredire gli spazi e a regger palla di Marconi e Guazzo. In teoria – ma solo in teoria – il mister avrebbe potuto far entrare, contemporaneamente a Ferrani, anche Mora e attestarsi così con un ideale 4-4-1 (ne manca uno perché s’era in dieci) però rimanevano da giocare oltre 70’ con una sola sostituzione a disposizione e due giocatori in campo reduci da lunghe assenze per infortunio, con una panchina che non offriva più cambi tattici. Tutt’al più si può rimproverare al mister il posizionamento spesso orizzontale di Marconi e Guazzo quando siamo rimasti in inferiorità numerica ma sono sfumature, dato che la difesa avversaria non rischiava mai il fuori gioco (e il gol di Guazzo ne è la prova). Mi preme invece sottolineare il nome di un nostro alleato insospettabile in questa partita condizionata da un cartellino rosso dopo 17’: Riccardo Maspero, professione allenatore, per nostra fortuna seduto sulla panchina del Pavia. Questo maestrino infatti, visto che il rifrullo messo in atto nel primo tempo da quei volponi di Soncin, Cesarini e Cardin nel nostro settore difensivo mancino con Sosa vittima predestinata, ci creava immensi grattacapi, cosa si è inventato al 1’st ? Semplice, mettere al centravanti un pennellone come Falconieri e dirottare Cesarini a fare la punta d’appoggio: un autentico genio della lampada, anzi, della pelota perché grazie a questa genialata il nostro grande problema è stato risolto… dall’avversario! E adesso parliamo di arbitri. Non entro nel merito se il rigore fischiato al 17’pt ci fosse o meno, oppure se il rosso a Sabato fosse giustificato perché dalla tribuna e dalle riprese televisive era impossibile giudicare. Vorrei invece parlare della figura dell’arbitro di calcio partendo da un postulato: non fischia pensando al pubblico, ai giocatori in campo, agli addetti ai lavori o al buon andamento della partita, come tutti siamo portati a credere. L’arbitro invece, nella quasi totalità dei casi, arbitra per ottenere una buona valutazione da chi lo osserva in tribuna, lo giudica e redige un rapporto della sua prestazione dal quale dipende la caratura delle partite che gli saranno assegnate e, di riflesso, la sua carriera. Dimenticando per un attimo cosa spinga una persona di normale intelligenza ad intraprendere l’attività di “giacchetta nera” dove il guadagno è minimo e l’odio che suscita periodicamente è massimo, mi permetto di ricordare che venerdì ad assistere ad Alessandria- Pavia c’era niente meno che Rosetti, designatore della serie C. Orbene, vi immaginate con quale spirito ha soffiato nel fischietto per tutto l’incontro tale Fabio Piscopo da Imperia sapendo di essere esaminato e giudicato da colui il quale deciderà della sua carriera? È ovvio che il nostro aveva in animo di dimostrarsi arbitro scrupoloso ed imparziale e, probabilmente, in occasione del rigore e dell’espulsione ha pensato di applicare in modo impeccabile il regolamento. Certo, in quell’attimo gli sarà pure passato per la testa che stava rovinando una partita fin lì splendida, cambiando gli equilibri delle due contendenti ma, in fondo, che gliene fregava a lui? Gli interessava solo che Rosetti a fine partita lo prendesse in considerazione per fargli arbitrare altri scontri al vertice in categoria e magari così sarà. Purtroppo il mondo arbitrale, all’interno del sistema calcio, si muove con logiche ed obiettivi che conoscono solo gli arbitri, anche se il giudice di gara è necessario e penso che più si parla di lui, più si titilli il suo ego, quindi è meglio lasciar perdere. Invece di scatenare le proprie ire su eventuali errori arbitrali sarebbe opportuno concentrarsi di più su quei particolari che ancora non convincono nella nostra squadra (continuando, per esempio, a subire questa media-gol partita a fine campionato ne avremmo subiti oltre 45, troppi) e riconoscere il valore dell’avversario di giornata, norme che giornalisti e addetti ai lavori sarebbe fondamentale praticassero. Quantomeno se vogliamo crescere ed applicare fino in fondo, almeno nel calcio, una meritocrazia che in questa città, chissà perché, viene sistematicamente violata da una classe dirigente imbelle, impresentabile e inamovibile.
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