Ho visto, vissuto e commentato un certo numero di campionati vincenti o, perlomeno, entusiasmanti dei Grigi. Alcune di queste squadre erano state costruite con lo scopo dichiarato di sbaragliare la concorrenza, altre hanno sorpreso un po’ tutti, altre ancora sono inaspettatamente fiorite nonostante le perplessità della vigilia. Studiare il passato significa capire il presente e prevedere, per quanto è possibile, il futuro. E lo voglio fare adesso insieme ai miei affezionati lettori perché penso che l’organico che Di Masi e Magalini stanno approntando per D’Angelo possa avere le caratteristiche tipiche delle squadre ambiziose in annate da ricordare. Le mie e le vostre aspettative vanno però declinate con altre variabili al momento imprevedibili come le eventuali stagioni dritte o storte dei giocatori cardine, gli infortuni nei momenti topici della stagione o la capacità e la fortuna di capovolgere a proprio favore le situazioni difficili.
Partiamo proprio dalla C Unica, stagione ‘72/’73: Remo Sacco è il dominus mentre Pippo Marchioro l’allenatore. L’Alessandria vince la Coppa Italia Semipro in finale contro l’Avellino e in campionato lotta fino all’ultimo per il primo posto ma non ce la fa. I big erano, tra gli altri, Musa e Lorenzetti, mentre tra i giovani si distinsero Maldera II e Salvadori. L’anno successivo invece fu cavalcata trionfale e serie B con Dolso, Reja, Mazzia e Volpato sugli scudi coi giovani Di Brino e Manueli determinanti. Sempre con Ballacci mister, Quaglia DS e Sandroni sulla tolda di comando si vinse la C2 nell’annata ‘81/’82, Colusso e Pasquali i profeti di quella formazione messa insieme tra grandi difficoltà mentre i giovani leoni erano Soncini, Falco e Zerbio. Adesso passiamo all’anno ‘84/’85 coi Grigi di Calleri e Regalìa DS, è C2 e la promozione persa in uno storico spareggio: Scarrone, Marescalco e Da Re con Gregucci, Carrera e Sgarbossa emergenti. Poi arriva il grande presidente Amisano e, dopo due anni ( è l’88/’89), con Melani in panchina si ritorna in C1: Brilli, Manetti, Ferretti i giocatori chiave con Lazzarini, Ferrarese e Briata giovani leoni. Due anni dopo è ancora promozione in C1, la squadra è di Fioretti, Sabadini in panca, Accardi, Bencina e Mazzeo i grandi vecchi mentre tra i giovani emergono Bertotto e Fiori. Poi passiamo ai Grigi targati Spinelli e mister Maselli che ha vinto i play off di C2 con Scazzola, Montrone, Lizzani e Marcato mentre fra i giovani virgulti si segnalavano Scaglia, Grauso e Melara. Anche l’Alessandria del 2008/’09 di Bianchi, ripescata in C1 dopo un ottimo campionato, accanto al senatore Artico, ci sono i giovani Scalise e Rosso. Persino la stagione indimenticabile del duo Veltroni – Sarri, chiusa con i play off per la B, accanto ai vari collaudati Martini, Artico, Camillucci e Bonomi ha lanciato alla ribalta Pucino, Damonte e Ciancio con Colombi tarpato dal monumento Servili. Giusto nomi a mia memoria e mi dispiace se ho dimenticato qualcuno ma un dato certamente è comune a tutte le gloriose squadre che ho qui citato: si trattava quasi sempre di organici formati da giocatori piuttosto stagionati ma sempre spalleggiati da giovani di valore e di prospettiva. Penso infatti che, al di là delle opportunità di ordine economico, i giovani portino energie, spensieratezza e un po’di sana incoscienza, ingredienti che a volte sono decisivi per ribaltare situazioni compromesse. Adesso vorrei affrontare un altro tema che riguarda invece la presunta scarsa considerazione che il club mandrogno godrebbe presso “il palazzo”. Infatti ogni volta che ci capita un arbitro così così comincia la solita noiosa litania ispirata da certi giornalisti da operetta, con l’immancabile controcanto di qualche beota, secondo la quale “lassù qualcuno ci vuole male”. Ebbene, entro poche settimane, ci saranno inevitabili uscite dalla giunta guidata dal sanguigno Macalli. Potrebbe essere proprio questa l’occasione per Di Masi di riportare Alessandria nella stanza dei bottoni della politica del calcio di Serie C, sempre che il nostro giovane presidente se la senta. Certo, Luca possiede tutte le caratteristiche per sedere a certi tavoli e rappresentare certe istanze, e poi ha il classico aplomb richiesto ai dirigenti di Lega. Sempre che Di Masi non ci abbia già pensato.
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