LA DEMOLIZIONE DELLA CONCORDIA RISCHIA DI RIEMPIRE GENOVA DI AMIANTO; CONTEMPORANEO RILANCIO DELLE POTATURE SELVAGGE – I Verdi italiani sono come le automobiline a molla dei giocattoli dei bambini. Non corrono se non gli si dà la corda! Le varie associazioni ambientaliste, così attive e presenti contro le centrali nucleari che avrebbero ridotto l’utile dei petrolieri o quando l’avvento delle nuove “onduline in plastica” dei sottotetti dovevano sostituire quelle in amianto che costavano meno, perché tacciono di fronte alla notizia che la nave passeggeri Concordia sarà demolita a Genova? Eppure chi si occupa di inquinamento dell’aria sa benissimo che le città italiane più inquinate dalle fibre d’amianto presenti nell’aria, dopo Casale che lo lavorava, erano Genova e Trieste, proprio per conseguenza dei loro cantieri navali, allora assai attivi. Le navi costruite in ferro, sotto il sole, raggiungerebbero temperature inaccettabili, come del resto i vagoni ferroviari, i pullman, se non fossero state coibentate con l’amianto, del resto normalmente usato per isolare i tubi dell’acqua calda o del vapore negli impianti di riscaldamento dei moderni palazzi (tra l’altro l’interno del teatro di Alessandria è stato demolito per la presenza di un paio di chili di amianto che ricopriva alcuni tubi della sua caldaia). E questo dimostra come in alcuni casi ci sia mossi spinti da preoccupazioni perfino eccessive. Ora una nave passeggeri utilizzata per crociere estive come la Concordia contiene centinaia di tonnellate di amianto tra una lamiera e l’altra delle sue strutture, molte delle quali andranno sicuramente disperse nell’ambiente durante la sua demolizione. Proprio per questo motivo un tempo le navi non venivano demolite a Genova, ma a Vado, territorio nel savonese, allora assai poco popolato. Il movimento dei venti che, come è noto, per 12 ore tirano verso il mare e per le altre 12 verso terra, interesserà sicuramente i territori del genovesato, del novese e dell’ovadese con conseguente ricaduta delle polveri in essi contenute. Come del resto avveniva quando i cantieri di Genova lavoravano a pieno regime anche se non lo si diceva ai residenti per non preoccuparli lasciandoli ammalare in silenzio. In questo nostro paese a civiltà limitata mentre non ci si preoccupa di un pericolo reale se ne inventa un altro, che non esiste, con grandi titoli sui giornali se interessa a qualcuno solitamente abituato a vivere sfruttando la corruzione dei politici e la possibilità loro data di impossessarsi dei beni pubblici. Sul giornale “La Repubblica” sono apparsi a piena pagina i seguenti titoli con un rilievo che solitamente si dà ad eventi catastrofici come terremoti o grandi alluvioni: “Albero crollato muore anche la bambina” e ancora: “Così il verde in città può uccidere”. E avanti così, con articoli tra il delirante e il demenziale, alcuni neanche firmati, perchè ci si vergognava nel farli. Per questa campagna vergognosa dobbiamo ringraziare quel capitalismo marginale e miserabile che per campare abbisogna di legname a costo zero e non ha trovato di meglio che far potare in modo irrazionale e distruttivo il verde delle città italiane. Il tutto ovviamente con la complicità dei politici locali, a secco di soldi dopo le ristrettezze di bilancio di questi ultimi tempi. Il bello è che la campagna contro le potature selvagge era stata iniziata proprio dal quotidiano “La Repubblica”, con alcuni articoli seri degni di un paese civile. Anche “La Stampa” di Torino, tradizionalmente più timida nel proprio agire, aveva pubblicato una lettera in difesa di alberi e viali selvaggiamente amputati. Per chi ha esperienza di giornalismo è stato chiaro come il “lumpen” capitalismo italiano si sia mosso facendo pressione sulla proprietà dei giornali facendo loro capovolgere le originali prese di posizione. Ci permettiamo di far notare che se il nostro capitalismo, anziché buttare soldi nelle squadre di calcio (Moratti ha speso più di 2000 miliardi di lire solo per l’Inter, Berlusconi ed Agnelli, proprio negli anni in cui chiudeva il reparto ricerche della Fiat, hanno buttato cifre analoghe, se non maggiori, nel Milan e nella Juventus), avesse finanziato la ricerca scientifica e l’innovazione tecnologica, oggi l’Italia non sarebbe finita nel baratro in cui si trova ma sarebbe un paese civile europeo e non farebbe parte dei paesi latini le cui classi di potere sanno solo fare debiti, svalutare la moneta, sfruttare le classi subalterne con la complicità di politici simili a loro.
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