Secondo indiscrezioni attendibili si viene a sapere che Papa Benedetto XVI aveva già deciso di lasciare il Pontificato nel marzo 2012, dopo un viaggio in Messico e a Cuba, dove aveva scoperto la prima parte di un rapporto elaborato dai cardinali Julián Herranz, Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi. In quel documento erano riassunti gli abissi nei quali era caduta la Chiesa: corruzione, finanze occulte, guerre fratricide per il potere, furti massicci di documenti segreti, lotte tra fazioni e riciclaggio di denaro. La conclusione insisteva sulla “resistenza al cambiamento da parte della Curia e i numerosi ostacoli posti alle azioni richieste dal Papa per promuovere la trasparenza”. Secondo il rapporto dei tre “Cardinali 007” il Vaticano è un nido di vipere, un labirinto di corruzione molto lontano dal Cielo e molto vicino ai peccati terreni. Un pugilato senza limiti né morale, dove la Curia assetata di potere fomenta le illazioni, i tradimenti, il riciclaggio di denaro, operazioni segrete per mantenere prerogative e privilegi di fronte alle istituzioni religiose e finanziarie. Sotto il mandato religioso di Benedetto XVI, il Vaticano era uno degli Stati più opachi al mondo. Se Josef Ratzinger ha sollevato il velo del silenzio sui curati pedofili, non ha per nulla modernizzato la Chiesa, né voltato la pagina degli sporchi affari che aveva ereditato dal suo predecessore Giovanni Paolo II. Questo primo rapporto dei tre cardinali, nell’agosto 2012 aveva portato alla nomina dello svizzero René Brülhart, specialista in riciclaggio di denaro che per otto anni aveva diretto la Financial Intelligence Unit (FIU) del Liechtenstein, un’agenzia incaricata di analizzare le operazioni finanziarie dubbie. La missione di Brülhart era mettere la Banca del Vaticano in sintonia con le norme europee. Ovviamente non c’è riuscito. La seconda parte del rapporto è stata presentata a Papa Benedetto nel dicembre 2012. Le sue dimissioni apparivano inevitabili. In pieno marasma, la Curia romana ha cercato d’imporre una verità ufficiale con metodi moderni. Per far questo interpellava il giornalista americano Greg Burke, membro dell’Opus Dei, ex membro dell’agenzia di stampa Reuters, della rivista Time e del canale televisivo Fox. La missione di Burke era quella di migliorare l’immagine deteriorata della Chiesa, ma era troppo tardi perchè ai vertici non c’era più niente di chiaro. La divulgazione dei documenti segreti del Vaticano orchestrata dal maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele e da altre mani invisibili era stata un’operazione sapientemente orchestrata ma i cui fini rimangono misteriosi. In ogni caso, il Vatileaks aveva sommerso il compito di pulizia che era stato affidato a Burke. C’è chi sostiene che il Papa sia stato sopraffatto dall’opacità che si era installata nel suo regno. E la causa principale era finanziaria. Tutti sanno che da tempo il Vaticano gestisce fondi poco chiari e da un paio d’anni sono state rivelate diverse questioni che hanno a che vedere con le finanze, i conti truccati e le operazioni illecite, un’eredità finanziaria lasciata da Marcinkus. Ben più che motivi teologici, sono i soldi e i conti occulti della banca del Vaticano, lo IOR, che sembrano comporre la trama delle dimissioni inedite di Benedetto XVI. Un nido di corvi pedofili, di reazionari e di ladri assetati di potere e capaci di tutto pur di difendere le proprie fazioni. È questa la terribile immagine di decomposizione morale lasciata dalla gerarchia cattolica. Niente di diverso dal mondo in cui viviamo. Corruzione, capitalismo assassino, protezione dei privilegiati, circuito di potere che si auto-alimenta e si auto-protegge. Il Vaticano è nient’altro che il riflesso della decadenza del sistema occidentale nel suo complesso.
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