SCIOCCHEZZE CONTEMPORANEE: IL BUCO NERO DEL BOSONE E LA FINE DEL MONDO DEI MAYA
Della serie di articoli dedicati nominalmente all’Ambiente solo uno ha trattato marginalmente i possibili legami tra problemi ambientali e salute del mondo intero, mentre tutti gli altri hanno descritto in modo più o meno superficiale e semplificato soggetti tecnico-scientifici, legati soprattutto all’uso, buono o cattivo, di ciò che viene chiamato “energia”. Ciò significa che da quando i “media” hanno introdotto il termine “globalizzazione” si è fatta una gran confusione, purtroppo e soprattutto a livello tecnico-scientifico e medico, tra: buco nell’ozono, effetto serra, effetti dell’inquinamento ambientale (i cui “ingredienti” sono poco noti) sulla salute degli esseri viventi (anche vegetali), “produzione” e consumo di energia (le cui “scorte” sono ignote, tanto da scatenare sì la corsa alle inesistenti energie “rinnovabili”, ma con un occhio attento e avido allo “shale gas”), traffico veicolare (anche aereo), cambiamenti climatici (in origine “global warming” o “GW”, ma da qualche tempo si è incerti sull’entità del riscaldamento), scomparsa dei ghiacci polari e montani, catastrofi planetarie (si maligna perfino di terremoti provocati dalle trivellazioni per lo “shale gas”, nonostante queste interessino profondità di un km, mentre gli ipocentri sismici sono per lo più fra 20 e 30 km), crudeltà della razza umana nei confronti delle altre razze animali (e perfino vegetali), capacità della razza umana di stravolgere l’intero Universo (chi ha negato che la scoperta del bosone di Higgs potesse trasformare Ginevra in un buco nero che si divorasse tutto il “creato” riducendolo alle dimensioni di un ditale?). Persino la non rimpianta Hack non ha rifiutato sdegnata di partecipare alla veglia televisiva in attesa della fine del mondo profetizzata dal calendario Maya. Queste sono alcune delle sciocchezze a cui si è data voce, seguendo la moda e la superstizione correnti, nei primi dieci articoli, nella speranza di evidenziare l’assurdità della pseudo-scienza “occidentale” moderna e nello stesso tempo di diffondere qualche modesta nozione veramente scientifica, per esempio per smentire quanto si azzardò a sostenere l’ex papa Benedetto XVI in almeno due occasioni pubbliche e internazionali, ossia che la Natura (o Fisica) contiene un sacco di divina matematica, contrariamente all’evidenza storica che è la mente umana che ha sviluppato la matematica per poter “descrivere” (e non “spiegare”) in modo sintetico e semplificato i miliardi di sfaccettature e di particolari che la Natura (che è, fino a prova contraria, Divina) presenta ai sensi umani. Fatta questa premessa per accertarsi che il lettore abbia ormai chiara la differenza tra superstizione e manifestazione di una realtà ancora tutta da scoprire (non dimentichiamo la cosiddetta sconosciuta “materia oscura”, una decina di volte più pesante di quella nota alla “nostra” scienza matematica), possiamo procedere e concludere con alcuni accenni a ciò che fa muovere tutto ciò che serve alla razza umana e a quelle razze (animali o vegetali) che sono utili al suo sostentamento e alla sua più lunga possibile sopravvivenza: le grandi macchine per la produzione e la distribuzione dell’ “energia”.
“DATEMI UNA LEVA E SOLLEVERÒ IL MONDO”
Queste “macchine”, o meglio gli uomini che le hanno ideate e prodotte, sono state proclamate negli ultimi decenni le peggiori nemiche dell’Ambiente, sempre che si sappia dare una definizione (e si è visto che non è semplice) a ciò che si chiama Ambiente. È già stato detto che l’Uomo con le sole sue forze fisiche non sarebbe sopravvissuto a lungo sulla Terra, perché le sue forze necessitano di essere alimentate, consumando evidentemente più “calorie”, come si dice oggi, di quanto ci si possa procurare “a mani nude” e perciò le forze umane iniziali vanno sempre più scemando. Ci si è quindi ingegnati (cioè si è usata l’intelligenza) per ricevere dalla Natura un “aiutino”. Può sembrare strano, ma tutta la meccanica, si basa sul principio della leva, che solo in tempi “recenti” è stato scoperto, nei suoi semplici dettagli, da Archimede. In breve, si deve disporre di un “fulcro”, il famoso “punto di appoggio” con cui sollevare il Mondo: appoggiando un robusto palo diritto sul fulcro, il sollevatore si mette all’estremità più lontana dal fulcro; all’altro estremo, più vicino al fulcro, si mette l’oggetto pesante e si può verificare da se stessi che la forza di chi solleva si moltiplica “magicamente” di tanto di quanto è il rapporto tra le due distanze dal fulcro, tanto che il sollevatore da solo ora può sollevare oggetti prima impensabili. Naturalmente il trucco sta nel fatto che il lontano “sollevatore” dovrà spingere in basso la leva per una distanza smisurata e quindi in un lasso di tempo lunghissimo: è come sollevare un quintale di riso a 10 chicchi per volta o tutto insieme, oppure come mettere insieme milioni di celle solari per sostituire il pur cospicuo edificio che ospita una centrale termoelettrica; e non a caso si sono presi ad esempio due processi di “demoltiplicazione” del tutto inutili e dispendiosi. Come si è ripetuto negli articoli precedenti non c’è niente di magico, né si crea energia ”nuova”, ma si usa adeguatamente l’intelligenza, oltre che la forza, dell’Uomo: la sua sola forza bruta non potrebbe sfruttarne la modesta potenza fisica. Non voglio dilungarmi, ma la ruota stessa, se usata per “rotolare”, è una leva, circolare, il cui fulcro è ogni piccola asperità del piano su cui la periferia della ruota “rotola”; senza tali asperità, che permettono l’avanzamento, la ruota continuerebbe a scivolare ferma nello stesso punto. Queste indispensabili asperità costituiscono l’“attrito”.
VERGOGNOSE INSTALLAZIONI EOLICHE E SOLARI
Torniamo quindi alla generazione di energia, limitandoci a quella “vera”, cioè che può azionare macchine molto più “pesanti” di quelle che sono alla portata di un uomo normale o anziano, che, in fondo, può al massimo girare una manovella, con le mani o coi piedi (la bicicletta): all’uomo normale lasciamo azionare gli elettrodomestici, TV compresa, i telefoni cellulari, le “torce” elettriche (un tempo dette “lampade tascabili”); per tutto questo bastano le “pile” alcaline o all’idruro di metallo (eredi delle scoperte di Alessandro Volta), o meglio la normale presa di corrente domestica che offre di solito una potenza di 3 kW; i fanatici del “fai da te” arrivano a utilizzare 6 kW, che però è sempre una potenza piccolissima, rispetto per esempio ai 200 MW che assumeremo come limite minimo di potenza per produrre grandi quantità di energia in breve tempo: si tenga presente che 200 MW è una potenza 66000 volte maggiore di quella casalinga di 3 kW. Escludiamo anche quelle vergognose installazioni eoliche o fotovoltaiche che pretendono di raggiungere tali livelli, perché per 200 MW (e solo nei brevi periodi in cui soffia molto vento o appare il sole) occorrono almeno 100 grandi torri eoliche (cioè alte una volta e mezzo il Duomo di Milano) oppure 2 milioni di metri quadrati di pannelli solari, il che equivale a 2 kmq sottratti per 20 anni all’agricoltura e regalati ai topi e ai mafiosi; e si sottrarrebbero risorse all’agricoltura (e denaro alla comunità) se lo stesso terreno venisse devoluto alla coltivazione di vegetali per biomasse.
SONO SEMPRE E SOLO DUE LE FONTI AFFIDABILI DI ENERGIA: TERMOELETTRICA E NUCLEARE
Fra i pretendenti “non convenzionali” alla grande generazione di energia salviamo dunque la sempre benedetta caduta d’acqua (che, per essere troppo benedetta, è osteggiata anch’essa dagli ambientalisti speculatori, nonostante sia ecologicamente pulita e autorigenerantesi), gli impianti geotermici, le grandi correnti oceaniche (che però sembrano a volte deviare) e le onde di marea, più precise di un orologio svizzero, ma soggette al moto ondoso: tutte queste categorie non potranno mai superare di molto i 200 MW, ed ecco che siamo costretti ad affidarci alle due “fonti” realmente potenti ed affidabili: le centrali termoelettriche, basate sulla combustione chimica di tonnellate giornaliere di combustibili fossili (liquidi, solidi o gassosi), e le centrali nucleari a fissione (visto che quelle a fusione calda sono di là da venire e quelle a fusione fredda promettono di alimentare piccoli generatori da cantina). I nemici dell’anidride carbonica, che non sanno più bene se chiamarla inquinante (e non lo è, essendo, poveretta, il gas più innocuo che ci sia) o la causa prima dell’effetto serra (che invece, come si è detto è il vapore acqueo), condannano tutte le centrali a combustibile fossile; i nemici del Nucleare (pochi dei quali distinguono tra fusione e fissione) condannano tutto ciò che contiene anche la sola parola, per esempio “ingegnere nucleare”, e quindi si potrebbe finire qui il discorso sulle grandi centrali termoelettriche, ma, per carità di patria, cercheremo di fornire brevi informazioni.
IL GIGANTE DI MONTALTO DI CASTRO
Ci aiuta in questo la breve descrizione fatta in precedenza della gigantesca centrale italiana (a combustibile fossile) di Montalto di Castro, tanto gigantesca che non può mai essere sfruttata al massimo a causa del costo dei combustibili che usa e che devono essere “razionati”. La sua struttura è tipica di entrambe le tipologie di impianto. Un grande impianto termoelettrico è quindi formato da uno o più involucri protettivi (enormemente maggiori sono le precauzioni per le centrali nucleari per prevenire la fuga, soprattutto accidentale, delle temutissime “radiazioni”). L’involucro protegge: 1. Il sistema di carico del combustibile, che nelle “fossili” va fatto a ritmo giornaliero e in quelle “nucleari” pluriennale, 2. Il sistema di combustione (se chiamiamo “combustione” anche la fissione dell’uranio e simili), 3. I sistemi di filtraggio dei prodotti della combustione, per evitare di immettere nell’atmosfera o nell’acqua (nel terreno) sostanze nocive alla vita circostante o atte a modificare sensibilmente le condizioni meteorologiche locali, 4. Il sistema di trasmissione di calore dal fluido primario a quello secondario, che è consigliabile che rimangano separati, anche se ciò richiede un maggior costo di impianto e qualche perdita di energia-calore nel trasferimento, 5. Il sistema di azionamento delle turbine che, grazie agli appositi campi magnetici, generano le tensioni elettriche richieste, 6. I sistemi di trasformazione delle caratteristiche elettriche in uscita dall’impianto, 7. I sistemi di raffreddamento, filtraggio e recupero dei fluidi raffreddati; 8. Gli impianti, per lo più automatici, per gli interventi di emergenza, in caso di incidente interno o di evento “aggressivo” esterno, 8. Il deposito, di solito provvisorio, dei “rifiuti”, detti “scorie” nel caso nucleare, 9. I magazzini delle parti di ricambio, 10 gli hangar dei mezzi mobili di intervento. A debita distanza da questi dieci sistemi principali, che sono evidentemente senza personale addetto, se non durante le manutenzioni ordinarie e straordinarie, si trova la sede del personale di controllo con i relativi strumenti, cablati o sena fili, che permettono tutti gli azionamenti presenti nell’impianto e il monitoraggio, con allarme, di quanto accade in ogni parte dei 10 sistemi elencati. Il centro di controllo è debitamente protetto contro esplosioni, incendi, radiazioni provenienti dall’impianto operativo. Si è detto, nella descrizione dell’impianto di Montalto di Castro, e del resto si è visto anche nei reportage da Fukushima, che quella che viene chiamata un “centrale elettrica” è in realtà un sistema modulare che contiene un certo numero di “sottocentrali” di solito uguali fra loro e che permettono l’utilizzo totale o frazionato a seconda di circostanze normali o speciali (ridotta richiesta di energia, manutenzioni, aggiornamenti, incidenti, smantellamenti parziali, esperimenti particolari).
Esamineremo nel prossimo articolo alcune delle differenze fondamentali e macroscopiche tra le grandi centrali e quelle che pretendono di sostituirle con sistemi cosiddetti “ecologici” (rifiutiamo il termine “rinnovabili”, che si può concedere, con riserva, solo alle cadute d’acqua). Limitiamoci ad osservare che i 3600 MW elettrici della centrale di Montalto di Castro possono essere uguagliati dal fotovoltaico, e solo precariamente e per meno di un terzo della giornata (anche in un assolato deserto), soltanto impegnando 36 kmq di terreno ricoperto da pannelli fotovoltaici, con un impatto sul cosiddetto “ambiente” che chiunque può immaginare e con un costo di esercizio-manutenzione incalcolabile (per i 20 anni di funzionamento), oltre a un costo di smantellamento e di stoccaggio dei rifiuti (alcuni dei quali chimicamente nocivi e quasi nessuno convenientemente riciclabile) che forse nessuno ha ancora provato a calcolare. Converrebbe forse di più impegnare migliaia di persone ad accendere senza interruzione miliardi di fiammiferi.
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