PER IL NOSTRO PRESIDENTE REGIONALE OGGI NON È INDISPENSABILE CONOSCERE L’INGLESE MA IL PIEMONTESE! QUALE PIEMONTESE?
Roberto Cota, faro di civiltà, gigante di cultura e conoscenza, solare timoniere delle genti, sommo artefice dei nostri destini, dono degli dei ed invidia delle genti che noi piemontesi ci vantiamo di avere eletto Presidente di quel meraviglioso, utile, indispensabile, efficientissimo, capace ed irrinunciabile strumento amministrativo che è la Regione, nella sua infinita generosità ci ha nuovamente elargito l’ultimo dono rampollato della sua ineguagliabile intelligenza. Mentre lo ringraziamo con queste semplici e modeste parole, inadeguate alla sua grandezza, volgiamo a lui il più sentito dei nostri applausi per la sua proposta di salvare dall’oblio del tempo le nostre antiche radici riportando nelle scuole l’insegnamento della lingua e della cultura piemontese. È probabile che i giovinetti a cui è dedicata la proposta non siano troppo d’accordo per la loro infingarda incoscienza che li porta a rifiutare tutto ciò che fa parte della vera cultura e della formazione del piemontese di domani ma, per il loro bene se è il caso l’insegnamento della nostra lingua originaria, dovrebbe essere imposto con la forza. Se ne sente proprio il bisogno dopo aver subito come piemontesi l’umiliante onta di avere visto il glorioso nome di Gianduia, orgoglio della nostra capitale Torino, degradato in forma ridotta come marca di cioccolatini. Proponiamo che si tolga l’inglese dalle scuole, parlato dai seguaci della perfida Albione, per tornare al sano piemontese dei nostri padri, linguaggio corrente dei re che hanno fatto l’Italia. Il presidente Cota, efficiente come sempre, ci ha pure spiegato come fare per diffondere la lieta novella. Attraverso appositi bandi saranno selezionati 1206 vessilliferi della nuova crociata che, come si è premurato di precisare, non sarà un’effimera proposta elettorale destinata a durare lo spazio di un mattino, ma un’autentica operazione che coinvolgerà l’intera regione. In merito sono già stati arruolati l’assessore all’istruzione Alberto Cirio ed il responsabile della cultura Michele Coppola – piemontese purosangue – i quali hanno aderito con entusiasmo all’iniziativa affermando che saranno coinvolte in questa nobile crociata le associazioni culturali, i sindaci e le comunità del territorio piemontese. Purtroppo noi, benché discendenti di accertati lombi piemontesi fin dai tempi dei Galli ed anche prima, nella nostra limitata intelligenza e cultura, siamo attanagliati da alcuni dubbi che speriamo vengano risolti al più presto. Quale cultura insegnare ai giovinetti e quale piemontese? Non esiste purtroppo una koinè comune. Prendiamo ad esempio gli agnolotti, sacro cibo di cultura piemontese per eccellenza, la cui ricetta muta radicalmente da comune a comune. Nel Mandrogno li fanno grandi, nel torinese piccoli, ad Acqui, forse con maggiore saggezza, intermedi. Nell’astigiano li condiscono con il sugo di arrosto, cosa che in Alessandria è considerata un abominio, in compenso si usa la milza per cui gli agnolotti alessandrini sono conditi con sugo nero mentre da altre parti sono persino bianchi se si usa solo burro e formaggio o vermigli se li si serve annegati nel vino. E poi che dire del sugo di pomodoro, tardiva contaminazione meridionale, impensabile per i nostri antenati? Se poi si parla di ripieno, le ricette variano all’infinito con le carni più strane e diverse. In pratica di ogni animale commestibile conosciuto, dall’asino al coniglio al pollo al maiale e al manzo. Mentre attendiamo i lumi del presidente Cota e dei suoi crociati, non possiamo non rilevare come analoga cosa capiti in modo purtroppo ingigantito anche per il linguaggio. In ogni comune muta il piemontese parlato e con differenze talvolta notevoli che lo rendono incomprensibile anche agli stessi autoctoni abitanti un poco più lontano per l’uso di termini completamente diversi. Per fare un esempio, una banale parola come l’italiano maiale, è detta in Piemonte con almeno sei vocaboli differenti originati da radici linguistiche di popoli dell’intera Europa. E poi come la mettiamo con il Piemontese bastardo dei novesi e degli ovadesi brutalmente contaminato da antiche dominazioni genovesi? Li obblighiamo ad una rapida conversione forzata come fecero gli spagnoli con i mori e gli ebrei dopo la Reconquista? E con chi non ci sta e rifiuta il vero linguaggio cosa facciamo? Li risparmiamo o li togliamo di mezzo? Il presidente Cota ci dica cosa dobbiamo fare e noi attendiamo, pronti ad accendere roghi purificatori in suo nome.
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