DA SEMPRE L’ITALIA, OLTRE CHE DEL DIRITTO, È LA CULLA DELL’IPOCRISIA: DALLE PANZANE SULLA COSIDDETTA GUERRA DI LIBERAZIONE, CHE È STATA INVECE UNA GUERRA CIVILE GESTITA DA URSS E USA, A QUELLE DELLE STRAGI DEGLI ANNI SETTANTA E OTTANTA. ORA LA VERITÀ POTREBBE VENIRE A GALLA CON EFFETTI DEVASTANTI
di Andrea Guenna
Alessandria – Siamo alle solite: in Italia si copre una menzogna con un’altra menzogna. È la tecnica del chiodo scaccia chiodo che non porta da nessuna parte. Le menzogne nel Bel Paese si sprecano fin dai tempi dell’Impero Romano, per arrivare al Risorgimento (finanziato da Francia e Inghilterra per contrapporsi al blocco austro-prussiano), alla prima guerra mondiale ed al pasticciaccio molto brutto della cosiddetta guerra di liberazione che tale non è stata perché ci ha consegnati nelle mani della mafia, degli americani e dei comunisti che non sono meglio dei fascisti. A trentatré anni dalla strage di Bologna, di cui si è detto, scritto, indagato e sentenziato senza giungere alla verità – come non si è mai giunti alla verità della strage di Ustica e di altri misteri italiani – ci tocca maneggiare un ordigno politico pronto ad esplodere da un momento all’altro che è dato dall’azione di certa magistratura che di colpo ha messo sotto processo Berlusconi – e lo ha fatto cinquanta volte – appena dopo la sua “discesa in campo” del 1994. Molti che non hanno mai dato il voto a Berlusconi ora potrebbero darglielo perché, al di là della persona, il Cavaliere oggi è visto, a torto o a ragione, come il simbolo della libertà violata da una ancorché piccola parte della Magistratura che dal 1992 ad oggi ha sempre fatto politica, azzerando i partiti della prima repubblica, meno Msi e Pci, poi continuando l’opera col fondatore di Forza Italia, poco tempo prima completamente sconosciuto alle procure dello Stivale. Oggi moltissimi italiani, di ogni parte politica essi siano, non ne possono più ed il Paese è allo stremo delle forze e al limite della sopportazione. Il senatore Sandro Bondi da Novi Ligure spiega che bisogna “rendere possibile l’agibilità politica del leader del maggior partito italiano” e aggiunge che la politica italiana deve “trovare delle soluzioni capaci di ripristinare un normale equilibrio fra i poteri dello Stato”. L’allusione, fin troppo chiara, è alla magistratura che in Italia non è propriamente un potere come quelli legislativo ed esecutivo, ma solo un ordine dello stato. In sostanza i magistrati, a differenza che – per esempio – negli Stati Uniti e in alcuni cantoni svizzeri, dove notoriamente vige la tirannia e la negazione di ogni tipo di libertà, non sono eletti ma nominati tramite un concorso pubblico. Ecco che la soluzione voluta da Togliatti e dai costituenti che vedevano nell’eleggibilità dei magistrati un pericolo per il controllo giudiziario dei cittadini e dei politici, diventa un’anomalia se si toglie l’immunità parlamentare, uno scudo che, quando c’era, proteggeva i politici durante il mandato. Oggi non è più così e l’equilibrio fra i poteri si è rotto. Ora siamo veramente alla resa dei conti perché l’Italia non sta più insieme, e chi chiede il rispetto delle regole molte volte è uno di quelli che non le hanno mai rispettate. Post comunisti che organizzavano scioperi politici in fabbrica e nelle scuole al punto che oggi le fabbriche e la scuola sono uscite con le ossa rotte da quel periodo di forti contestazioni. Post democristiani collusi con mafia ed altro che ora bacchettano il Cavaliere colpevole forse di non essere stato prudente come loro e di aver sfidato apertamente la belva comunista mentre si stava leccando ancora le ferite per il crollo del muro di Berlino. Ma non basta perché anche chi dovrebbe essere il garante dell’unità nazionale e della legalità, il capo dello stato, non ha mai rinnegato le frasi terribili con le quali negli anni cinquanta aveva approvato l’intervento sovietico in Ungheria. Insomma, in Italia nessuno, per un verso o per l’altro, può puntare il dito contro qualcun altro in quanto tutti hanno scheletri nei propri armadi. Ed è qui che nasce il pericolo della rivolta di un popolo stufo di essere governato male da una banda di ipocriti che, oltre a rubare, non incantano più nessuno. Gente che non regge più agli occhi dell’opinione pubblica. La situazione è esplosiva e l’alternativa – secondo Sandro Bondi – non è delle migliori: “Il nostro Paese – dice – rischia davvero una forma di guerra civile dagli esiti imprevedibili per tutti”. Le parole del senatore novese, che alza i toni del confronto politico, ricordano la necessità di “rendere possibile l’agibilità politica del leader del maggior partito italiano”, dopo la conferma da parte della Cassazione della condanna a quattro anni per Silvio Berlusconi e il rinvio alla Corte d’Appello per quanto riguarda l’interdizione dai pubblici uffici. Non manca il parere sarcastico del solito censore da quattro soldi in quanto per il post-democristiano Bruno Tabacci, leader del Centro democratico, le dichiarazioni di Bondi sono causate da “un evidente caso di colpo di sole. Si rintracci lo stesso dottore che calmava Bossi quando parlava di dieci milioni di fucili pronti ad attaccare dalle Alpi”. Noi vorremmo sapere invece come mai, dopo i due processi per finanziamento illecito ai partiti da cui è stato prosciolto, Tabacci stenti a ricordare, fino a tacerlo, il fatto che abbia avuto un finanziamento elettorale da parte del patron della Parmalat, il democristiano doc Callisto Tanzi, per l’acquisto di materiale propagandistico. Chissà perché Tabacci non è stato neppure sentito dai magistrati: perché era innocente, o perché, come afferma il Maligno, si è tirato fuori in tempo prendendo la tessera del Pd? Ecco, per Tabacci ci vorrebbe uno psichiatra che lo aiuti a ricordare meglio.
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