MASSA ED ENERGIA – La modellistica matematica corrente della cosmologia e della cosmogonia comporta un inizio dei tempi caratterizzato dal cosiddetto “Big Bang”, dal quale si è sprigionata in modo alquanto disordinato, ma non necessariamente caotico, un’entità identificabile, o denominata dagli scienziati, come Energia. Questa entità, in continuo movimento e divenire, è tuttora, cioè dopo i presunti miliardi di anni dal Big Bang, frammentata, suddivisa in parti diverse e disomogenee, che vanno dall’invisibile neutrino alla più grande stella della più grande sconosciuta galassia (il Sole è un bruscolino). Il modello attuale dell’Universo, ossia la descrizione matematica di questa entità onnicomprensiva, è basato sulle intuizioni di Einstein (inizio XX secolo) e dei suoi contemporanei e successori, che straordinariamente hanno stabilito un’equivalenza precisa tra ogni particella dotata di massa e il “contenuto energetico” corrispondente, tanto che si parla di energia portata da una massa in moto, ma anche, e in sovrappiù, di energia contenuta nella massa stessa, anche quando essa è praticamente “ferma”: qualcuno avrà riconosciuto la celeberrima formula E=mXc2 che, attraverso l’invariante velocità della luce “c” mette in relazione ogni massa “m” con il suo equivalente contenuto energetico “E”. Cosicché il modello corrente porta a considerare l’intero Universo come un grande “minestrone” di energie in divenire, ma invariabile nella sua quantità complessiva: tutta l’energia disponibile all’istante del Big Bang è, secondo questo modello che oggi è alla base di tutti gli studi della Fisica, ancora completamente presente nell’Universo, ma i suoi componenti hanno subìto varie vicissitudini e degradazioni, per cause anzitutto “naturali” e anche per l‘intervento, su quantità infinitesime, per quanto grande sia l’impressione agli occhi dell’Uomo, dell’intelligenza e dell’attività umana (e, perché no, anche dell’intelligenza e attività di altri esseri “viventi”, vegetali compresi).
UNA STRADA PIENA DI INCOGNITE – Anche se si scoprissero milioni di mondi abitati da intelligenze del tipo “terrestre”, il loro effetto sull’energia totale dell’Universo sarebbe comunque infinitesimale (e, logicamente, irrilevante). Le cosiddette “equazioni di Maxwell” che attribuiscono ad ogni corpo sensibile (cioè rilevabile dai sensi animali) una natura anche “ondulatoria”, conferma la coerenza del modello matematico corrente. La citazione seguente è del tutto mia personale e riguarda il rapporto fra la Scienza e l’Universo: “l’Universo è un insieme immane di onde, materiali o immateriali a seconda di quanto colpiscano i sensi e gli strumenti umani e dei viventi in generale: sulla Terra l’intelligenza (umana) si sforza di schematizzarlo nel modo più ordinato possibile, allo scopo di determinare le analogie e la consequenzialità degli eventi osservabili (o intuibili), interpolabili o estrapolabili nel tempo e nello spazio”. La strada tracciata da Einstein è ancora piena di incognite all’apparenza insormontabili ed è ben lontana dall’essere confermata dall’esperienza in modo totalmente coerente col modello, tanto che non sembra lontano il tempo in cui tale modello dovrà essere nuovamente adattato alle nuove osservazioni, secondo il procedimento che l’Uomo segue, spesso inconsapevolmente, da millenni. Per fare un esempio: la credenza che la Terra sia al centro del Sistema Solare mostra i suoi punti deboli al momento di fare certi calcoli? Non c’è problema: mettiamo il Sole al centro del sistema solare e tali punti deboli spariscono. Ecco l’origine della Rivoluzione Copernicana, che non è altro che una correzione del “rozzo” modello matematico usato fino a quel momento.
L’ISTANTE E L’ETERNITà – Le questioni sui buchi neri, sulla curvatura dell’Universo, sulla Materia Oscura, sul “peso” dell’Universo e su altre “stranezze” apparentemente non giustificabili dall’attuale modello, porteranno i matematici a modificare il modello Einsteiniano in uso, senza per questo toglierne gli immensi progressi che ha apportato alla scienza. E se qualcuno si chiedesse il motivo di questa incertezza sui “modelli” dopo almeno due secoli di raffinata “analisi matematica” e alcuni millenni di analisi meno raffinata che l’hanno preceduta, vorrei solo far notare che, a parte i limiti dell’intelletto umano, la genialità, ma anche l’inconveniente, della matematica sta nel fatto che essa cerca di schematizzare fenomeni e grandezze che hanno dimensioni spaziali a volte anche “notevoli” (ossia ben più che microscopiche) con geometrie fatte di punti e linee del tutto privi di dimensioni (spessore zero, diametro zero) , e spostamenti o variazioni misurati sulla grandezza “tempo”, che è sempre troppo lunga rispetto all’”istante infinitesimo” e troppo breve rispetto all’…eternità. Non c’è chi non veda la difficoltà di far concordare una situazione, quale è quella sensibile, composta logicamente di elementi discreti, per quanto piccoli o piccolissimi, con una creazione originale della mente umana (la matematica) in cui si sostiene che “tra due punti di una linea continua senza spessore, per quanto vicini fra loro, esiste sempre un numero infinito (!) di altri punti, come pure tra due istanti di tempo vicinissimi fra loro esiste sempre un numero infinito di istanti”. L’idea è geniale, ma il suo adattamento alla realtà “percepita” anche dal più attento degli osservatori e ricercatori è difficilissimo per chi non abbia un’intelligenza adeguata.
NESSUNO HA “LA CHIAVE DEL MISTERO” – Aggiungeremo a questo il “principio di indeterminazione”, che si spiega facilmente così: se si vuole “osservare” un fenomeno con strumenti fisiologici o anche tecnologici è necessario “illuminarlo”, ossia “colpirlo” con una particella luminosa; tale contatto, secondo il modello corrente, modifica inevitabilmente il fenomeno colpito, cambiandone le caratteristiche spaziali e/o temporali; dal che si deduce che “posizione e tempo di un oggetto qualunque non saranno mai noti contemporaneamente con la massima precisione possibile”. In queste condizioni siamo costretti a trattare il tema dell’energia e dell’ambiente che ci circonda e pretendiamo di interpretare le loro interazioni e gli effetti che tali interazioni comportano, nonché di spiegare attraverso quale percorso siamo arrivati alla situazione di questo istante e che cosa accadrà nell’istante (o nel secolo) successivo. C’è gente che crede di possedere la chiave di questa capacità del tutto innaturale e sono queste le persone che andrebbero rinchiuse in una casa di correzione per limitare veramente i danni all’ambiente e alle persone e esseri viventi che lo abitano. E’ inutile che ripetiamo i loro nomi, mezze calzette di sedicenti scienziati e ricercatori: basta accendere la TV e navigare su Internet per trovarne glorificati a bizzeffe. Ma per finire cerchiamo di sdrammatizzare questi apocalittici e disumani concetti tornando alle semplici (o semplificate) definizioni dell’energia con cui la gente comune ha a che fare tutti i giorni. A scuola si insegna che “energia” è sinonimo di “lavoro” e che la quantità “netta” di lavoro è il prodotto del valore di una forza che agisce su un oggetto moltiplicato per il valore dello spostamento di tale oggetto nella direzione della forza (tutte le manifestazioni di energia, eccetto quella termica e quella nucleare, esplosioni incluse, sono riconducibili a questa situazione).
IL CALORE DISPERSO – A tale quantità si deve aggiungere (ed è fondamentale, soprattutto per i discorsi che faremo) quella dell’”attrito”, il quale non è mai nullo, ma è tanto più piccolo quanto meno l’oggetto spinto dalla forza incontra resistenza al suo moto. Insomma: provate a spingere il carrello di un supermercato con le ruote lubrificate e liberamente orientabili (il che non esclude un già notevole attrito, che per ora trascureremo) e confrontate la fatica che dovete invece fare quando anche una sola delle ruote sia bloccata secondo una direzione non voluta. Alla fine avrete raggiunto la stessa destinazione con lo stesso carico (quindi l’effetto desiderato è il medesimo, cioè il “lavoro netto” è il medesimo), e la differenza di fatica nei due casi è da attribuire prevalentemente all’attrito, che, sia tanto, sia poco, è sempre uno spreco di lavoro. Se uno toccasse la ruota bloccata dopo avere spinto il carrello la sentirebbe nettamente più calda delle altre: tale calore non è servito a niente e si disperde rapidamente nell’ambiente senza speranza di essere riutilizzato (chissà se qualcuno ha già pensato al KERS sui carrelli dei supermercati?). L’esistenza inevitabile di attrito nei casi in cui si manipoli dell’energia è un degrado costante dell’energia iniziale disponibile e prende il nome di comodo di Entropia. Essendo l’Entropia sempre presente, ogni calcolo di energia deve tenerne conto e non c’è sviluppo o consumo di energia che si possa sperare esente dalla “tassa” pagata all’Entropia. E’ perciò che si dice che nell’Universo in movimento l’Entropia è in continua crescita e che l’energia totale, che si è detta invariabile e disponibile fin dall’ipotetico Big Bang, è da considerarsi comunque in sempre crescente degrado (altro che “energie rinnovabili”!).
LA TRASMUTAZIONE DELLA MATERIA – Concludiamo la lista delle energie con quelle termica e nucleare. La prima è un effetto di urti dovuto al continuo movimento vibratorio a cui è soggetta qualunque “particella” dell’Universo (è il “moto browniano, dal nome del signor Brown che l’ha ipotizzato): una particella che non vibri si dice che si trova alla temperatura di zero gradi assoluti (o “Kelvin”, che, estrapolando, corrispondono a meno di -273 gradi centigradi o Celsius). La seconda è una trasmutazione della materia (trasformazione del nucleo atomico) che fa sì che un dato elemento chimico, per esempio il Ferro, si tramuti, secondo il vecchio sogno degli antichi alchimisti, in un altro più leggero o più pesante del ferro, cambiando completamente le proprie proprietà chimiche fondamentali, che sono quelle di potersi combinare o dissociare da altri elementi chimici; in alre parole, ci sono eventi, rari e quasi sempre innescati dall’Uomo, che possono tramutare un pezzetto di Ferro in un pezzetto di Alluminio o di Rame o qualunque altro elemento: tali fenomeni producono di solito una notevole quantità di energia, ma spesso ne “assorbono” (seguendo la legge di equivalenza einsteiniana citata sopra: E=mc2), ma richiedono l’uso di una quantità di energia superiore a quella prodotta, obbedendo alla legge dell’Entropia. Ed ecco che il solito osservatore attento commenta: se ogni tentativo di rinnovamento non fa altro che degradare l’energia iniziale, a che servono tutti gli sforzi per produrre energia, pulita o sporca che sia, rinnovabile o deperibile che sia? E’ ciò a cui cercheremo di rispondere nel prossimo capitolo, che sarà, a Dio piacendo, il sesto, e che afferma in pratica: “afferra e usa l’energia fin che puoi: se la lasci sfuggire la perdi per sempre”.
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