ALESSANDRIA CAPITALE DI IPOCRISIA E DELLO SMALTIMENTO CLANDESTINO: PERCHÉ NELLA PROVINCIA DI ALESSANDRIA, PRIMA IN PIEMONTE PER REATI AMBIENTALI, NESSUNO FINISCE DENTRO?
Durante la presentazione del dossier “Ecomafia 2013”, ospitata nelle strutture di Cultura e sviluppo, ci si è chiesti con stupore come mai nella provincia di Alessandria, prima in Piemonte per reati ambientali, non ci sia stato un solo arresto e neanche una sola denuncia. Un dato così idilliaco da non trovare riscontro nemmeno nei quartieri più eterei del Paradiso abitati da angeli, ma in compenso del tutto normale nelle zone mafiose d’Italia, quando sono le volpi a custodire il pollaio, o si è fatto capire a chi di dovere come sia meglio non fare nulla onde non essere trasferito a Pantelleria o in ridenti località del Supramonte di Orgosolo. Nemmeno si può dire che gli artefici del traffico illegale dei rifiuti siano dei geni del male di demoniache capacità. Anzi, è vero il contrario! Lo smaltimento illegale avviene in modo così scoperto che non ci stupirebbe il vederlo scritto come professione ufficiale sulla carta d’identità di noti personaggi. L’origine remota di questa attività si trova nella crisi stagnante di Alessandria, già iniziata ai tempi delle vacche grasse quando il resto d’Italia correva alla grande drogato dalle tangenti e dal saccheggio dei beni dello Stato. Per porvi un rimedio, Alessandria, la cui popolazione marginale compresa nell’area tra i comuni di Castelnuovo e Pozzolo, da sempre campava trafficando in stracci e rottami o cavando ghiaia, non trovò di meglio che mettersi a smaltire illegalmente i rifiuti del grande banchetto industriale di Piemonte, Lombardia e Liguria da cui era esclusa. Ciò che all’inizio era cominciato come attività da miserabile, in breve divenne un giro di miliardi e miliardi, un fiume che corruppe e travolse le strutture di controllo, finanziò politici e partiti arrivando a condizionare le stesse candidature alle più alte cariche. Il primo che guidò la corsa all’oro divenne tra i più ricchi d’Italia e la sua idea “basta con la sciocca contrapposizione tra governo e opposizione, stiamo uniti e ce ne sarà per tutti!” precorse i tempi. Fu una vera e propria epopea del male che coinvolse cavatori di ghiaia che misero a disposizione le cave esaurite, sindaci ed assessori che rilasciarono permessi di ogni tipo agevolando i traffici, mentre una miriade di improvvisati faccendieri cercava nuovi clienti o batteva il territorio alla ricerca di industrie e capannoni abbandonati in cui stoccare rifiuti provenienti da un raggio sempre più vasto. Persino le discariche comunali di immondizie, nella notte diventavano accoglienti ricettacoli per bidoni pieni di tossici, altri saggiamente furono seppelliti lungo il corso dei fiumi nell’estradosso delle curve perchè fossero asportati dalle piene. Il gioco più pesante e scoperto avvenne nello scalo ferroviario di Alessandria in cui sostavano decine e decine di carri cisterna pronti ad essere scaricati in Tanaro durante le piene. Quando Alessandria cominciò a risultare insufficiente, avendo praticamente esaurito ogni possibilità di occultamento, il traffico si spostò verso Genova. Intere navi furono caricate di bidoni per migliaia di tonnellate destinate ad essere scaricate in Somalia, come gentile dono alla nostra ex colonia. Ugualmente avvenne per il bacino galleggiante di Genova che, colmato di bidoni, un bel giorno sparì nel nulla, probabilmente affondato. In alcuni casi limite, non sapendo più dove metterli, se ne ricolmarono anche giganteschi capannoni di nuova costruzione che poi stranamente presero fuoco, come avvenne a Rivalta quando non si sapeva più come giustificarne la presenza. Altri incendi sospetti che bruciarono per settimane avvennero a Molinetto di Alessandria. Per dire quanto sereno ed impunito fosse il traffico, basti pensare che i bidoni vuoti usati per la movimentazione dei rifiuti avevano ancora appiccicato l’indirizzo dell’industria che li aveva ricevuti pieni di materie prime. In altre parole, il male era firmato. Di fronte ad una situazione di questo genere vorremmo gentilmente pregare gli ipocriti, recentemente trasformati in ambientalisti, che attribuiscono il traffico alessandrino dei rifiuti all’insufficiente numero degli addetti alle forze dell’ordine, di avere almeno il buon gusto di stare zitti.
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