A PROPOSITO DI BALLE: NON È VERO CHE IL CAFFÈ MIGLIORE È QUELLO DI NAPOLI, È QUELLO DEL VIETNAM!
In questi nostri tempi oscuri e contraddittori, frammenti di un passato dissepolto e riesumato in cui la ragione pare sfuggire con orrore le italiche contrade, ed irsute torme di ringhiosi nani e ballerine si aggirano per le aurate stanze del potere prosseneta di un turpe connubio tra destra e sinistra, per il semplice uomo della strada diviene sempre più difficoltoso distinguere il bene dal male, il giusto dall’ingiusto. Questo anche nelle piccole cose, nei modesti e ripetitivi gesti del quotidiano. Anzi, in molti casi si assiste ad un vero e proprio ribaltamento dei valori, con il male divenuto egemone a fare aggio sul bene, mentre la menzogna ripetuta diviene verità. Per dirla con le parole di Goebbels, il ministro della propaganda nazista, in queste cose imitato, ma mai superato maestro. Ne volete una convincente prova? Chiedete qual è la città in cui si fa il miglior caffè italiano. Novanta su cento vi risponderanno: Napoli. In verità è giusto l’esatto contrario. Da sempre a Napoli finiscono i peggiori caffè di scarto dell’intero pianeta, non solo quelli frutto delle annate peggiori che hanno preso muffe in conseguenza di piogge durante la raccolta, ma anche quelli che hanno preso il “salino”, contaminati da acque di mare durante il trasporto o hanno viaggiato in stive maleodoranti assieme a merci incompatibili come farina di pesce o fusti di prodotti chimici che perdevano, o per mille altri motivi similari in grado di danneggiare i sacchi del caffè. Il perchè dell’arrivo a Napoli è facilmente spiegabile. Mentre in tutto il mondo il caffè è tostato ad una temperatura di 200/230 gradi a Napoli viene tostato a temperature molto superiori. In pratica viene carbonizzato eliminando ogni sfumatura nel gusto e nell’aroma. Il caffè violentato in tale modo, anche se pieno di difetti, non è più distinguibile da uno migliore. E non basta ancora. Fino a qualche anno fa nell’Italia del nord i misurini delle macchine del caffè espresso dei bar erano tarati per contenere 7.5 grammi di caffè, ritenuti la dose ideale per la classica tazzina che veniva colmata fino ad un centimetro dall’orlo superiore dall’apposito dosatore automatico dell’acqua. Solo le macchine da caffè di Napoli erano tarate a 5 grammi di macinato con proporzionale riduzione dell’acqua. La tazzina risultava semivuota, ma il barista si affrettava a spiegare all’ingenuo cliente che il tutto era dovuto al fatto che il caffè di Napoli era più forte, più concentrato di quello del resto d’Italia e quindi più buono. In verità era solo più amaro perchè ottenuto da un caffè praticamente carbonizzato. Poichè noi nordici, di solito così presuntuosi e superiori verso le usanze del sud, siamo in realtà abilissimi ad imparare e fare proprie le idee di chi riesce ad essere più truffaldino di noi, ben presto l’inganno di usare solo 5 grammi divenne di uso corrente anche dalle nostre parti. Nonostante quanto detto, continuate a bere il caffè. Gran parte del caffè consumato in Italia viene dal Vietnam, anche se nessuno lo dice, ed ogni volta che ne ordinate una tazzina aiutate l’economia di uno dei popoli più civili del pianeta.
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