SINDACALISTI ALESSANDRINI COME MAI CI SONO I SOLDI PER COSTOSISSIME ARMI COMPERATE ALL’ESTERO E NON PER IMPEDIRE I LICENZIAMENTI RILANCIANDO L’ECONOMIA DEL PAESE?
Se i motivi del presidio dei sindacati davanti al Comune di Alessandria sono più che comprensibili e giustificabili, così non è per la loro strategia . Quando le cose vanno veramente male, ed in Italia vanno veramente male, le lacrime ed i pietismi non servono. Da sempre la durezza dei tempi indurisce i cuori. Il continuare a spiegare le sventurate condizioni dei licenziandi e delle loro famiglie, non ha mai dato risultato alcuno, annullato da un diniego basato sul reale ed incontestabile fatto che le casse sono vuote o contengono solo debiti. Ciò che stupisce e non trova spiegazione è che nessun sindacalista, anche di provata esperienza, non si sia chiesto come mai, in periodo di pace e senza nessuno che ci minacci, non si trovino i soldi per sostenere l’economia e l’occupazione mentre si trovano a fiumi (sì, proprio a fiumi, è il termine esatto) per spese militari spesso inutili, ingiustificate e senza controllo. Nel dire queste cose non vorremmo essere scambiati per un candido ed utopico pacifista favorevole all’abolizione dell’esercito. Semplicemente non ci sembra di stare attraversando il momento storico più adatto per continuare a seguire l’antica tradizione italica che confonde le spese militari con una vacca da mungere. Sono le stesse tradizioni che mandarono i bersaglieri piemontesi alla Cernaia senza avere nulla da mangiare e le divise di ricambio, e lo stesso avvenne durante la guerra dei Boxer, in cui i nostri soldati erano famosi per le divise stracciate e proseguirono nella Seconda guerra mondiale con le scarpe di cartone in Russia, i camion senza filtri antisabbia in Africa, i cannoni che sparavano storto sulle nostre navi da guerra e le radio così malfunzionanti sugli aerei da caccia che i piloti preferivano toglierle. E avanti così rubacchiando. Possibile che a nessun sindacalista venga minimamente in mente che sarebbe opportuno verificare la correttezza delle spese militari? Se in quelle civili, su cui dovrebbe vigilare ogni genere di controllo incrociato, si è rubato tutto il rubabile ed ancora un po’, possibile che sulle spese militari, protette dal segreto più assoluto, non si sia toccato nemmeno un centesimo? Per dire cosa spendiamo bastano alcuni dati. L’esserci fatti invischiare in una guerra persa, da cui gli stessi americani non sanno più come uscirne, in Afganistan, paese che la maggior parte degli italiani, con l’esclusione della Mafia che vi compera l’oppio, non sa nemmeno dove sia, ci costa un miliardo di euro all’anno. Un altro miliardo se ne è andato per due sommergibili comperati in Germania e ben 15 sono finiti per gli F35, aerei non ancora messi a punto che richiedono centinaia di ore di manutenzione per ogni ora di volo e servono principalmente per trasportare bombe atomiche. E volendo, gli esempi potrebbero essere molti di più. Per meglio spiegare come si svolgono le danze, vale un fatto: per montare sul tetto di un blindato Lince una mitragliatrice telecontrollata che fa solo due movimenti (in alto e in basso, a destra e a sinistra, ossia molto meno di quanto richiesto da un banale giocattolo telecontrollato per bambini) con annessa telecamera (pressocchè simile a quella dei campanelli di un condominio) si dovrebbero spendere 250 000 euro ossia all’incirca quanto costa il blindato su cui si trova. Se conoscete qualcuno che sa fare i conti dei costi industriali vedrete che vi dirà che siamo a circa 10 volte il costo reale di produzione. E questo la dice lunga come a riguardo vanno le cose in Italia. Ma la storia non finisce qui. Rischia di attenderci una ben più grave vicenda. Si è già messa in moto, su alcuni giornali e mezzi di informazione, la macchina, logora e conosciuta, della propaganda con cui un’altra volta si cerca di convincere gli italiani come sia necessario, glorioso, moderno, sociale, indispensabile, democratico, solidale, progressista, civile, umanitario, luminoso ed eroico entrare in un’altra guerra contro un paese come la Siria con cui siamo da sempre in ottimi rapporti. Ed il sindacato complice tace proprio nel momento in cui sarebbe ancora possibile evitare quest’ultima iattura, poichè a subirne le conseguenze in Italia sarebbero proprio i lavoratori con un accrescersi del nostro attuale dissesto economico. Se i soldi vanno per la guerra non vanno da un’altra parte.
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