CHI HA VOLUTO QUEI MORTI?
di Andrea Guenna
Erano chiamati “Attendisti” e costituivano la stragrande maggioranza, insieme agli internati militari deportati in Germania, dei soldati in grigioverde dopo l’otto settembre 1943, a differenza dei Partigiani da una parte, e dai Ragazzi di Salò dall’altra, che erano la minoranza. Questi militari in licenza illimitata erano stanchi della guerra che tutti consideravano persa dall’Italia, non avevano nessunissima voglia di tornare a combattere ed erano considerati da tutti, americani, tedeschi, badogliani, fascisti, una straordinaria garanzia di neutralità per una soluzione finale accettabile del conflitto. Anche per questi motivi, in quel tempo, in Italia, la situazione era abbastanza vivibile, in virtù di circostanze favorevoli mantenute tali dalle autorità, per cui nessuno si sentiva di scatenare una guerra civile, preferendo rimandare a dopo l’inevitabile resa dei conti tramite regolari processi per crimini di guerra, come è accaduto per i gerarchi nazisti nel processo di Norimberga. Si aspettava solo l’arrivo degli americani che il 9 settembre erano già sbarcati a Salerno. Tuttavia all’inizio del 1944 la situazione era già compromessa da alcune azioni terroristiche messe a segno dai Gap (Gruppi d’Azione Patriottica), costituiti clandestinamente già da parecchio tempo, e composti all’inizio da alcune decine di terroristi comunisti (le Brigate Rosse del tempo) quasi tutti provenienti dalle Brigate Internazionali in azione già dai tempi della guerra di Spagna del 1936, e dalle file del gruppo terroristico internazionale di stampo francese Ftp (Francs Tireurs Partisans). Secondo attendibili notizie fra questi vi erano anche quelli che chiameremo “i due fratelli di Tagliolo”, amici e stretti collaboratori di Palmiro Togliatti, schedati dall’Ovra (Organizzazione per la Vigilanza e la Repressione dell’Antifascismo) i quali, seguendo alla lettera le direttive di Luigi Longo, si adoperarono immediatamente per alimentare l’entusiasmo per la lotta clandestina tra i giovani della zona, molti dei quali non erano neppure di leva, e renderli subito irreperibili per poi mandarli sui monti a fare i partigiani, proprio come successo a quei poveri martiri della Benedicta. Intanto erano iniziate le esecuzioni sommarie ad opera dei gappisti (a Borlasca, sul monte Zuccaro, a Tagliolo, ad Ovada ecc.) che avrebbero avuto l’effetto di scatenare la reazione dei “Ragazzi di Salò” e della Wehrmacht, che prima di allora non avevano compiuto nessuna rappresaglia. Era la guerra civile, una guerra civile che solo un mese prima non voleva quasi nessuno, ma che ora stava per coinvolgere anche buona parte di quegli attendisti che diventarono partigiani. Per quanto riguarda i fatti di Borlasca e di Tagliolo, deve ancora uscire il responsabile di quel che è successo. Evidentemente, se mi si passa l’ironia, Salvo d’Acquisto non era nelle vicinanze a disposizione, per cui i nazi-fascisti, raggiunti i ragazzi della Benedicta, credettero di aver messo le mani sulle bande dei partigiani di cui erano alle calcagna, mentre invece i veri responsabili erano svaniti nel nulla. Inutile ricordare che la situazione precipitò andando fuori controllo per cui, a partire dal 1944, la reazione fascista risultò sempre più difficile da contenere. La tensione era ormai al calor bianco, alimentata anche dai gappisti e da delinquenti comuni che, approfittando del caos generale, misero a segno vari crimini. In questo contesto si verificò il martirio di Don Francesco Pellizzari, Parroco di Tagliolo, e della signorina M.C., anche lei di Tagliolo. Ma se per la seconda non si conoscono le ragioni della sua tragica fine, per la scomparsa del parroco, invece, una spiegazione sembra esserci. Infatti, nel corso di un’accorata omelia durante una Messa del gennaio 1944, Don Pellizzari, preoccupato per i pericoli reali che stavano correndo quei ragazzi ammassati alla Benedicta (forse qualche fascista gli aveva confidato che le truppe italo-tedesche si preparavano a rastrellare la zona), invitava i parrocchiani a fare immediatamente rientrare i loro ragazzi a casa in quanto stavano correndo un serio pericolo. Infatti, essendo tutti ammassati in un unico luogo ben identificabile perché isolato e, nonostante tutto, raggiungibile facilmente con ogni mezzo, costituivano un bersaglio fin troppo facile. Erano finiti in una vera e propria trappola, perché la Benedicta non poteva contare sulle classiche quattro vie di fuga, ed era completamente priva di difesa sul lato orientale. Quei ragazzi erano stati abbandonati da tutti, anche dai garibaldini della Brigata “Liguria” che, molto probabilmente, sapevano molte cose sugli eccidi di Borlasca e di Tagliolo Monferrato. Secondo alcune attendibili testimonianze, tutte concordanti fra loro, il parroco di Tagliolo avrebbe gridato dal pulpito: “…Tenetevi a casa i vostri ragazzi!…”. È del tutto evidente che quell’esortazione deve aver disturbato qualcuno, magari qualcuno presente alla messa, forse perché poteva far saltare i piani terroristici di chi voleva dei morti per scatenare la reazione e le inevitabili rappresaglie nazi-fasciste per giungere alla ormai altrettanto inevitabile guerra civile che avrebbe dovuto portare il comunismo al potere. Agli occhi di qualcuno quel parroco doveva essere, non solo punito, ma eliminato, affinché non ostacolasse più certi piani. Fu così che una notte, probabilmente con la scusa di un moribondo che aveva bisogno dell’Estrema Unzione, alcuni tagliolesi (fra i quali i bene informati hanno individuato i fratelli di Tagliolo o, almeno, uno di essi) si introdussero in Canonica, prelevarono l’ignaro prete ormai sessantenne, e lo portarono in un luogo in aperta campagna. Le sue tracce si fermano qui e di lui non si seppe più nulla fino alla dichiarazione di morte presunta dell’anno successivo. Qualche tempo dopo i parenti del povero prete chiesero alla autorità comunale di Tagliolo notizie sullo scomparso, ma non fu data loro nessuna risposta. E anche noi di Alessandria Oggi, dopo aver telefonato al Comune di Tagliolo nei giorni scorsi siamo stati “dirottati” alla Curia di Acqui che sentiremo presto. L’unica cosa che si può dire è che don Pellizzari, che ormai è legittimo considerare un martire, aveva avuto ragione, e ciò gli fu fatale. E non resta che un’ultima, amara considerazione, e cioè che l’unico amico di quei poveri ragazzi della Benedicta fu un prete di sessant’anni di un piccolo paese del Monferrato che ha osato sfidare la storia. Anche lui è morto per questo.
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