Torino (da Lo Spiffero) – La Corte dei Conti muove pesanti rilievi sulla gestione dell’azienda alessandrina, feudo del nuovo assessore alla Sanità. Bilanci ballerini, patrimonio intaccato, piano di rientro generico. Due i direttori responsabili: Zanetta e Pasino “Gravi irregolarità, nonché disfunzioni del sistema e criticità gestionali”. La tegola sulla testa dell’imperturbabile assessore regionale alla Sanità arriva proprio dal tetto di casa sua. Il pesante giudizio negativo emesso dalla sezione regionale di controllo della Corte dei Conti riguarda infatti l’Asl AL, ovvero quella che comprende tutta la provincia alessandrina, feudo politico-elettorale di Ugo Cavallera (Pdl). Considerando, tuttavia, che l’annus horribilis preso in considerazione dalla giustizia contabile (quelli successivi dovranno ancora essere esaminati) riguarda l’esercizio 2010, quando cioè a capo dell’azienda sanitaria vi era Gian Paolo Zanetta, nominato dalla giunta Bresso, tra centrodestra e centrosinistra può intravvedersi un comodo concorso di colpa. Non fosse che lo stesso Zanetta (protagonista di un epico scontro con Ghigo ai tempi del Mauriziano) venne salvato dalla giunta Cota e piazzato come direttore amministrativo a Novara per poi spiccare il volo verso la poltrona di una delle federazioni sanitarie di maggior peso, ovvero la numero 1, Torino Sud Est che ha competenza sulle Asl To1 e To5 e sulla Citta della salute. Stando alla Corte dei Conti, tuttavia, quando governò l’azienda sanitaria alessandrina, in particolare nell’esercizio 2010, la stessa Asl ha chiuso il bilancio con una perdita di 14 milioni 607mila euro “registrando un peggioramento sia rispetto al 2088 (+76,29%) sia al 2009 (+53,61%)”. Per quanto riguarda l’analisi patrimoniale, i giudici contabili scrivono che “si rileva un peggioramento di tutte le voci che compongono il patrimonio netto che si riduce da 134 milioni 158mila euro a 119milioni 573mila euro”. Duro pure il giudizio sul bilancio di previsione che la Corte dei Conti nella delibera del 23 aprile scorso definiscono “redatto in contrasto con la legge regionale in quanto non risulta adottato con un atto formale del direttore generale e non prevede un risultato di esercizio in pareggio, bensì una perdita di 7milioni 890mila euro. Questo – sottolineano i magistrati – denota una scarsa attenzione all’importanza della programmazione e alla necessità di controllare la dinamica dei costi”. Niente male per un futuro direttore amministrativo chiamato poi a guidare una di quelle federazioni che avrebbero dovuto governare meglio la spesa sanitaria. Se poi si aggiunge che nel documento della Corte dei Conti si rimarca come “L’azienda non è stata in grado di quantificare il costo del personale a tempo determinato e quello comandato” il quadro non sembra lasciare spazio per annotazioni positive. Pure sul piano di rientro non mancano i rilievi: “gli obiettivi troppo generici fissati dai piani di riqualificazione e riequilibrio economico non consentono di procedere alla realizzazione di un vero e proprio piano industriale di riassetto ormai necessario e imprescindibile al fine della tenuta economica del sistema”. Come se tutto ciò non bastasse all’Asl alessandrina sembrano essersi persi pure qualche mobile e qualche telefonino, tant’è che i magistrati contabili riferendosi alle segnalazioni del collegio sindacale scrivono ancora: “si sono verificate alcune lacune nelle procedure di tracciabilità di beni mobili in dotazione a vari servizi: notebook, telefoni, cellulari, piccoli arredi”. Un bel cadeau, non c’è che dire, quello che arriva – via Corte dei Conti – al serafico Cavallera dalla sua provincia dove tre anni fa la sanità era nelle mani di Gian Paolo Zanetta, l’avvocato con immunità acquisita allo spoil system. Chissà se Cavallera aggrotterà almeno un sopracciglio pensando alle verifiche dei magistrati contabili sugli anni successivi, quando al posto di Zanetta all’Asl arrivò per volere dell’attuale numero uno di Corso Regina un uomo di sua cieca obbedienza e fiducia, quel Mario Pasino passato – guarda un po’ – anch’egli a vestire i panni di “federale” della Sanità piemontese?
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