La bolletta della corrente elettrica italica, dopo tanti bei discorsi sulla razionalizzazione della spesa, dal 2011 ad oggi 2013 è salita del 10,3%. E questo quando già la nostra corrente costava un bel 30% in più di quanto pagato nei paesi civili al di là delle Alpi, in conseguenza della nostra schizofrenica politica legata al nucleare. Dopo anni e anni di discussione, nucleare sì nucleare no, con i soldi dei petrolieri che circolavano a fiumi negli ambienti politici e nelle redazioni dei mezzi di informazione, la vexata quaestio fu risolta all’italiana: costruire le centrali e poi chiuderle. E così tutti furono contenti e soddisfatti. Ovviamente gli utenti lo furono molto meno. Ma gli utenti, come è noto, non contano. Devono solo pagare e tacere. Portata a compimento questa invidiabile iniziativa scoppiò la grande ubriacatura delle energie alternative che avevano questo ammirevole pregio: erano fuori mercato poichè costavano alcune volte di più del più costoso metodo tradizionale di produrre energia conosciuto. Inoltre, specie per i sistemi fotovoltaici, non eravamo noi a produrli, ma si dovevano importare dall’estero. Subito, in nome dell’italica razionalità, si trovò una soluzione per favorirne in ogni modo la diffusione. Dare una sostanziosa sovvenzione a chi li acquistava comprando l’energia così prodotta a prezzi da amatore. E dove prendere i soldi per pagarla? Semplicissimo, caricarne il costo sulle bollette elettriche del solito utente, come peraltro già fatto per far pagare la chiusura del nucleare. E così si stanziarono ben 11 miliardi di euro per incentivi di cui 6,5 per il fotovoltaico, il resto per altre fonti come l’eolico, o la produzione di metano da scarti organici con cui far girare un motore industriale unito ad una dinamo. A quanto si dice in giro, in merito, circolano le storie più turpi. Si va dall’eolico al Sud, controllato dalla mafia, al fotovoltaico messo su terreni agricoli ad altissima resa alimentare, la cui cessata produzione deve essere importata dall’estero, alle cosiddette centrali a biomasse che bruciano legname, in molti casi in realtà autentici forni per bruciare clandestinamente rifiuti di vario genere. Ugualmente si dice che nessuno si preoccupa di controllare se l’energia elettrica da loro venduta sia veramente prodotta e non illegalmente spillata dalla normale rete di distribuzione. Anche i criteri con cui sono stati installati gli impianti sono tutto un programma. Raramente le grandi eliche dell’eolico, all’estero sempre in vorticoso movimento, si vedono girare in Italia per il semplice motivo che nessuno, prima di installarle, si è minimamente preoccupato di verificare se c’era o non c’era il vento. Sul fotovoltaico, famoso è l’esempio dell’alessandrino la cui celebrità ha superato di molto i nostri limitati confini geografici. Il fotovoltaico, lo dice il suo stesso nome, funziona con la luce, più luce c’è più corrente produce. Dove l’hanno messo? In Sicilia, in Puglia, nel Meridione ove ci sono oltre 200 giorni di sole all’anno e la nebbia non sanno neppure cosa sia. Ma, neanche a pensarci, lo hanno installato ad Alessandria, notoriamente tra le zone più nebbiose del Paese e con il cielo coperto di nuvole per interi mesi. E tutto questo non in un periodo di carenza elettrica, quando va bene qualsiasi cosa e non si deve fare i difficili, ma mentre siamo in eccesso di produzione di corrente elettrica con un surplus che cresce ogni giorno che passa a causa del ridotto consumo industriale conseguente alla chiusura o alla limitata attività di molte fabbriche.
Leave a Reply
Devi essere connesso per inviare un commento.