Ma che citrulli ignoranti! La normale e attesa piena primaverile del Bormida, che si verifica da milioni di anni, ha allagato e stravolto il cantiere per la costruenda centralina elettroidraulica subito a valle del ponte per Spinetta. In contemporanea le piogge di questi mesi hanno provocato frane sulle strade collinari di tutta la provincia per il cui ripristino si dovranno spendere milioni di euro. La motivazione di questa ricorrente catastrofe che grava in modo pesantissimo sui pubblici bilanci è molto semplice: le strade, ricavate tagliando pendii di costa, mancano delle indispensabili opere di controscarpa e quindi franano quando l’acqua piovana rende scivolosi i terreni sottostanti. Sono cose che si sanno dall’epoca dei Romani ma chiaramente oggi ignorate dalle nostre parti. Sono queste le dimostrazioni che i centri di potere politico amministrativo dell’alessandrino, evidentemente non selezionati tra il meglio, non solo non sono più in grado di gestire razionalmente il territorio, ma mostrano di non conoscerne nemmeno le caratteristiche più elementari e ripetitive. In compenso i nostri amministratori, di tutti i partiti, sono molto bravi a fare rotonde specie in tempo di elezioni. Per chi ancora non lo sapesse i lavori per le rotonde vengono affidati con contrattazioni private. E questo spiega più di ogni altra cosa il perchè della loro inarrestabile proliferazione. Più le cose riguardanti il territorio vanno male più crescono improvvisati ecologi che vorrebbero porvi rimedio. Sicuramente le intenzioni sono buone, ma nulla è possibile senza adeguata preparazione. Non ce l’abbiano con noi se ci permettiamo di dire queste parole. La salvaguardia del territorio è una cosa seria. Molto seria, anche se in Italia le sue bandiere sono state spesse volte impugnate da mani indegne al solo scopo di pubblicizzare false credenze, copertura di autentici furti e “rubarizi”. Non si può parlare di ecologia se non si hanno conoscenze, seppur generiche, di geologia e di idraulica. Specie nell’alessandrino, come del resto in tutta la Val Padana, l’acqua, ossia i fiumi, sono la nostra unica ricchezza che rende fertile il nostro suolo ed il sangue che da sempre alimenta la nostra economia. Ed un tempo erano anche la nostra principale via di trasporto, e la maggiore fonte di proteine per le classi più povere. La cultura del fiume era la cultura portante di tutti gli alessandrini e le sponde la località principale per il tempo libero estivo. Sul fiume, noi che scriviamo queste note, abbiamo passato la nostra prima giovinezza, imparando a nuotare e ad essere liberi in contatto con la natura. Ancora oggi non passa settimana che non ci rechiamo a vedere uno dei nostri fiumi. Il Po, patriarca di tutti, lo abbiamo percorso interamente in barca, dalla sorgente alla foce facendo l’analisi delle sue acque. La salute idraulica dei nostri fiumi è strettamente legata alla salute delle sue rive. Il salice che vive ai confini con l’acqua e le sue forti ed articolate radici sono la difesa migliore contro l’erosione. Una delle battaglie da noi vinte è stata quella contro i blocchi in cemento criminosamente messi giù a migliaia il cui unico scopo era arricchire chi li produceva. Ma allora esistevano ancora i partiti e strumenti di informazione nazionali che appoggiavano le battaglie civili. I pochi salici rimasti lungo le rive dei nostri fiumi stanno morendo perchè soffocati dai rampicanti che nessuno si preoccupa di tagliare. Nel contempo gli agricoltori i cui campi confinano con il fiume, in mancanza di controlli, hanno illegalmente occupato i terreni demaniali estendendo le loro coltivazioni fino a farle lambire dall’acqua. Uguali ed ancora più pericolosi disastri ambientali si sono verificati con la chiusura delle aree golenali e l’eliminazione delle utilissime lanche. Ciò è stato fatto in maniera criminosa negli ultimi 50 anni. Basti pensare che la splendida e meravigliosa bonifica dell’intero bacino padano (di cui il Tanaro fa parte) presa ad esempio in tutto il mondo, comprendeva 24 000 ettari di aree golenali. A forza di rinchiuderle oggi sono meno di 9 000. Proprio a queste chiusure dobbiamo il rischio del crescente ripetersi delle alluvioni. Per salvare ciò che resta delle sponde dei nostri fiumi non occorre spendere nemmeno un euro, basta applicare le leggi vigenti. Ma applicare le leggi non dà tangenti e quindi non si farà.
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