Apprendiamo dalla Stampa di Torino che la Noviconsult ha iniziato gli sbancamenti per installare una centralina elettroidraulica sulle rive del Bormida presso il ponte di Alessandria. L’articolo riferisce che: “la centralina è in grado di produrre 3 milioni di kilowattora, pari al consumo di un anno di 2500 famiglie. La vendita della corrente produrrà un utile di 600 000 euro all’anno”. Secondo le migliori tradizioni alessandrine, al solo vago pensiero di questi soldi, si è scatenata la solita rissa con tanto di accuse vicendevoli, rimpallo di responsabilità, richieste di modifiche legislative fatte ad hoc ed altre eleganti piacevolezze da gentiluomo il cui unico e solo scopo è di addentare parte degli utili previsti. Nessuno stupore! Fin qui siamo nella norma, o meglio al déjà vu proprio dei politici affamati. Ciò che non si capisce è il perché i due solerti giornalisti, a cui dobbiamo l’articolo che abbiamo citato alla lettera, abbiano omesso di dire che a presentare il progetto della centralina è stata una signora molto distinta, vestita con un lungo ed austero abito azzurro che parlava con il tipico accento degli ebrei di Palestina mentre attorno a lei aleggiava un sentore di gigli, sicuramente di marca primaria. Solo ed unicamente se le cose fossero andate così, i miracolistici progetti, presentati dalla Noviconsult, palesemente al di fuori delle umane capacità, e diffusi per buoni dalla Stampa, sarebbero stati veritieri e credibili. Poiché è assai facile calcolare l’energia sviluppata da una centrale idraulica in base alla nota formula: volume dell’acqua moltiplicato per la velocità della stessa, se ne deduce che solo un intervento divino potrebbe rendere miracolosamente attivo un impianto siffatto posto sul Bormida nel suo corso alessandrino. Il Bormida ha un andamento torrentizio, con piene violentissime seguite da lunghissimi periodi di scarsissima portata, per di più con velocità di scorrimento minima nei pressi della città di Alessandria. E come se non bastasse in certi anni, in inverno, gela per mesi. Ossia è l’esatta antitesi di ciò che si richiede per le prese di energia dall’acqua che necessitano un flusso il più possibile continuo ed uniforme. Inoltre una centralina elettrica richiede una vigilanza continua per non farla rubare e così pure un’analoga manutenzione visti i rottami e le immondizie varie portate dalle acque del Bormida. Oltre 600.000 euro di utile all’anno sono solo un sogno. Sarebbe già una grande fortuna se non saranno di perdita. Se poi si metterà a dirigere la società che la gestisce il solito politico analfabeta a fine corsa per dargli un ricco supplemento alla pensione, il quadro sarà completo. Sull’uso della forza sviluppata dalle acque di superficie dell’alessandrino si sa già tutto dal 1200 quando gli Umiliati, che ottimamente gestivano i nostri fiumi ed i nostri canali, misero in funzione i primi mulini ad acqua per la folatura delle stoffe che essi stessi producevano in località Parasio di Villa del Foro e davanti all’allora sobborgo di Borgoglio sul Tanaro. Tali studi validissimi durarono per secoli fino alla fine del 1800 e dell’affermarsi del vapore. E sono ancora oggi validi per stabilire le portate idrauliche nelle varie stagioni dell’anno e se conviene o non conviene installarvi delle prese di potenza. Arrivati a questo punto speriamo che non vengano a dire che con le nuove tecnologie si può fare ciò che non si poteva in passato. Queste sciocchezze vadano a contarle ai politici corrotti che saranno entusiasti di crederci. Se manca l’acqua a sufficienza non c’è tecnologia antica o futuribile al mondo che possa sostituirla.
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