Spinti da inestinguibile voracità sono nuovamente al lavoro i costruttori di macerie. Non essendo bastata l’illegale distruzione degli ottimi ponti della Cittadella e del Sanatorio, che non erano assolutamente da abbattere, ora vogliono trasferire l’ospedale civile, unica cosa che ad Alessandria funziona molto bene, che non è da trasferire. E vogliono farlo senza avere nemmeno i soldi per finanziare l’operazione. Ma l’essere impuniti nel loro nefando agire li fa credere furbi, inducendoli a confondere corruzione con intelligenza. Con la cupa pazienza dell’avvoltoio aspettano il momento opportuno agitando con le loro indegne zampe le nobili bandiere della salute e della vita dell’uomo, sotto la cui ombra si cerca di celare l’indegna intrapresa. Ma il male non può essere gestito da soli. Il farlo necessita della complicità delle vittime persuase, con false parole, ad agire in modo contrario al loro bene. Una città non è la somma di individui, ma una comunità che si riconosce in un insieme di valori condivisi. Sono proprio questi valori che occorre stravolgere e prostituire per piegare i molti al vantaggio di pochi. Questo agire spiega come, in regime democratico, la gestione del male sia divenuta sempre più costosa, privilegiando i grandi lavori che permettono grandi tangenti. Non è un caso che in questo periodo di crisi, gli appartenenti alla destra e alla sinistra piemontesi, come branchi di lupi affamati, si siano lanciati sugli ospedali con proposte nefande e contrarie agli interessi comuni. La giunta Cota vorrebbe cedere ai privati il 40% della proprietà degli ospedali. Ed in particolare gli immobili, che le ASL dovrebbero affittare dai novelli proprietari, a prezzi di totale vantaggio per questi ultimi. Il che in breve tempo distruggerebbe i bilanci aprendo la strada ad una cessione definitiva della sanità piemontese. E così la nostra regione finirebbe come gli Stati Uniti in cui gli appartenenti alle classi meno abbienti non sono curati. Situazione indegna contro cui giustamente si batte da anni l’attuale presidente Obama, onde porre fine al fatto che gli abitanti degli Stati Uniti, proprio per mancanza di cure, vivano mediamente alcuni anni meno di quelli di paesi come l’ Italia. In compenso gli appartenenti alla sinistra alessandrina se da un lato si oppongono all’infame proposta Cota, dall’altro si stanno già scannando per l’ipotetica localizzazione del futuro ospedale cittadino. C’è chi vuole metterlo al Cristo in tenuta Taverna (recupero di antica proposta Fabbio), c’è chi lo vuole al Borsalino (giro ex socialista) e c’è invece chi lo vuole ad Alessandria 2000 (Rossa, ex PCI). Tre proposte assolutamente demenziali anche da un punto di vista urbanistico. Il Cristo è fuori baricentro e difficilmente raggiungibile sia per i pazienti che per il personale e soggetto a continui intasamenti di traffico. Le altre due sorgono in aree golenali con tutte le conseguenze del caso. L’attuale ospedale di Alessandria sta benissimo dov’è. È ottimamente posizionato da un punto di vista urbanistico e trovandosi sulla circonvallazione è l’area più facilmente raggiungibile dell’intera città. A fianco c’è il gigantesco edificio vuoto dell’ex ospedale psichiatrico con vastissimi cortili e lasciato dolosamente inutilizzato proprio allo scopo di creare disservizi, con cui giustificare il trasferimento del vicino ospedale. Inoltre confinante, subito al di là della circonvallazione, vi è l’enorme estensione dei cosiddetti Orti del manicomio, in cui sarebbe possibile creare un gratuito posteggio riservato sia ai dipendenti che ai pazienti. Poiché è profondamente errato aspettare che la casa bruci prima di intervenire, chiediamo a tutti i cittadini di muoversi per impedire il truffaldino trasferimento dell’ospedale civile di Alessandria. Chiediamo pure che si tuteli con ogni mezzo quello che oggi è l’unico e solo orgoglio della città utilizzando per suoi eventuali ampliamenti ciò che già gli appartiene e nel contempo non solo si impediscano i tentativi di privatizzazioni regionali, ma si richieda alla Regione di saldare al più presto i suoi debiti con le nostre strutture sanitarie evitando sprechi di prestigio, come l’inutile e costosissimo grattacielo della Regione, questo sì da vendersi al più presto ai privati, essendo questa l’unica ed auspicabile forma di privatizzazione.
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