Ma bravi!!! E così i debiti dell’AMIU sono arrivati all’astronomica cifra di 38 milioni, pari al 42% delle entrate di un anno dell’intero Comune di Alessandria. E così il figlio ipervorace ha divorato la madre. Bisogna dare atto che riuscire a mutare un’autentica miniera d’oro, come la raccolta rifiuti, in una voragine finanziaria di tale entità non è da tutti. Bisogna essere veramente dei rari maestri nello sperpero e nell’allegra dissipazione. La raccolta rifiuti è un monopolio rigidissimo che in Italia agisce ai limiti dell’estorsione, ancora più ferreo di quello della distribuzione dell’acqua, che in alternativa si può attingere da un pozzo privato, o della corrente elettrica che si può autoprodurre in vari modi. Tutti, nessuno escluso, sono obbligati ad aderire alla raccolta rifiuti! E si paga in base alla superficie e non ai rifiuti prodotti. Ciò avviene anche se l’alloggio o il locale è vuoto o si è assenti per mesi. A completare l’opera le tariffe sono stabilite a totale discrezione di chi fornisce il servizio e l’utente può solo pagare e lamentarsi . Ciò che stupisce non è solo l’entità del deficit, del tutto sproporzionato alla dimensione economica e demografica di Alessandria, ma ancor più non trova spiegazione il fatto che non si sia intervenuti in tempo per arrestare una mortale emorragia quando il malato era ancora curabile. E questo nonostante i bilanci dell’AMIU fossero pubblici e facessero parte del suo Consiglio di amministrazione persone nominate da tutti i partiti. Non era poi un segreto per nessuno il tourbillon dei cassonetti regolarmente cambiati ogni qualvolta cambiava il sindaco e la pagliacciata della differenziata all’alessandrina che, anziché fare risparmiare vendendo ciò che si poteva recuperare, faceva solo perdere. In particolare era un abominio la produzione del compost che nessuno voleva poiché spargendolo nei campi riduceva i raccolti e così, dopo aver ammorbato l’aria di Spinetta, rifiniva serenamente in discarica. E tale destino era spesso seguito anche da tutto il resto che veniva raccolto oppure si doveva pagare chi lo portava via, come avveniva per la carta. Più volte anche Alessandria Oggi aveva denunciato questo andazzo, ma nulla era riuscito a fermare la sua corsa al suicidio. E tutto era proseguito in base al noto principio della libertaria democrazia mandrogna: “Tu scrivi tutto ciò che vuoi e io mangio tutto ciò che voglio. E così siamo tutti e due contenti”. Come sempre nei casi disperati in cui si cerca di curare un morto non sapendo più cosa fare, è italica consuetudine da parte dell’ente pubblico responsabile della catastrofe ricorrere ad una magica parola la cui sola pronuncia è ritenuta sanatoria di ogni male: Privatizzare! Privatizzare! Rassicurante esorcismo stregonesco ritenuto assolutamente indolore ed in grado di placare ogni tempesta e per questo gradito a tutti, anche alle impinguate dirigenze della sinistra, principalmente preoccupate di fare dimenticare i loro giovanili trascorsi al pari delle puttane a riposo, solite nei loro ultimi anni tornare a frequentare in gramaglie la parrocchia. Il che sarebbe una bellissima cosa se l’agire taumaturgico del privato si ispirasse a quello di San Gennaro o della Madonna della Salve. Purtroppo non è così! Il privato, non essendo un’opera pia, proprio per non fare a sua volta la stessa fine del pubblico, si sforza di razionalizzare il più possibile ciò che ha acquistato evitando sprechi di ogni genere ed in particolare si libera al più presto di chi è stato assunto per motivi demagogici, elettorali o è in soprannumero. Il dire che il privato non potrà licenziare è solo una nota e consunta menzogna utilizzata, come sempre in questi casi, per tenere ferma la pecora mentre la si tosa. È ugualmente una pura illusione dire che si possa uscire in modo indolore da decenni di malgoverno come verificatosi all’AMIU. Secondo le migliori tradizioni italiche a pagare i dissesti e i rubarizi saranno sempre i lavoratori mentre chi ne è stato responsabile, avendo abbandonato per tempo la barca che stava affondando, può godersi il maltolto in un luogo sicuro. Almeno speriamo che si sia imparata l’amara lezione e se ne faccia tesoro per il futuro.
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