IN PERIODO DI TANGENTOPOLI È SOLO UN CASO CHE IMPRENDITORI STROZZATI DALLE TANGENTI DEL PCI SI FECERO AVANTI? OPPURE QUESTO È SPIEGABILE DAL FATTO CHE IL PCI ERA GIÀ STATO PRESCELTO DALLA FINANZA INTERNAZIONALE PER DIVENIRE, CON IL LIFTING DEL CENTROSINISTRA, IL SUO INTERLOCUTORE PRIVILEGIATO IN ITALIA? LE DICHIARAZIONI DELIRANTI DEL GLOBOCRATE MONTI: http://www.youtube.com/watch?v=Gk59wI_jFwY
di Paolo Barnard
(19a puntata)
Schuman, Monnet e Perroux scrissero le loro istruzioni su come le elite avrebbero dovuto procedere in termini chiarissimi, e con una premonizione straordinaria: “Il funzionamento efficace di un sistema democratico necessita di un livello di apatia da parte di individui e gruppi. In passato (prima degli anni ’60, nda) ogni società democratica ha avuto una popolazione di dimensioni variabili che stava ai margini, che non partecipava alla politica. Ciò è intrinsecamente anti-democratico, ma è stato anche uno dei fattori che ha permesso alla democrazia di funzionare bene”. Ed è stata proprio questa apatia che fu indotta sulle masse dell’Occidente per mezzo di una operazione massmediatica enorme e dell’esplosione del consumismo, deviandole dall’attivismo democratico, drogandole così che non vedessero più i loro reali bisogni e i loro diritti. Come ha scritto David Bollier: “Potrà una società, che si è così gettata su una eccessiva commercializzazione, funzionare ancora come una democrazia deliberativa? Potrà il pubblico ancora trovare e sviluppare la sua voce sovrana? O, viceversa, il suo carattere è stato così profondamente trasformato dai media commerciali da stroncarne per sempre l’abilità di partecipare alla vita pubblica?” Qui è del tutto evidente la medesima mentalità che portò Lippmann a chiamare i cittadini “gli outsider rompicoglioni”, prova ulteriore del gemellaggio ideologico degli attori di questo piano.
Essi infatti proclamarono che “la storia del successo della democrazia… sta nell’assimilazione di grosse fette della popolazione all’interno dei valori, atteggiamenti e modelli di consumo della classe media”. Cosa vuol dire? Significa che se si vuole uccidere la democrazia partecipativa dei cittadini mantenendo in vita l’involucro della democrazia funzionale alle elites, bisogna farci diventare tutti consumatori, spettatori, piccoli investitori. L’involucro della democrazia è salvato, il suo contenuto, cioè noi cittadini partecipativi, annientato.
Ora attenzione a quanto segue: ogni idea di Stato Sociale che “avrebbe dato ai lavoratori garanzie e avrebbe alleviato la disoccupazione” veniva tacciata dai tre autori di essere “una deriva disastrosa… poiché avrebbe dato origine a un periodo di caos sociale”. Che il lettore s’imprima nella memoria queste parole, poiché esse detteranno una delle più criminose decisioni politiche della Storia occidentale moderna voluta dalle elite, quella di creare artificiosamente grandi sacche di disoccupati, sottoccupati, e precari – con le immense sofferenze che ne conseguono – solo per poterci controllare meglio, e sfruttare meglio. Non per cause di forza maggiore economiche. Sapevano che gli Stati a moneta sovrana avrebbero potuto creare la piena occupazione senza problemi in tutto il mondo, ma ciò gli avrebbe sottratto il potere. Dovevamo soffrire.
Il rapporto attacca lo Stato Sociale anche perché, sostengono gli autori, la spesa sociale può causare un’inflazione disastrosa: “L’inflazione (…) potrebbe essere esacerbata dalle politiche democratiche, e risulta molto difficile per i sistemi democratici tenerla sotto controllo. La tendenza naturale delle pretese politiche possibili in un sistema democratico aiuta i governi ad affrontare i problemi delle recessioni economiche, prima di tutto la disoccupazione, ma gli impedisce di controllare l’inflazione con efficacia. Di fronte alle richieste del business, dei sindacati e dei beneficiari della generosità governativa, diventa quasi impossibile per i governi democratici ridurre la spesa, aumentare le tasse, e controllare i prezzi e gli stipendi. In questo senso l’inflazione è la malattia economica delle democrazie”. Niente meno. Notate l’uso specifico delle parole “generosità governativa” contrapposte alle virtù del “ridurre la spesa, aumentare le tasse, e controllare i prezzi e gli stipendi”, associate alla minaccia finale di inflazione. Questi principi sono precisamente il credo fondamentale e gli spauracchi degli economisti Neoclassici, Neomercantili e Neoliberisti, che abbiamo in parte già visto.
E per rimanere nell’ambito dei pericoli che la democrazia pone al governo delle elite, i tre autori individuano nel radicalismo delle idee di sinistra lo strumento principe che anima le lotte dei lavoratori. Qui è Samuel P. Huntington a scrivere righe inquietanti sull’ideologia radicale, sostenendo che “quando essa perde forza, diminuisce il potere dei sindacati di ottenere risultati”, e infatti la concertazione “… produce disaffezione da parte dei lavoratori, che non si riconoscono in quel processo burocratico e tendono a distanziarsene, e questo significa che più i sindacati accettano la concertazione più diventano deboli e meno capaci di mobilitare i lavoratori, e di metter pressione sui governi”. Parole che preconizzarono con estrema lucidità una delle epoche più infami dei rapporti fra Vero Potere e mondo dei lavoratori/cittadini, quella che nel giro di pochi decenni porterà i sindacati dalla loro storica tradizione di lotta per ottenere sempre maggiori diritti, alla miserevole condizione odierna, dove essi ormai possono solo contrattate sul grado di abolizione dei diritti.
Cito il vano tentativo di Ralf Dahrendorf di criticare il contenuto anti sociale e anti democratico di questo rapporto, leggibile proprio nella discussione pubblicata in appendice ad esso. Egli lanciò un monito ai governi affinché “evitino di credere che il progresso che hanno resto possibile per grandi masse di cittadini deve ora essere disfatto perché è scomodo per alcuni. Va evitato di credere che un po’ più di disoccupazione, un po’ meno istruzione, un po’ più di disciplina e un po’ meno libertà di espressione renderanno il mondo un luogo migliore, in cui sarà possibile governare con efficacia. Invero, credo che questo tentativo di riportare indietro il progresso della storia per ricreare lo stato di cose che ci siamo fortunatamente lasciati alle spalle è in molti aspetti incivile, davvero primitivo”. Sappiamo oggi che le sue parole furono spettacolarmente ignorate. Non ci consola che già allora questo intellettuale avesse così lucidamente compreso ciò che sto divulgando, che io chiamo “il ritorno delle elite al potere assoluto che avevano perduto”, e che lui definisce con parole più eleganti come appunto “riportare indietro il progresso della storia per ricreare lo stato di cose che ci siamo fortunatamente lasciati alle spalle”. Molto è dovuto a quanto accadde a cavallo tra il 1970 ed il 1980. Il passaggio dagli anni ’70 agli anni ’80 è senza dubbio uno spartiacque della Storia, come lo fu ad esempio la sconfitta di Napoleone, o la scoperta della dinamite, uno di quei passaggi che semplicemente ci dice che nulla sarà mai più come prima. Il mondo intero cambiò, e una nuova era supersonica s’impadronì del pianeta: media supersonici, consumismo, distruzione dell’ambiente, speculazioni finanziarie, stili di vita, criminalità, tossicodipendenze, corsa al riarmo e spese militari… tutto supersonico. Ma anche un supersonico attacco ai sindacati, supersonica demonizzazione degli Stati Sociali, supersonico individualismo. A troneggiare su questa era arrivarono i quattro assi della politica Neoliberista: Ronald Reagan, Margaret Thatcher, Helmut Kohl, e Francois Mitterrand, che di fatto spazzarono via ogni altro gioco politico moderno, ponendo il globo sotto il controllo dei loro sponsor: le elite finanziarie e le corporations. Infatti, nel momento in cui le quattro più potenti economie del mondo – gli USA, la Gran Bretagna, la Germania e la Francia – si unirono per imporre l’intransigenza del Libero Mercato (intransigenza per tutti eccetto le elite), per imporre al Terzo Mondo il Washington Consensus (la stessa intransigenza applicata sadicamente al Sud), e per imporre lo smantellamento a man bassa delle regolamentazioni governative, c’era poco che il resto del pianeta potesse fare per fermarli.
Particolarmente insidiosa fu la strategia del presidente francese, che sulla carta era un leader di sinistra fra i suoi tre colleghi ultra conservatori. Mitterrand fu in grado di dar inizio in Europa alla trasformazione della sinistra socialista e socialdemocratica in una sorta di macchina politica ibrida, che mantenne la facciata di sinistra solo per nascondere politiche del tutto Neoliberiste, quindi di destra. L’economista italiano Riccardo Bellofiore (univ. Bergamo) ha chiamato il risultato finale di questa mutazione “Liberismo sociale”, dove il governo fa gli interessi delle elite, e lo Stato dovrà intervenire solo per ripararne i disastri in termini di Spesa a Deficit Negativa per i dolenti problemi sociali che sempre ne conseguono, e in termini di salvataggi a suon di soldi pubblici delle banche fraudolente. Questa trasmutazione perniciosa iniziò appunto dai socialisti francesi, poi venne il New Labour inglese, poi il Centrosinistra italiano, e il resto delle sinistre europee capitolarono poco dopo.
In Francia, oltre al presidente Mitterrand, altri uomini meno noti lavorarono dal 1981 in poi al cambio di pelle delle sinistre. Cito quelli chiave: Jaques Delors, Jaques Attali, e Jean Claude Trichet… sì, proprio lui, guarda caso l’ex governatore delle Banca Centrale Europea. Il presidente francese, nelle parole dell’economista Joseph Halevi , “… sosteneva che la gente si dovesse togliere di mezzo, che la piena occupazione avrebbe dato troppo potere al popolo, mentre la deflazione, la disoccupazione e i lavori precari gliel’avrebbero sottratto. Queste idee furono una costante in Francia, a partire da De Gaulle, poi Giscard D’Estaing e infine Mitterrand, che le volle espandere a tutta l’Europa” (e-mail di Halevi circolata nel suo gruppo di lavoro).
A questo punto le cose si erano messe assai bene per le elite Neoclassiche, Neomercantili e Neoliberiste, ma c’era sempre il pericolo di un’improvvisa ribellione che costringesse i governi a intervenire. Infatti fino a quel punto il loro unico strumento per bloccare i poteri di spesa che gli Stati sovrani avrebbero potuto usare a favore dei cittadini e delle piccole e medie imprese, era stata una propaganda ideologica attraverso il Piano di Contiguità. In Europa la “soluzione finale” per la distruzione della sovranità legislativa e di spesa degli Stati (la UE dei tecnocrati non eletti e l’Euro) era ancora un progetto del futuro distante. Bastava un incidente di percorso per mandare all’aria il piano delle elite, come il sorgere di un movimento popolare che avesse divulgato il complotto, o il lavoro di un giornalista coraggioso che avesse capito come i dogmi Neoliberisti ci stavano ammazzando dietro una maschera di finto progresso. Un nuovo John Maynard Keyness avrebbe potuto emergere con carisma e scardinare la macchina teorica dei manovratori occulti. Insomma, essi pensarono che occorreva qualcosa di potente che cementasse il loro crescente controllo della politica in qualcosa di inattaccabile, e che oltre tutto convincesse anche la gente comune ad accettare i loro dogmi come non solo virtuosi, ma proprio inevitabili. Ad accettare cioè “la singola ideologia del sacrificio”. E allora si inventarono dei fantasmi… o meglio, ne rilanciarono dei vecchi. La loro abilità fu nel saper divulgare con precisione alcuni concetti-spauracchio pensati per far presa immediata sia sulla gente che sui politici. Dovevano apparire di buon senso, ma anche istillare paura. Eccoli.
Fantasma 1: l’inflazione.
Milton Friedman lavorò sulla minaccia dell’inflazione e la rese ancora più inquietante. Prese in considerazione la teoria della Curva di Phillip che sostiene che se si abbassa la disoccupazione si ottiene una aumento proporzionale dell’inflazione (più stipendi che circolano, più soldi nel sistema = inflazione). Friedman sostanzialmente disse che no, Phillip aveva torto, nel senso che la sua era una predizione troppo benigna. All’inflazione, secondo lui, non solo sarebbe seguito un aumento di occupazione, ma sarebbe aumentata in proporzione molto di più, col rischio di finire fuori controllo. Questa sua idea apparve catastrofica ai politici, e il fantasma dei cittadini che si portano in giro valigie di contante per comprare un chilo di pane divenne di comune dominio. Friedman di conseguenza sentenziò che un naturale livello di disoccupazione doveva necessariamente esistere per evitare tale disastro. Peccato che questa idea fosse falsa, assieme alla Curva di Phillip, e oggi diverse scuole di economia fra cui la Modern Money Theory lo hanno dimostrato con autorevolezza. Purtroppo milioni di persone soffrono per questa follia, e peccato che dopotutto non fosse affatto follia ma un piano calcolato per ottenere il solito risultato: impedire agli Stati di operare la Spesa a Deficit Positiva per ottenere la piena occupazione e dunque una cittadinanza forte. Va ricordato che anche con la piena occupazione l’inflazione si tiene sotto controllo proprio per l’aumento di produttività che la maggior forza lavoro crea. Poi si possono aumentare le tasse se necessario, e molto altro. Solo quando la piena occupazione porta il sistema al suo limite produttivo esiste un pericolo di inflazione, ma questa evenienza è ancora lungi dal verificarsi in qualsiasi nazione. Tuttavia da allora qualsiasi accenno a un programma nazionale di occupazione piena fu bandito dal vocabolario politico, senza speranza.
Fantasma 2: l’Isteria da Deficit.
Di seguito venne il fantasma del deficit. “Gli Stati sono come famiglie, e come le sagge famiglie essi non devono spendere più di quanto guadagnano”. Ricordate questo? Era lo slogan di estrema efficacia che fu “venduto” al pubblico e ai politici per nascondergli i vitali benefici della Spesa a Deficit Positiva, come già detto. Infatti i deficit divennero una bestemmia in economia, specialmente quando ci fu detto che i deficit sono un debito per noi cittadini. Era una menzogna, che ignorò di proposito che negli Stati con moneta sovrana il deficit è precisamente il credito dei cittadini, ciò che i cittadini posseggono in termini di beni finanziari al netto che il governo gli accredita sui conti correnti quando spende. Drammaticamente, invece, milioni di elettori vissero e vivono oggi angosciati da allarmi isterici come “… ogni singola famiglia ha sulle spalle un debito di tot da ripagare… I nostri figli nascono con un peccato originale di debito che si porteranno nel futuro!…”. Sono fantasmi, solo fantasmi, e infatti l’Isteria da Deficit ha oggi infettato tutto il mondo nonostante sia “una superstizione (…), una religione arcaica per spaventare la gente con dei miti, affinché si comportino in un modo accettabile dal sistema civile”, nelle parole del premio Nobel Paul Samuelson. Ma lo scopo delle elite fu ottenuto: cementare il soffocamento della Spesa a Deficit Positiva a favore del pubblico, di nuovo senza speranza. Ora rammentiamoci dei nomi degli economisti principali responsabili di questo inganno: Robert Lucas, Tom Sargent, Neil Wallace (scuola New Classical), Jude Wanniski, George Gilder (Supply Siders), Greg Mankiw (New Keynesian conservatore), e poi opinionisti di moda come Carmen Reinhart and Kenneth Rogoff. Randall Wray, capo economista delle scuola MMT ci spiega: “Questi economisti si sono infiltrati nella macroeconomia con le loro idee di microeconomia, sostenendo che l’economia consiste di individui che si assommano e gli individui si comportano in modo microeconomico”
L’odierna ondata di depressione economica che sta spazzando l’Europa e gli USA è direttamente comandata da quanto descritto sopra, perché i mali della crisi finanziaria potevano essere curati con una iniezione di Spesa a Deficit Positiva a tutto campo. Gli USA lo fecero dopo la seconda guerra mondiale, quando il loro deficit viaggiavano normalmente sul 25% del PIL, e questo gli regalò il ventennio di ricchezza più spettacolare di tutta la sua storia, che fra l’altro fu riversata nell’Europa distrutta e ci sollevò dal disastro. Non esagero se affermo che questi fantasmi si infiltrarono nella psiche collettiva sia della gente che dei politici come acqua sulla spugna. E le elite si sentirono al sicuro. La marcia trionfale dei globocrati non si è mai fermata e all’alba degli anni ’90 fu offerta alle elite Neoclassiche, Neomercantili e Neoliberiste un’apertura di proporzioni storiche, poiché proprio mentre si preparavano per lo sprint finale del loro piano, l’Unione Sovietica collassò.
Per comprendere meglio quanto segue, rivediamo la parte Neomercantile di questo piano. I Neomercantilisti hanno lavorato per bloccare la Spesa a Deficit Positiva così da creare disoccupazione e una precarietà economica costante che poi giustificasse stipendi più bassi, lavoro precario e infine erosione dei diritti dei lavoratori. Da ciò essi speravano di ottenere una “armata di riserva” dei disoccupati e sottoccupati che permettesse alle multinazionali di impiegare lavoratori a costi bassi anche qui in Occidente per competere nell’export internazionale. Questo volevano e lo hanno ottenuto attraverso il piano di cui sto parlando. Ma poi l’impero sovietico crollò nell’arco di pochi mesi, le porte dell’est europeo si spalancarono ai falchi del Libero Mercato e dietro di esse c’erano masse di miserabili sbandati disposti a lavorare per pochi centesimi, assieme a intere economie da spolpare. I Neomercantilisti d’Europa non avevano mai sognato nulla del genere. È ovvio che non sto dicendo che le dittature comuniste erano in alcun modo raccomandabili, ma lo sfruttamento di quelle genti che seguì il loro crollo è stato moralmente rivoltante. Si consideri solo la disintegrazione della Yugoslavia e i massacri che ne sono seguiti. È uno dei capitoli più disgustosi del piano che si ricordi. Non ci dimentichiamo che fu la Germania, che è il potere Neomercantile numero uno del mondo sempre alla ricerca di lavoro sottopagato per il suo colossale settore export, a riconoscere prematuramente l’indipendenza della Slovenia. Questo precipitò il conflitto. Milosevic era senza dubbio un uomo pericoloso e senza scrupoli, ma fu incastrato dalla NATO che aveva deciso la colonizzazione della forza lavoro yugoslava. Fonti governative britanniche hanno rivelato che gli accordi di pace di Rambouillet furono truccati di proposito proprio per causare il rifiuto di Milosevic e giustificare l’intervento esterno. Negli accordi fu inserito all’ultimo minuto un Annex B che pretendeva che la NATO potesse occupare tutto il territorio yugoslavo come precondizione alle trattative. Una pretesa assurda che nessun leader nazionale avrebbe mai accettato, come ammise in testimonianza l’allora ministro inglese per gli armamenti Lord John Gilbert: “Se chiedete la mia opinione, penso che i termini posti a Milosevic a Rambouillet erano assolutamente intollerabili; come poteva accettarli? E l’hanno fatto di proposito”. Negli stessi accordi, all’art. 1&2 del capitolo 4, c’è una menzione specifica del Kosovo, ricco di minerali, che doveva diventare “una economia di Libero Mercato (…) dove tutti i beni statali dovranno essere privatizzati”. Non fu la NATO che nel 1999 portò l’attacco al Kosovo con il pretesto di salvare i poveri albanesi dai serbi? Certo, ma allora perché, secondo dati ufficiali, i bombardieri della NATO non colpirono solo 14 carri armati serbi ma un gran totale di 372 industrie di Stato kosovare? Perché il più potente blitz delle forze di terra NATO in Kosovo impiegò 2.900 soldati per assaltare il complesso minerario di Trepca il cui valore di mercato era di 5 miliardi di dollari? Gli albanesi non videro mai nulla del genere dare l’assalto ai militari serbi. A Trepca tutto il management statale e i lavoratori furono espulsi, e da lì a poco uno dei primi decreti della nuova amministrazione ONU in Kosovo (UNMIK) abolì la legge sulle privatizzazioni del 1997 per permettere la proprietà straniera di qualsiasi bene kosovaro fino al 70% del valore.
Insomma, ciò che gli americani hanno trovato nel loro “giardino di casa” del Centro America attraverso i vari accordi di libero scambio, gli europei neomercantili hanno trovato nell’Europa dell’est con il collasso dell’URSS. La scandalosa storia della colonizzazione Neoliberista di quei Paesi con dosi massicce di “Shock Therapy” in economia (si vedano i piani di Jeffrey Sachs per la Polonia e i programmi di aggiustamento strutturale del FMI in tutto l’est Europa) è stata raccontata da molti economisti autorevoli come il Nobel Joseph Stiglitz, e persino da ricerche scientifiche come quella pubblicata sul Lancet, che hanno analizzato il disastro umanitario causato dal Neoliberismo in versione post sovietica con drammatici dettagli. Si trattava naturalmente solo di accaparrarsi i beni pubblici di quei Paesi e di trovare masse di lavoratori da sottopagare, come ha scritto l’economista Michael Hudson: “Queste politiche distruttive sono state testate soprattutto nei Paesi baltici, vere e proprie cavie per vedere fino a che punto i lavoratori potevano essere schiacciati prima che si ribellassero. La Lettonia applicò liberamente le politiche Neoliberiste con tasse fisse sul lavoro al 51%, mentre l’immobiliare rimaneva intoccato. Gli stipendi pubblici furono ridotti del 30% causando massiccia emigrazione (…). La vita media maschile si è accorciata, le malattie sono in crescita, e il mercato interno è avvizzito…”.
In Estonia le cose non sono migliori, con un crollo del PIL del 20% e un balzo della disoccupazione dal 2 al 15,5 %. Ed è un segno dell’inganno Neoliberista che il Financial Times, consapevole del disastro estone, abbia commentato come segue: “Anche se l’Estonia soffre ancora di alta disoccupazione, le leggi sulle tasse e sul lavoro sono molto pro-business e quindi facilmente sosterranno la ripresa nazionale”.
Ma la fine della guerra fredda portò doni alle elite anche in Paesi del tutto avanzati. È il caso dell’Italia. Nell’arco di un attimo (in termini storici) la scomparsa del pericolo comunista dell’est tolse a Washington ogni motivo per continuare a sostenere il vecchio apparato politico italiano, che era visto dal Dipartimento di Stato USA come un necessario baluardo contro il pericolo rosso, seppur troppo statalista per gli alfieri del Libero Mercato americani. Morta l’URSS, la Casa Bianca staccò la spina a Roma… ergo Tangentopoli, i governi tecnici, e il centrosinistra prodiano/d’alemiano di feroce tendenza Neoliberista. Di seguito alcuni accenni, con le sanguinose conseguenze per la solita gente comune. Era il 17 febbraio del 1992, Mario Chiesa viene arrestato a Milano per dare il via alla celeberrima stagione di Tangentopoli. Da quei giorni, e in pochi mesi, un’intera classe politica italiana viene spazzata via dalle inchieste di Di Pietro e soci. Come mi disse personalmente l’ex pm di Mani Pulite Gherardo Colombo, in realtà l’impeto che mosse quella rivoluzione veniva dagli imprenditori che si autodenunciavano ai magistrati pur di smettere di pagare tangenti ai socialisti e democristiani. Due partiti che, come d’altronde tutto l’apparato politico italiano, avevano una caratteristica in comune: erano intrisi di statalismo fino al collo, cioè erano nati e cresciuti nella pratica di usare prebende ed elargizioni di Stato per comprarsi il consenso degli elettori. Qualcosa che goffamente e truffaldinamente assomigliava però troppo al modello di Stato a moneta sovrana che spende a deficit per creare ricchezza fra i cittadini. Infatti l’Italia degli anni ’80 era sì un Paese ad alta inflazione e debito, ma era uno dei luoghi più ricchi della Terra, la cui ricchezza ancora oggi nutre una fetta enorme di società civile. Appena dieci giorni prima di quel fatidico 17 febbraio a Milano, e cioè il 7 febbraio, veniva firmato il Trattato di Maastricht, che entrerà in vigore l’anno successivo, nel 1993. Il ’93 è l’anno in cui il governo Ciampi istituisce il Comitato Permanente di Consulenza Globale e di Garanzia per le Privatizzazioni; sempre in quell’anno gli accordi del ministro dell’industria Paolo Savona con il Commissario europeo alla concorrenza Karel Van Miert e quelli del ministro degli Esteri Beniamino Andreatta con Van Miert, impegnano l’Italia a fare la messa in piega alle aziende di Stato perché divengano appetibili per gli investitori privati. Rias sumendo: gli anni ’90 vedono divenire realtà l’Unione Europea sovranazionale, l’Unione Monetaria – cioè l’Anti Stato per eccellenza sognato dalle elite; contemporaneamente in Italia lo Stato di allora viene spazzato via da Tangentopoli – dove alcuni magistrati acquisiscono di colpo un potere inaudito nel nostro Paese che ancora rimane inspiegato; nell’arco di pochi mesi una classe politica italiana, oggi riconducibile al centrosinistra, si getta nelle privatizzazioni, cioè nella svendita ai privati di capitali immensi edificati con decenni di lavoro per il bene comune dei cittadini italiani.
Ora, lungi da questa narrazione ogni accenno al complottismo, poiché qui sono i dati a parlare, ma un osservatore di queste realtà sarebbe sciocco se perlomeno non si facesse qualche domanda. Per esempio: perché quegli imprenditori accettarono di entrare nel tunnel delle inchieste giudiziarie dopo anni di tranquillo e profittevole status quo? Era poi così vero che il gioco era divenuto troppo esoso? O forse qualche altra contropartita gli fu offerta per scardinare l’Italia di allora? E chi gliela offrì? In un Paese come l’Italia dove ogni singola inchiesta che scotta fu di regola trasferita da procure ostili a quelle amiche, e ancora oggi accade, cosa impedì ai colossi politici DC e PSI di strozzare Tangentopoli? Chi gli levò il tappeto da sotto i piedi proprio in quel momento? Chi permise a un nugolo di razzisti della Padania di espandersi a macchia d’olio in pochi mesi, per creare poi il consenso popolare della parte ricca d’Italia alle inchieste di Di Pietro e compagni? È solo un caso che la Germania sia di fatto il punto di riferimento, cioè il partner commerciale privilegiato, del separatismo di Bossi? È solo un caso che così pochi imprenditori strozzati dalle tangenti del PCI (e chi come l’autore è nato a Bologna sa di cosa si parla) si fecero avanti? Oppure questo è spiegabile dal fatto che quel partito era già stato prescelto dalla finanza internazionale per divenire, con il lifting del centrosinistra, il suo interlocutore privilegiato in Italia? Risulta che fu l’ambasciatore USA a Roma, Richard Gardner (1977- 1988), membro del potentissimo Council on Foreign Relations americano e della Commissione Trialterale, ad approvare l’entrata al governo del PCI. Il capo della stazione CIA di Roma di allora, Hughes Montgomery, scrisse a favore di questo scenario. Perché? Già allora il partito comunista italiano si era strutturato in un’impresa capitalistica moderna con ampi settori di servizi e contatti con le banche, e questo era visto come una garanzia a Washington. È un caso che sarà proprio il centrosinistra dell’ex PCI a liberalizzare in Italia la circolazione dei capitali (essenziale alle speculazioni finanziarie), a permettere la fusione delle banche commerciali con quelle d’investimento (stile Wall Street e fonte del disastro del 2007), e a segnare il record europeo delle privatizzazioni alla fine degli anni ’90? Il piano per distruggere gli Stati europei e i loro cittadini sottraendogli la sovranità sia delle leggi che della moneta, imponendogli il fantasma del Deficit/Debito pubblico e l’odiosa sofferenza della disoccupazione/precarizzazione, e svendendo il bene comune ai privati dei capitali, è provato. Il Vero Potere delle elite lo ha ordito a partire dagli anni ’20-’40 del XX secolo. In Italia i portabandiera alla luce del sole di quel piano furono in primis Romano Prodi, allievo di Andreatta, Giuliano Amato, Visco, Dini, Bassanini, Padoa Schioppa, Scognamiglio, Ciampi, Draghi, Enrico Letta, e non ultimo Massimo D’Alema, tutti uomini del centrosinistra, gli entusiastici sostenitori della modernità europea, dell’Euro, quelli che però qui a casa nostra si presentano con il volto buono dell’antipotere berlusconiano. Dietro le quinte, le loro menti economiche sono state una moltitudine di volti noti e meno, come Chicco Testa, Salvatore Biasco, Riccardo Realfonzo, Ferdinando Targetti, Michele Salvati, Luigi Spaventa e altri, tutti compagni divenuti ex, tutti solidamente centrosinistra.
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