IN RISPOSTA AD UNA E-MAIL (CHE PUBBLICHIAMO A PIE’ D’ARTICOLO) CHE CI HA INVIATO LEGAMBIENTE DEL VERCELLESE E IL COMITATO ANTINUCLEARE DELLA PROVINCIA DI ALESSANDRIA.
di Giusto Buroni
Milano – Anch’io, come tutti, eccetto forse la mafia, non sono al corrente di questi movimenti, ma gli ultimi a doversene lamentare sono proprio i No-Nuke, che con la loro controinformazione e le loro manifestazioni ottuse hanno pilotato i risultati dei referendum (che di per sé non contenevano decreti di cessazione delle attività nucleari in Italia) in modo da annullare (o da ridurre al problema del trattamento dei rifiuti) l’industria nucleare italiana e da costringere a smantellare gli ottimi reattori esistenti (di cui uno non ancora entrato in funzione e l’altro in fase avanzata di progettazione). Smantellare significa avere a che fare anche (ma non solo) con le cosiddette “scorie” risultanti dai pochi anni di funzionamento dei reattori (la cui vita va dai 40 ai 60, per chi non lo sapesse. E non lo sa Beppe Grillo che con sicurezza ne proclama 15). Le scorie sono oggi sempre più recuperabili per costruire componenti di altri nuovi reattori (e quindi non comprare combustibile nuovo e più costoso), ma anche, e pochi lo sanno a causa dell’opposizione dei No-Nuke, per creare altri prodotti basati sul decennale riscaldamento gratuito e continuativo fornito da alcuni elementi radioattivi di media durata che si ottengono dalla fissione (la radiazione, piaccia o no, non è altro che calore) e per questo, quando in Italia si pensava ancora di tornare al nucleare e di collaborare intensivamente con la Francia, si stabilirono accordi di riprocessamento delle scorie coi Francesi perché loro, insieme ai 45 reattori hanno anche da tempo la tecnologia, sempre più perfezionata, per il recupero di parte delle scorie: la tecnologia oggi l’avremmo anche noi se i No-Nuke non avessero impedito anche questa rara “arte”, che è posseduta solo da pochi Paesi nel Mondo e quindi ha una valore, anche commerciale, notevolissimo.
Il recupero delle scorie quindi, per l’Italia e per quei Paesi terrorizzati dal Nucleare, ha un costo notevole (i numeri dei No-Nuke sono sempre gonfiati, ma il costo e il movimento di materiale verso la Francia e dalla Francia, dopo il misterioso trattamento, ci sono); l’unica cosa ridicola, e che conferma, se fosse ancora necessario, la pura mancanza di logica di chi combatte il Nucleare (l’ignoranza non si discute) è che si lamentino che la radioattività si riduca solo del 2%: ma evidentemente, se vogliamo riutilizzare il materiale, occorre che sia il più possibile vicino, in quanto a radioattività, a quello originale: il riprocessamento non è una lavaggio della radioattività, ma una depurazione dai materiali che non servirebbero in un nuovo ciclo di utilizzo di materiali fissili.
La risposta da dare ai No-Nuke e agli altri No-Tutto, compresa la TAV, il Ponte sullo Stretto e, ogni tanto si ventila, anche il Mose a Venezia, è che ogni volta che ci si oppone a un’impresa già incominciata e mai utilizzata ci si devono sobbarcare le spese inevitabili degli smantellamenti: sentivo oggi a un TG che solo per annullare gli accordi già stipulati con l’Europa sulla TAV occorrerebbe un miliardo di euro subito e a fondo perduto (come al solito non giuro sulla precisione delle cifre, ma si parla comunque di grandi numeri), mentre il completamento della TAV, dal punto in cui si trova, costerebbe forse 2 miliardi di euro, ma darebbe lavoro per una decina d’anni ad almeno 2000 persone. Lo smantellamento e il recupero delle scorie delle centrali nucleari italiane costa molto di più e dà lavoro solo agli operatori delle ferrovie, ai servizi di sicurezza e a un migliaio di persone, che si fregiano del titolo di ingegnere nucleare e sono “dirigenti”, che non fanno altro che presidiare le centrali in corso di smantellamento per evitare attentati e furti: quindi non acquistano neanche know-how tecnologico.
Rimane l’unico punto di forza dei No-Nuke: e se durante il trasporto succede un incidente? Quanta radioattività finirà nei nostri fiumi e nei nostri mari? La risposta è che sono state prese da tempo (mezzo secolo, e in questo mezzo secolo non è successo mai niente di grave), e via via perfezionate, le necessarie precauzioni contro il massimo incidente ipotizzabile; se poi si abbatte un meteorite da 50 tonnellate proprio sul treno che trasporta le scorie, dovremo comportarci come da due anni si comportano i Giapponesi vittime dello Tsunami del marzo 2011 (e non di Fukushima, che non ha fatto vittime): sopportare con rassegnazione e coraggio la catastrofe naturale e imprevedibile e ricostruire ciò che è stato distrutto. E nonostante questa conclusione fatalista, occorre osservare che un incidente su uno solo dei treni in questione non produrrebbe danni sensibili sull’ambiente, perché i tecnici che hanno calcolato le misure di sicurezza non sono degli emeriti ignoranti come i fanatici superstiziosi No-Nuke, in buona parte seguaci delle farneticazioni di Beppe Grillo (Vedere per l’appunto il filmato antinucleare di You Tube messo proprio in questi giorni sul Facebook dei sostenitori del professor Franco Battaglia: si tratta d’una desolante e preoccupante dimostrazione di quanto un quarto degli Italiani preferisca ascoltare le urla disumane di un moderno sciamano che studiare un libro di fisica. Facciano almeno lo sforzo di vederci un filmetto di meno di venti minuti in cui gli strepiti dello sciamano ex buffone sono confutati punto per punto da esperti del settore riconosciuti in campo internazionale).
SOTTO IL TESTO INTEGRALE DELLA E-MAIL RICEVUTA IN REDAZIONE
L’ITALIA È IN GINOCCHIO MA SPENDONO MILIONI PER TRASPORTI DI SCORIE NUCLEARI TOTALMENTE INUTILI.
da Legambiente del Vercellese e Comitato Antinucleare della Provincia di Alessandria.
Pare proprio che nella notte di lunedì 11 marzo un treno di scorie nucleari diretto in Francia parta da Vercelli poco prima della mezzanotte. Nessuna comunicazione ufficiale, né dai Prefetti né dai Sindaci, ma un trasporto di quel tipo coinvolge troppe persone, a partire dai ferrovieri francesi, per passare inosservato. Da qualche giorno girano voci, ma solo alcuni recenti movimenti alla stazione di Vercelli fanno capire che il treno dovrebbe partire proprio lunedì notte. Esso fa un lungo giro perché, dopo alcuni recenti lavori, il tratto Vercelli-Torino non è più percorribile per trasporti pericolosi. Per questo il treno, preceduto e seguito da due altri treni, passa per Novara, Mortara, Valenza, Alessandria, Asti, Torino, Valsusa e il Frejus. Ad Alessandria i tre treni addirittura si fermano ed invertono la direzione di marcia perché entrano dal ponte Tanaro provenendo da Valenza e poi ripassano lo stesso ponte per andare verso Asti. L’ultima volta, lunedì 14 gennaio, il treno contenente le scorie si è fermato un quarto d’ora. Per l’esattezza sul binario 5, dove scendono i passeggeri che arrivano da Genova e salgono quelli che vanno a Torino. Quei trasporti sono completamente inutili. Le scorie che sono a Saluggia anziché essere inviate ad un deposito definitivo vengono mandate a La Hague, in Normandia, dove vengono trattate e poi rimandate a Saluggia con una radioattività ridotta di pochissimo, a quanto pare non più del 2%. A testimoniare che quei trasporti sono inutili sta il fatto che gli americani le loro scorie le stoccano così come sono, senza trattarle. Più che di scorie si tratta di barre di combustibile nucleare che vengono trattate negli stabilimenti della Areva. Ne ricavano plutonio e altro combustibile nucleare, il Mox.
>Oltre che inutili quei trasporti sono anche molto pericolosi perché se in caso di incidente o di attentato quelle scorie finissero in acqua il plutonio in esse contenuto arriverebbe sino all’Adriatico
>inquinando i nostri fiumi. Del fatto che questa possibilità non fosse contemplata nel loro piani di emergenza furono avvisate ben 15 Prefetture nell’agosto 2011, alla vigilia di un altro trasporto. Allora il ministro dell’interno era Maroni, il nucleare era appena stato fermato con un referendum e quel trasporto poi non ci fu. Ma da quando c’è un governo di tecnici i trasporti sono ripresi. Il trattamento viene fatto in base ad un accordo firmato nel 2006 e il costo previsto inizialmente per l’Italia era 250 milioni di euro. Allora c’era l’intenzione di ripartire con il nucleare ed il fatto che Areva fosse la stessa azienda che avrebbe poi fornito le nuove centrali nucleari fa sorgere il sospetto, con il senno di poi, che la vera ragione di quello spostamento di denaro non fosse un inutile trattamento di scorie, ma fosse connesso alla progettazione di quelle centrali. Per questo, dopo il risultato del referendum, a maggior ragione quei trasporti non vanno più fatti. Però li vogliono fare ugualmente e li fanno senza avvisare nessuno. È logico aspettarsi che le Prefetture ed i Sindaci dei Comuni interessati dal trasporto dicano ai cittadini anche “quando” esso viene effettuato. Ma non lo fanno. Dovrebbero avvisare i cittadini che abitano entro qualche centinaio di metri dalla ferrovia. Ma non lo fanno. I comuni interessati sono tanti, e le persone interessate sono molte decine di migliaia. I Sindaci potrebbero dire al governo che li sta strozzando economicamente che il plutonio contenuto in quelle scorie sul loro territorio non passa. Ma non lo fanno. Il costo del trasporto di scorie nucleari che vogliono fare potrebbe essere valutato in circa 20 milioni di euro. L’Italia è in ginocchio ma lo vogliono fare ugualmente. Anziché tagliare le cose inutili preferiscono tagliare quelle vitali.
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